La ragazza che odia i Thegiornalisti

Ascolta Calcutta, conosce a memoria gran parte dei testi degli Afterhours e canta a voce alta Amanda Lear dei Baustelle.

Michele Nenna
Casa di Ringhiera
8 min readJan 20, 2017

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Thegiornalisti, Completamente Sold Out

Sono passati tre mesi dall’uscita dell’ultimo album della band romana capitanata da Tommaso Paradiso. Completamente Sold Out (Carosello Records, 2016) è il quarto lavoro in studio, lo si ascolta in quaranta minuti e contiene undici tracce dalle sonorità comuni, quasi ridondanti — il peso del pop, ama definirlo qualcuno. Passa nelle radio, alla tv e se ne è parlato ovunque, social soprattutto. Completamente, il singolo che ha lanciato l’uscita dell’album, ha totalizzato oltre due milioni di visualizzazioni su YouTube. Insomma, un gran bel successo per i tre ragazzi che fino a qualche hanno fa cantavano Promiscuità.

Qualche giorno fa mi sono ritrovato a scrivere ad una mia amica. Abbiamo iniziato a parlare del più e del meno, un po’ come si fa con le persone che conosci da tanto tempo. Dopo il dovuto giro di ricognizione su lavoro e aspirazioni varie, siamo finiti — inevitabilmente — a parlare di musica e di quello che sta accadendo con le ultime uscite made in Italy. Lei mi scriveva con in sottofondo L’amore e la violenza (Warner, 2017) dei Baustelle, io invece avevo il trapano roteante del vicino, seguito puntualmente da dei colpi di martello di dubbia provenienza scanditi con estrema cura, quasi a comporre un ritmo continuo da film horror. «È la terza volta da stamattina che ascolto Amanda Lear,» ha scritto ad un certo punto. La capivo, brano molto orecchiabile e classico degli ultimi Baustelle, quelli che tutti conoscono dagli anni di Un romantico a Milano e Charlie fa surf. «Avrebbero dovuto chiamarlo Amanda Queer, sai che botto?» ha aggiunto ironica poco dopo.

Baustelle, caschetti danzanti su Amanda Lear

A dir la verità conosco bene i suoi gusti musicali. Ha passato l’adolescenza tra una pragmatica lettura dei testi degli Afterhours e un ascolto denso di quello che era l’indie inglese di band tipo gli Arctic Monkeys, eppure la nostra conversazione prosegue dritto per i binari dell’attuale scena italiana. Sorvolo volutamente sul Manuel Agnelli di X Factor. Ci sono innumerevoli interpretazioni riguardo la sua scelta. Il mio è un parere che cerca di andare oltre le etichette, e lei lo sa benissimo. Come tutti, ad esempio, sono stato colpito da quello che è stato La fine dei vent’anni di Motta, ma la questione di Agnelli resta ancora uno dei tasselli fondamentali intorno a cui gira l’intera critica musicale italiana — per non parlare e riparlare dell’ultimo album dei Baustelle.

La mia amica conosce benissimo la mia fissa per Father John Misty, io la sua sconclusionata passione per Mainstream (Bomba Dischi, 2015) di Calcutta. Abbiamo in comune tanto, ma su alcune cose preferiamo stendere un velo pietoso in onore della nostra amicizia. Certo, anche io ho ascoltato Mainstream nei primi giorni dalla sua uscita, ma non sono rimasto folgorato come lei. Ci sono giorni in cui penso che la sua sia tutta una montatura, che Calcutta ricopra il ruolo di un personaggio studiato a tavolino da quelli di Bomba Dischi e che il suo album risulti come una sorta di esperimento sociale in cui vengono testate le reazioni degli esseri umani dinanzi a tanta semplicità. Poi mi riprendo e torno sulle mie idee, ovvero quelle che intravedono in Edoardo D’Erme la massima espressione di un tempo che merita pienamente di essere preso in giro per le sue stupide convinzioni. «È stato, e forse lo è ancora, un fenomeno che ha preso tutti alla sprovvista,» ha commentato quando gli ho chiesto per l’ennesima volta perché proprio Calcutta. «Ci sono persone che impazziscono per lui, io mi limito ad ascoltarlo come fa una vecchia groupie, tipo Bebe Buell, ormai lasciata in balia del suo decadentismo fisico.»

Calcutta mentre beve qualcosa.

Bene, mi dico. Se ce l’ha fatta Calcutta perché non riescono anche i Thegiornalisti a fare breccia nel cuore della mia cara amica? Accolti da tutti come quello di cui finalmente avevamo bisogno di ascoltare, loro, i ragazzi romantici della Roma venuta fuori dalla bellezza sorrentiniana sono rimasti oltre i cancelli di quel fastidiosissimo muscolo pulsante che batte più per Del verde che per Tra la strada e le stelle. La mia curiosità in merito ha ricevuto nel tempo diverse piccole dosi di spiegazioni, ma nessuna di queste è stata esaustiva. Lancio accuse e critiche al suo modo di intendere le cose, con la speranza di ricevere la motivazione giusta che in un modo o nell’altro riesca a presentarmi lo stato reale delle cose. «Sin dal primo ascolto non mi hanno detto nulla,» ha tagliato corto, «magari era un periodo no.» Magari sì che era un periodo no, il suo. Era stata diffidente anche con il progetto Sorge di Clementi, per poi ricredersi dopo qualche mese e un ascolto di troppo dovuto ad un coinquilino particolarmente insistente. «E poi i testi. Li trovo così dolci e paraculi che sembrano diretti ad una adolescente che è stata mollata dal suo amante trentenne,» ha poi aggiunto quando nemmeno più mi aspettavo di ricevere una qualsiasi sorta di risposta. Le ho fatto presente che forse il suo colpo di fulmine è stato deviato dalla circostanza che tutti ne parlavano bene, condividendo Completamente qui e lì, fino a riempire le bacheche di mezzo paese. «Ma no, la mia è una posizione abbastanza ferma che non accetta nessuna persuasione. È così e basta.»

Durante la nostra conversazione mi sono ricordato della loro esibizione a Quelli che il calcio. Un segno che contraddistingue tutti i pareri contrastanti su quello che oggi continuiamo a definire appartenente al genere indie, ma sopratutto di quello che oggi è diventato l’indie, lontano dai circoli fumosi degli anni duemila e di tutto quello che ne è conseguito. Al di là dell’evento che ha segnato l’uscita di artisti internazionali dai confini dei circuiti ristretti in cui erano ormai abituati ad esercitare la loro arte, qual è stato il punto di rottura che ha sancito la nascita di una nuova realtà tutta italiana, ovvero quella a cui appartengono I Cani, Calcutta e ora i Thegiornalisti? È chiaro che in tutto questo porsi continue domande a cui sono destinante numerosissime risposte, il ruolo chiave è interpretato dal web e dai suoi continui sviluppi. Negarlo ora vorrebbe dire indossare dei paraocchi grossi quanto un grattacielo di Manhattan.

In Completamente Sold Out c’è Sbagliare a vivere, uno spudorato — e a mio avviso ben riuscito — omaggio a Giocala di Vasco Rossi, quel Vasco Rossi degli anni ’80 di cui personalmente salvo qualche brano, forse perché legato alla mia adolescenza vissuta quasi venti anni dopo. Giocala, ad esempio, era uno dei brani che girava in loop nello stereo dell’auto di un mio amico che aveva da poco preso la patente. La sera raggiungevamo insieme il centro del paese, e quando eravamo sulla strada per il ritorno era un classico che in un certo modo ha fatto da colonna sonora alle notti estive del 2006, mentre la nazionale italiana di calcio vinceva il mondiale tedesco e io che mi perdevo in stupide cotte. «Beh, su quel brano sei palesemente di parte, immagino,» ha esordito quando le ho fatto presente il campione inserito nella strumentale. «Il punto è un altro: ripeto, trovo la loro musica troppo smielata. E poi, quella storia del maglione. Ma che ritornello è?» Sul ritornello non so che diavolo dirle. A me neanche fanno impazzire i Thegiornalisti, eppure mi sono ritrovato a ricoprire i panni di un comunissimo fan strenuo difensore della loro musica. «Non c’è nulla da capire. Non mi piacciono e basta.»

Rivoglio il mio maglione.

Dietro le sue affermazioni non c’è affatto quel rifiuto viscerale che si percepisce in chi è nostalgico nei confronti del “vero” indie, di chi non accetta queste nuove forme ibride di successo e che stenta a credere nella creatività di chi si ritrova sul palco o nel brano che sta ascoltando nelle proprie cuffie. La mia amica agisce con forza sulla presa; io cerco solamente di capire cosa abbia in più Calcutta rispetto a Tommaso Paradiso & Co. Probabilmente sarà per via dell’hipsterismo dilagante che ha invaso le vite di tutti, ma non credo che lei abbia problemi con questo fattore. Conoscendola, so per certo che non è stata colpita da Completamente per un motivo semplice quanto stupido: i synth. «Ti sbagli, e poi io li amo i synth. Il problema, ora che ci penso, è che provo quest’odio smisurato nei loro confronti perché a pelle non mi sono simpatici.» Eccola arrivare una prima confessione, mi sono detto pieno di entusiasmo. «Non mi piacciono i loro testi, va bene. Ma la questione dell’hype e della corsa all’oro, insomma dove la metti?» Le dico che non ho notato nessuna corsa all’oro, e che quello che fanno va di pari passo con quello che fatto Calcutta — e che fa tutt’ora — qualche anno fa. «Allora facciamo una cosa: riavvolgiamo il nastro e ripetiamo tutto daccapo,» mi risponde dopo la sua pausa pranzo dal lavoro che sta portando avanti con quella magnifica ansia che riesco a decifrare ormai da mesi. «Restiamo sul fatto che non mi piacciono perché li odio senza un valido motivo, che li trovo antipatici e decisamente patinati. Mi piace che le cose mi si spiattellino in faccia così come sono, e Calcutta ne è un valido esempio.»

Premo ancora quella che era una semplice chiacchierata sul nosense del suo artista preferito, ma so che, in fondo, non ci credo nemmeno io al suo vuoto incolmabile. Alla fine i Thegiornalisti hanno perso una sfida che sembrava ormai vinta da un pezzo. Mettere sullo stesso piano due artisti del genere ha dato vita ad un dislivello di emozioni che è confluito poi in un odio in apparenza immotivato, ma che trova le sue basi nel vissuto che batte sul muro i colpi assordanti con un’invidiabile potenza. La mia curiosità nasce e muore nel giro di qualche ora, perdendo la sua speranzosa forma di rivelazione tanto attesa. Nel caso della mia amica Calcutta batte Paradiso uno a zero, senza che si riesca a capire granché.

Perché?

Non oso immaginare il numero delle volte in cui sia riuscita ad ascoltare Amanda Lear per il resto della giornata. So che non clicca mai di nuovo play subito dopo aver ascoltato un brano che non ha fatto altro che galvanizzarla. Da lei mi aspetto di tutto, compreso il suo futuro amore per i Thegiornalisti, anche se sopra ci è passato già troppo tempo per i suoi gusti. La sua altalena di sentimenti tocca alti livelli di passione pronti a cadere — o salire, dipende dai punti di vista — da un momento all’altro verso l’odio inamovibile. Comprenderla pienamente è sempre un’impresa, per questo sono convinto che, a Tommaso Paradiso, ci sta già pensando notte e giorno.

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