Lucio Battisti e la percezione dell’amore

Casa di Ringhiera
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2 min readMay 12, 2016

Non sono mai stata una da musica italiana. L’ho sempre trovata forzata rispetto alla fluidità che caratterizza quella inglese o americana. Gli artisti italiani in circolazione -parlo di quelli più commerciali- non li ho mai neanche considerati. “Sono solo canzonette”, dice in chiusura un noto brano di Edoardo Bennato del 1980. Non sono nemmeno una grande fan degli eccellenti esempi di cantautorato italiano (De Gregori, Dalla e compagnia bella, per intenderci.)

L’unico punto debole che ho è Lucio Battisti. Ecco, lui mi piace. Trovo che i testi siano poetici. Le melodie mi stregano. Nell’ultimo periodo è come se lo sentissi nell’aria. È una storia molto strana, perché è cominciato tutto verso la fine dell’inverno. Ho riascoltato Amarsi un po’ e, che ci crediate o meno, mi ha lasciato di sasso come riesce a farlo solo il tepore della primavera (“però volersi bene no”).

Mi trovavo in un periodo di transizione, uno di quei passaggi obbligati: restare a galla o sprofondare nello spleen. Da un lato c’era la fine del freddo, l’accidia, e dall’altro Battisti mi diceva costantemente che la vita non è tutta nel vivere. Si può anche soffrire nel vuoto più assoluto. E aspettare che fioriscano gli alberi per rinascere, almeno in parte.

Poi la primavera è arrivata sul serio e “ancora tu, ma non dovevamo vederci più?”: è stato un serio pugno allo stomaco insieme allo splendido giro di basso che martella così, senza far caso a quel

“disperazione gioia mia

sarò ancora tuo

sperando che non sia follia

ma sia quel che sia”

Insomma, io che con la musica italiana non ho nulla a che fare, mi sono ritrovata ad ascoltare ossessivamente musica e parole di questo riminese riccioluto. “Oramai fra di noi solo un passo…io vorrei…non vorrei…ma se vuoi” mi ritrovo addirittura a cantarla in loop. Non potete capire quanto sia strano tutto questo e quanto sia stato emozionante vedere che anche una persona abituata all’attenzione da palcoscenico, fosse così umile e timida, “e la sera al telefono tu mi chiedevi: perché non parli?”

Tacere è più semplice, così come lasciare le cose in uno stato di sospensione. L’accidia non è tutto. Si può giacere in un limbo fatto di espressioni come “credevo che” o “speravo in”. Attacchi che non hanno nulla a che vedere col coraggio, eppure sono in grado di uccidere i sentimenti.

Io però riuscivo a percepire perfettamente quella malinconia mista al fiato corto dell’amore. Ultimamente mi sono domandata se la gente sappia come si ama e sono giunta alla conclusione che Battisti ha la capacità di tramutare l’amore in musica; e l’amore non è né semplice, né difficile. È solo vuoto e vertigine. Tutto il resto è storia.

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Lucio Battisti e Mina, 1973[/caption]

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