Ogni paura ha la sua forma — IT

Impressioni sull’horror dell’anno

Alina
Casa di Ringhiera
3 min readOct 24, 2017

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Tre cose hanno reso questa nuova trasposizione di IT così perfetta seppur lontana dal l’opera principale a cui si ispira, tre cose di cui il regista Andy Muschietti potrà andare fiero per molto tempo.

- La trasposizione imperfetta
Se si pensa a tutte le volte che si è tentato di portare sul grande e sul piccolo schermo le opere del genio di Stephen King, non sempre si riesce ad associarle ad altrettante magistrali opere cinematografiche.
Forse il motivo sta nel non aver centrato i motivi che hanno spinto King a scrivere la maggior parte dei suoi romanzi, specie nella prima parte della sua carriera.
Muschietti è riuscito a mettere in risalto il desiderio di denuncia che lo scrittore voleva esprimere in quelle pagine.
Abbiamo un mostro che prende il volto della paura di turno, la paura dell’indefinito come uno zombie, o dell’indefinibile come l’immensa mostruosità di alcuni atteggiamenti umani.
La forza dei protagonisti nell'affrontare e combattere i propri incubi quotidiani rende viva e tangibile la denuncia di Stephen King.
IT diventa così la paura da ridimensionare per poterla sconfiggere o perlomeno ricacciare indietro per altri 27 anni.

- Gli anni 80
Aver deciso di ambientare questa nuova interpretazione di IT non più negli anni 50 ma alla fine degli anni 80, uno dei periodi più imitati degli ultimi tempi, è stata la ciliegina sulla torta.
Le atmosfere si ammorbidiscono, e riescono a farsi più riconoscibili agli occhi dello spettatore, che riesce ad immedesimarsi in maniera molto più diretta ai protagonisti. Si respira aria di Goonies, Super 8 e perché no anche di Stranger Things.
Adolescenti con i calzettoni in sella ad una BMX, che ascoltano i Pixies e mangiano Sneakers.
Il tutto diventa l’emblema perfetto per molti dei fan di IT che hanno respirato quei momenti proprio mentre sfogliavano per la prima volta le pagine di questo capolavoro della letteratura contemporanea.
E anche se questa pellicola è rivolta non solo a quella generazione, ma ad altre ben lontane da quest’ultima, IT riesce comunque ad arrivare al cuore di tutti non perché è vintage ma perché fa della genuinità dei piccoli gesti la sua forza.

-Il cast
L’amicizia, le prime cotte, parolacce e abbracci, terrore e rabbia, è questo che l’azzeccatissimo cast di IT riesce ad interpretare in maniera semplice ma molto incisiva.
I ragazzi scelti per il Club dei Perdenti sono a dir poco perfetti, non solo perché somigliano tanto ai protagonisti descritti nel romanzo, ma anche per la loro superba recitazione.
Questi piccoli attori in erba, nello specifico Jaeden Lieberher, Finn Wolfhard e Sophia Lillis, sono stati in grado di creare un vero rapporto di amicizia tra di loro, che trapela in ogni singolo minuto della pellicola, rendendo tutto molto più reale e di forte impatto emozionale.
Ultimo ma non per importanza Bill Skarsgard, figlio e fratello d’arte , il nuovo Pennywise lascia senza fiato.
Mimiche facciali e sorrisi camaleontici sembrano quasi donargli umanità, ma la voce metallica (se si ha la possibilità di vedere la pellicola in lingua originale), gli occhi fissi uniti ai piccoli movimenti lenti ma imprevedibili lo rendono invece il mostro crudele e affamato di paura che non ti dà scampo.
Poche ma efficaci entrate in scena, hanno contribuito ad accrescere l’attesa di rivederlo durante tutto il film.

In sostanza questo film riprende il vecchio per rimpastarlo in un prodotto nuovo e contemporaneo, capace di rivangare le paure più oscure di ognuno di noi per fortificare lo spettatore, che sarà finalmente in grado di combatterle.

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Alina
Casa di Ringhiera

Liquorice eater, tea addicted..Graphic Designer. I'm happy when I learn almost two thing per day. Scrivo per http://casadiringhiera.com