Pink is for girls, blue is for boys

Ada Zegna
Casa di Ringhiera
Published in
4 min readDec 20, 2016

Le differenze degli oggetti per maschi e femmine influenzano il loro pensiero e modelli di comportamento che pian piano sviluppano nella crescita.

JeongMee Yoon, con la sua Hasselblad 6x6, ci fa riflettere sul condizionamento culturale legato al consumismo: il suo progetto fotografico, “Pink and blue project”, esplora le tendenze nei gusti e nelle preferenze dei bambini (e dei genitori) appartenenti a differenti gruppi sociali in diverse parti del mondo, come la Corea del Sud e gli Stati Uniti. Questo lavoro solleva anche altre questioni, da collocare al centro della ricerca, cioè il rapporto tra genere e consumismo, la sua globalizzazione e il fenomeno ormai internazionale di strategie di marketing specifiche.

Il progetto nasce dal desiderio non insolito di molte bambine, in particolare la figlia dell’artista, che amano il colore rosa così tanto da volere solo indossare abiti rosa e giocare con giocattoli rosa e così via. E’ un aspetto molto diffuso tra bambini di varie culture, indipendentemente dalla loro estrazione sociale. Senza dubbio l’influenza delle pubblicità pervasive rivolte ai piccoli e soprattutto ai loro genitori, come le popolarissime Barbie o Hello Kitty, è diventata parte della normalità. Il genitore, lo zio o il nonno che va al supermercato per comprare il regalo al bambino si troverà già tutto indicato, i settori divisi perfettamente e riconoscibili dai colori sgargianti che indirizzano l’acquisto: abiti e giocattoli blu per i maschi e rosa per le femmine. Le bambine si allenano inconsciamente e allo stesso tempo consapevolmente di indossare il colore rosa per essere più femminili e viceversa. E’ potente anche il condizionamento dei media, dei cartoni animati, degli spot che mostrano bambine sorridenti e felici di trasportare un passeggino o di pulire con la scopa. Laddove un bambino si ritrova a giocare con un gioco “da femmina”, come per esempio un bambolotto, è facile storcere il naso. Perché ci stupiamo se lo abbraccia o se ha voglia di prendersene cura? Non sta forse imitando ciò che sua madre ha fatto con lui fin da quando è nato?

Ovviamente questo rispecchia solo una parte della realtà dell’infanzia, è assolutamente necessario dire che non tutti i bambini seguono questo schema e non tutte le loro camerette sono così, anche perché, se si inverte il ragionamento non c’è nulla di male nell’amare il rosa o il blu. Se poi si pensa a ciò che sta dietro a questa associazione colore-genere, sbagliamo anche lì: infatti una volta il rosa era un colore associato alla mascolinità, in quanto considerato un rosso annacquato, simbolo di potenza. Nel 1914, il giornale americano The Sunday Sentinel, consigliava alle madri “l’uso del colore rosa per il ragazzo e blu per la ragazza, se si vuole seguire la convenzione.” Il ribaltamento è avvenuto dopo la Seconda Guerra Mondiale in America, dal momento che nella società moderna del XX secolo, si è sentito il bisogno di sottolineare il concetto emergente di uguaglianza di genere e si ha quindi invertito la prospettiva dell’associazione colore-genere e tutti i collegamenti superficiali connessi. Oggi, con gli effetti della pubblicità sulle preferenze dei consumatori, queste usanze sono ormai uno standard mondiale troppo rigido.

Negli scatti (2006–2009) sono presenti una grande collezione di oggetti e accessori rosa che assomigliano a dolciumi e che riempiono le camere delle bambine dando quasi un’atmosfera zuccherosa. Qui si nota come la femminilità sia manipolata dalla società in un’espressione diffusa e culturalmente condivisa; ma è anche JeongMee che, per rendere più forte questo divario, utilizza un approccio non dissimile da quella delle campagne di marketing strategico che desiderava catturare.
‹‹Espressioni e pose dei soggetti sono elementi molto importanti per le mie foto. Chiedo a ogni modello di sostenere un’espressione neutra per sottolineare un ‘oggettivazione’ del bambino, e propongo varie pose per aumentare le differenze di genere e le caratteristiche personali tra i miei soggetti››.

©JeongMee Yoon
©JeongMee Yoon

Le differenze degli oggetti per maschi e femmine influenzano il loro pensiero e modelli di comportamento che pian piano sviluppano nella crescita. Persino i libri per bambine sono di colore rosa o viola e sono legati al make-up, alle pulizie, alle principesse. Per i bambini invece si scelgono diverse tonalità di blu e gli argomenti sono legati ai robot, alla scienza, ai dinosauri. E’ un fenomeno così intenso che neanche ce ne accorgiamo. Questi tipi di linee guida suddivise nei due sessi influenzano profondamente l’identificazione al gruppo di genere dei bambini e l’apprendimento sociale. Man mano che i bambini crescono i gusti ovviamente cambiano e si ampliano, ma questo “codice” rimane comunque impresso, ed esiste ancora una fase di condizionamento commerciale per la quale l’industria offre al pubblico femminile e maschile molti prodotti nelle diverse sfumature associate.

“Liberarsi” da questi standard cromatici non serve solo a diminuire gli stereotipi, ma anche a chiedersi: esistono veramente giochi per bambini e giochi per bambine? Forse è solo a partire da questa età che si può pensare di eliminare molte delle idee sessiste che ancora oggi riguardano davvero troppi adulti.

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