140 miliardi di motivi per promuovere il digitale

Analisi del decreto pro-digital transformation e del tessuto industriale italiano

Marcello Grecchi
Catobi
5 min readJul 20, 2020

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La digitalizzazione è oggi?

Il 1° luglio 2020 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto con cui il Ministero dello Sviluppo Economico stanzia 100 milioni di euro per la concessione delle agevolazioni necessarie alla trasformazione tecnologica e digitale dei processi produttivi delle PMI. Il decreto sostiene la digital transformation delle PMI nel settore manifatturiero e in quello dei servizi diretti alle imprese stesse o nel settore turistico o del commercio con l’intento di promuovere innovazione e competitività dell’intero tessuto produttivo. I contributi concessi coprono il 50% delle spese ammissibili: 10% sotto forma di contributo a fondo perduto in conto capitale, 40% come finanziamento agevolato per interventi di digitalizzazione. E non si parla solo di qualche sistema IT.

La digital transformation che ci piace

È cosa alquanto frequente fraintendere il concetto di trasformazione digitale, soprattutto in piccole e medie realtà industriali. Probabilmente per una mancanza di visione olistica, sicuramente per ragioni di budget, l’innovazione del business nell’ottica del digitale è ben di più dell’implementazione di nuove tecnologie o dell’aggiornamento di sistemi informativi. Le tecnologie sono soltanto parte di un disegno che deve essere necessariamente più ampio e capace di considerare e valorizzare tutte le varie sfere di business e management aziendale. La digitalizzazione è un vero percorso di trasformazione che richiede un cambio di paradigma: integrare, misurare, far dialogare e gestire l’intero ecosistema di processo, promuovendo la condivisione di dati, l’inclusione dei partecipanti, la consapevolezza di esigenze e risorse grazie a una chiara fotografia dell’as-is e la formulazione di stime predittive in scenari business-as-usual.

Ecco che allora le tecnologie del Piano Impresa 4.0 trovano maggiore dignità di un mero strumento. Gli incentivi in ambito digital transformation sostengono le attività quotidiane delle PMI favorendo l’implementazione di nuove tecnologie (advanced e additive manufacturing, realtà aumentata, cloud, cyber security, big data e analytics) e di soluzioni digitali di filiera per la gestione della catena o della logistica, oltre a sistemi di pagamento e scambio dati (e-commerce, fintech, blockchain, AI, IoT), ma la loro efficacia e funzionalità passano per il management.

Italia, 2020

Cosa racconteremo di questi tempi ai nostri nipoti relativamente al digitale? Probabilmente non inizieremmo il racconto per evitare di deluderli con una poco avvincente narrazione. Eccessivamente pessimista? Può essere, ma diciamo che i dati non sono confortanti. Il Digital Economy and Society Index (DESI), impiegato per misurare la digitalizzazione dell’economia e della società, si attesta a 43,6 nel 2020 rispetto a una media europea di 52,6, collocando l’Italia al 25° posto nella graduatoria dei paesi UE, davanti solo a Grecia, Romania e Bulgaria, e perdendo una posizione rispetto al 2019. Per onestà di cronaca, bisogna ricordare che qualche passo in avanti è stato fatto, negli ultimi 6 anni l’indice DESI è aumentato più del 50%, ma non è sufficiente. Ora è giunto il momento di iniziare a correre per raggiungere gli altri paesi europei.

Se si osserva il tessuto industriale, possiamo cogliere la ratio delle agevolazioni pro-digital transformation. Le piccole e medie imprese rappresentano il 92% delle aziende attive sul territorio ed agiscono principalmente nei settori dei servizi, dell’edilizia e dell’agricoltura. Il ruolo delle PMI deve essere letto in ottica di filiera; incastonate in value chain articolate e globali, piccole e medie aziende hanno saputo ritagliarsi il proprio raggio d’azione cumulando vantaggio competitivo grazie a soluzioni flessibili e diversificate. Finora le PMI hanno adottato sistemi di base e poco integrati, ma non basterà più. E il Covid ha palesato come il sistema scricchioli e non poco.

Quel 7% che farebbe comodo

Quali impatti avrebbe la digitalizzazione massiva sulle PMI, il grande salto? A parte una maggior flessibilità organizzativa e una più agevole collaborazione tra le varie funzioni, l’innovazione digitale del business consentirebbe alle stesse imprese di consolidare la propria resilienza rispetto ad eventi esterni e restare o entrare su mercati internazionali competendo con players più avanti nella corsa al posizionamento. Ad oggi solo il 26% delle PMI ha un sufficiente livello di maturità tecnologica. Servono altre motivazioni? Se l’indice di digitalizzazione delle nostre aziende raggiungesse quello tedesco, guadagneremmo un incremento del 7% del PIL italiano. Stiamo parlando di circa 140 miliardi di dollari, non certo noccioline.

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I soliti ostacoli: nulla di nuovo sotto il sole delle PMI

Se fosse tutto così semplice non saremmo qui a parlare di digital transformation. Ho lavorato e collaborato con diverse PMI in diversi settori, ma ho riscontrato comuni ostacoli alla trasformazione. Restando pragmatici, i fattori organizzativi sono una delle prime barriere all’innovazione e all’integrazione del digitale a supporto del business: le imprese non sempre possono sfruttare economie di scala e una struttura flessibile, soprattutto quelle aziende che hanno vissuto una rapidissima crescita sia in termini di beni e servizi venduti che di capitale umano.

Il tempo è da sempre una risorsa scarsa nelle realtà italiane e una tale trasformazione richiede necessariamente una finestra entro cui valutare e intervenire step by step. Inevitabili e ingiustamente temuti sono gli impatti organizzativi come la riorganizzazione dei metodi di lavoro e dei processi. Dovrebbero essere invece letti solo per quello che sono, un viatico per la riduzione delle distanze, l’efficientamento delle attività operative e per la protezione e la condivisione di dati e documenti. Ciò porta direttamente al secondo tema, il mindset. Il management dovrebbe comprendere a fondo la convenienza di accogliere il digitale nel lungo periodo e abbracciare una cultura più agile e snella, senza timore di delegittimazione della propria autorità per via della standardizzazione dei processi. Sicuramente aiuterebbe maggiore attenzione e formazione sul tema.

“Mancano ancora le competenze necessarie per impostare delle vere e proprie strategie digitali che permettano alle organizzazioni di dimensioni più piccole di competere in maniera più efficace con le grandi imprese e le più avanzate controparti europee”, così si esprime lapidariamente Digital360.

Certo, la ciccia dietro al lento avvicinamento al digitale è da cercare nelle ragioni economiche, non serve mica un consulente qualsiasi per scoprirlo. Ma da consulente consiglio di non perdere lo sguardo d’insieme e di raccogliere gli stimoli esterni e gli assist che MiSE e sistema forniscono. Tutto sommato, resta anche alle PMI decidere cosa raccontare di questi tempi ai nostri nipoti.

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Marcello Grecchi
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Business Consultant | Energy Engineer | Curious by nature | Digital Marketing enthusiast | Founder tipofthehat