E tu come gestisci la complessità?

Consultare altri sistemi intelligenti per apprendere nuove strategie di problem solving creativo

Stella Saladino
Catobi
6 min readJan 21, 2022

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Allo stato attuale ci troviamo tutti, individui organizzazioni e aziende, di fronte a scenari sempre più complessi e sempre più indecifrabili e mutevoli.

Una delle parole in cui più facilmente riassumiamo questo nostro senso di smarrimento è: problema.

Se cerchiamo l’etimologia della parola problema scopriamo che problèma deriva dal lat. Problema -ătis «questione proposta», dal greco Πρόβλημα -ατος, der. di προβάλλω «mettere avanti, proporre»] (pl. -i). — 1. Ogni quesito di cui si richieda ad altri o a se stessi la soluzione, partendo di solito da elementi noti. Nell’uso com.: a. Qualsiasi situazione, caso, fatto che, nell’ambito della vita pubblica o privata, presenti difficoltà, ostacoli, dubbi, inconvenienti più o meno gravi da affrontare e da risolvere

Chiaramente possiamo a gran voce affermare che lo scenario in cui ci muoviamo attualmente sia uno scenario estremamente problematico, abitato da numerose tipologie di problemi.

In definitiva quindi possiamo dire che la condizione nella quale ci troviamo sia una situazione che richiede nuove conoscenze, nuove tipologie di riflessioni e stumenti adeguati per riuscire a raggiungere i nostri obiettivi.

Da qui il sorgere della percezione di ostacoli e la formazione di stati di disagio che si manifestano sia a livello personale, sia professionale.

Il tema della complessità, dei processi di problem solving strategici e creativi, la ricerca di nuovi strumenti e modi di pensare per gestire situazioni complesse ed incerte mi hanno con ogni probabilità portata come professionista all’attivazione della consultazione di intelligenze diverse, diffenerenti dalla nostra. Come ad esempio il sistema complesso vegetale, studiato ed esplorato ormai ampliamente dalla scienza nelle sue forme di intelligenza e di problem solving strategico.

Mi servirò qui delle parole della scienziata Donna Haraway per aprire nuovi varchi di concezione rispetto alla parola “problema” e quindi al modo di rapportarci ad esso:

Problema è una parola interessante. Una delle sue varianti inglesi — trouble — rivela dei legami particolari: deriva da troubler, un verbo francese del tredicesimo secolo che significa «rimescolare», «rendere opaco», «disturbare». Ci ritroviamo a vivere sulla Terra in tempi confusi, torbidi e inquieti. L’obiettivo è diventare capaci di articolare una risposta accanto a chi, della nostra specie, è troppo sicuro di sé e del mondo.

Per restare a contatto con il problema non è necessario avere un rapporto di questo tipo con quel tempo che di solito chiamiamo «futuro». A dire il vero, restare a contatto con il problema richiede la capacità di essere veramente nel presente, ma non come un evanescente anello di congiunzione tra passati terribili o idilliaci da un lato e futuri salvifici o apocalittici dall’altro: bisogna essere presenti nel mondo in quanto creature mortali interconnesse in una miriade di configurazioni aperte fatte di luoghi, epoche, questioni e significati.

STRUMENTI DI PROBLEM SOLVING CREATIVO PER LE ORGANIZZAZIONI

Haraway ci offre la possibilità di vivere il problema, anzi di “restare a contatto” con il problema.

Non a causa di un senso di smarrimento o di incapacità di gestire la situazione. Quanto piuttosto per capire, esplorare, conoscere quel problema che tanto ci fa paura, ci blocca, ci limita.

Nei processi di problem solving in azienda, nelle organizzazioni e nei team si utilizzano spesso tante tecniche creative, non per ultima il Design Thinking e il Creative Problem Solving.

Si tratta di processi ben definiti che aiutano e facilitano le persone nell’identificare in primis il problema e nell’implementare secondariamente delle soluzioni derivanti spesso da elaborazioni creative.

Il CPS nello specifico fu inizialmente formalizzato come un processo da Alex Osborn (inventore del brainstorming tradizionale) e Sidney Parnes, ed è stato poi diffuso attraverso l’International Center for Studies in Creativity presso il Buffalo College di Buffalo, New York, a partire dagli anni ’50.

Uno dei punti di forza di questo modello risiede proprio nell’alternanza ritmica tra fasi divergenti e convergenti del pensiero. Sono le prime infatti a creare e aprire possibilità, per poi essere selezionate e definite dalle seconde.

Uno degli aspetti chiave di questa tipologia di processi è in ogni caso l’individuazione e la scomposizione del problema, con l’obiettivo di comprenderlo, ancor prima di risolverlo prima di tutto.

L’estratto del libro della scienziata Donna Haraway da me in precedenza citato, ci porta proprio in questa direzione, nel comprendere che per conoscere, apprendere, registrare tutti I dati e le informazioni utili a decodificare il problema, abbiamo necessità di stare a contatto con quel problema. Di sostarci dentro.

COME CONSULTARE SISTEMI DI INTELLIGENZA DIVERGENTI?

Nelle mie ricerche e riflessioni su questi temi ho scoperto che il sistema vegetale in questo senso ci offre un modello di problem solving strategico potentissimo e di sicuro successo, visto che è giunto a noi dopo 500 milioni di anni su questa terra.

Nel mio approccio affianco team di lavoro e organizzazioni nel comprendere come estrarre dal sistema vegetale nuovi mindset e schemi cognitivi a cui ispirarsi per individuare meglio i propri problemi, ma allo stesso tempo ampliare la prospettiva delle soluzioni percorribili anche a livello immaginativo, attraverso processi divergenti, che come già visto sono necessari e indispensabili all’apertura di nuove possibilità.

Il mondo delle piante propone dei modelli diversi e alternativi a ciò che l’uomo ha pensato fino a questo momento.

Le piante ad esempio hanno una caratteristica che per molto tempo ci ha impedito di riconoscerne l’intelligenza: stanno sempre nello stesso posto.

In gergo più tecnico si dice che sono organismi sessili, cioè con radici.

Non si possono muovere e quindi devono essere davvero resilienti.

Sviluppare strategie di sopravvivenza più sofisticate di quelle che può mettere in atto un animale in grado di fuggire o di nascondersi, come ad esempio noi esseri umani.

Proprio perché non possono scappare dai problemi, le piante sono molto più sensibili rispetto agli animali.

Il loro unico modo di mettere in atto quindi un modello di problem solving è capire quello che succede con grande anticipo, in modo da potersi modificare in tempo.

Le piante risolvono i problemi rimanendo nel problema.

Standoci in stretto contatto.

Imparando anche ad anticiparlo.

E a saperne leggere I segnali pi sottili.

Credo che soffermandoci su questo primo livello di riflessione potremmo già dedurre ed estrarre diverse nuove prospettive nel nostro modo di agire e confrontarci con il problema.

Le organizzazioni e I team possono quindi iniziare ad estrarre e provare ad applicare nel loro modello di problem solving creativo alcuni aspetti che possono popolare la fase 3 e 4 del CPS, ovvero la formulazione di sfide creative e la generazione di idee.

In questa fase è consigliabile provare a trasformare i problemi in domande/sfide come ad esempio “In che modo potrei…?” “Cosa succede se non mi muovo dal problema come fa la pianta?” e generare quante più idee attraverso tradizionali tecniche di brainstorming, ispirate ai modelli plant-based, offre loro enormi possibilità di spaziare e ampliare il raggio d’azione del pensiero e della creazione di nuove strade da percorrere, senza giudicare se siano esse assurde o non adeguate al problema.

I vantaggi che si intravedono sono già numerosi, come ad esempio:

  • poter esplorare la complessità da vicino, sapendola leggere e muoversi al suo interno
  • effettuare un context reading, ovvero imparare ad essere maggiormente sensibili al contesto e all’ambiente circostante, sapendone leggere iretrofeedback
  • uscire dai nostri schemi abituali e quindi aumentare la nostra generatività
  • ampliare la capacità di elaborazione di nuovi setting e idee in cui esplorare il problema considerato.

Poter iniziare ad interrogarsi servendosi della consultazione di altri sistemi intelligenti (non è questo poi un po’ il senso della A.I.?) ci può condurre a percorrere strade che altrimenti per nostra natura e configurazione di DNA non avremmo mai neppure contemplato nella nostra mente, come ad esempio l’idea di stare fermi, rimanere nel problema, senza scappare, fuggire o tentare di cambiarlo subito a nostro favore.

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Stella Saladino
Catobi
Writer for

Founder Plants Inspirational Coaching ™ | Designer del pensiero | Polarity Thinking facilitator