Onboarding: lo stai facendo bene?

Perché la digitalizzazione è la chiave

Camilla Bottin
Catobi
5 min readDec 6, 2021

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Neoassunto, salta a bordo!

Una volta concluso il processo di selezione, la nuova risorsa va inserita correttamente nel suo contesto lavorativo. Deve ricevere competenze e strumenti necessari per iniziare a operare con successo. C’è una finestra di tempo — il periodo di prova — per capire il matching tra le parti, ma capita spesso che la risorsa decida di non proseguire il rapporto lavorativo a distanza di breve tempo. Un anno, due anni… ma perché?

Una ricerca di qualche anno fa del Bureau of National Affairs metteva in relazione l’elevato turnover nelle aziende statunitensi (a cui corrispondeva una perdita economica notevole di 11 miliardi!) con l’assenza di processi di onboarding standardizzati.

I primi giorni di inserimento sono cruciali per poter fidelizzare e trattenere una risorsa… del resto le prime impressioni sono importanti, no? Importanti sia nel farla sentire parte integrante di uno scopo sia nel renderla velocemente operativa. Ho sentito di casi in cui passavano mesi prima che un dipendente fosse realmente autonomo. E questo era dovuto principalmente a una mancanza di organizzazione interna.

Onboarding: quali processi

L’inserimento in azienda di un nuovo collega può essere una procedura macchinosa, se non orchestrata correttamente. Soprattutto se si tratta di un’azienda che ha una forza lavoro dai numeri elevati. Servono delle procedure standard di gestione.

Ma non è così semplice, l’onboarding coinvolge diversi uffici (HR, Facilities, IT, Amministrazione ecc.) e i relativi processi. La nuova risorsa deve essere in regola con la contrattualistica e la retribuzione (buste paga, contratti, moduli ecc.), deve ricevere in dotazione degli asset (pc, laptop, cellulare) opportunamente configurati con le applicazioni aziendali e l’accesso alle reti/VPN, deve avere accesso alle procedure e alle policy aziendali per una formazione tempestiva. E molto altro.

Questi aspetti poi vanno personalizzati a seconda del profilo della risorsa e del reparto di riferimento.

L’onboarding coinvolge più processi, ma è un servizio unico che ogni neoassunto si aspetta di ricevere una volta varcata la “soglia” della sua nuova casa lavorativa. Si aspetta di riceverlo anche se non varca fisicamente la “soglia” perché lavora da remoto o in modalità ibrida.

Ma qual è la situazione nelle aziende?

Senza rendersene conto, si verifica una situazione differente a seconda che il cliente sia esterno o interno. Nell’erogare i servizi all’utente finale, le organizzazioni lavorano molto sulla customer centricity: strumenti e processi sono integrati e il cliente esterno ha la sensazione di parlare con un unico referente, l’Azienda, anche se il risultato è la somma dei processi di più reparti.

Ciò non avviene invece per i neoassunti, che sono dei “clienti interni” da soddisfare per assicurarsi la retention. Essi, infatti, devono rapportarsi singolarmente con le diverse funzioni aziendali attraverso canali destrutturati (mail, telefono ecc.). Ad esempio, devono scrivere ad AFC per attivare la busta paga, chiedere all’IT di configurare lo strumento, parlare con figure diverse per capire dove trovare il materiale necessario alla sua formazione ecc…

Questo si riflette in una perdita di tempo e in un generatore di insoddisfazione: il neoassunto deve impegnarsi per ottenere un servizio che è un suo diritto. Poi il fatto che per attivare questi processi servano canali diversi e destrutturati, non si riesce a vedere nell’insieme la velocità e la qualità di erogazione del servizio di onboarding. I KPI sono assolutamente impossibili da misurare.

La soluzione

Ora arriviamo al punto: la digitalizzazione è la soluzione e l’IT è la figura ideale per portare avanti questo percorso di miglioramento.

L’IT, infatti, ha già delle procedure e tecnologie consolidate per gestire l’erogazione dei servizi IT (pensiamo a ITIL e alle sue applicazioni in contesti di Help&Service Desk). Esse possono essere applicate anche a contesti non IT, fornendo disciplina, metodologia formalizzata e automazione al modo in cui le aziende forniscono servizi ai clienti interni.

Per mettere in relazione i diversi processi aziendali allo scopo di fornire singoli servizi (come l’onboarding per l’appunto), Francesco Clabot, CTO di NETCOM, consiglia l’adozione di una Service Single Point of Contact (SPOC).

Si tratta di una singola interfaccia software per gestire le richieste e l’erogazione dei servizi. Il suo vantaggio è che l’utente non deve più preoccuparsi di innescare i singoli processi necessari per produrre il servizio, ma semplicemente richiedere il servizio e sarà la tecnologia a mettere in relazione i processi e le approvazioni delle varie funzioni aziendali per produrlo.

Quali sono i vantaggi per il neoassunto?

● Non appena la nuova risorsa viene assunta, con un singolo input all’interno dell’interfaccia si possono attivare tutti i processi necessari per l’onboarding. L’utente può quindi ricevere tutto quello che gli serve subito, anche da remoto.

● Il fatto che i singoli processi siano misurabili all’interno della piattaforma tramite una visione d’insieme permette di individuare inefficienze e colli di bottiglia e quindi di migliorare la qualità del servizio erogato. Si può introdurre anche un concetto di SLA (Service Level Agreement): ad esempio tempo massimo/data non plus ultra di completamento dell’onboarding.

● I processi possono essere automatizzati con il supporto dell’AI e di bot integrati ai sistemi aziendali: ad esempio, non appena nel portale HR viene caricata una nuova anagrafica, automaticamente la piattaforma può predisporre tutte le attività necessarie.

● La stessa piattaforma può essere usata anche per il self-help: in base alle esigenze e alle richieste selezionate, potrebbe restituire contenuti formativi, utilizzare chatbox o altre figure di supporto.

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Quali sono i vantaggi per le aziende?

● Una maggiore soddisfazione dei nuovi dipendenti

● Una riduzione dei costi di gestione, grazie all’eliminazione di processi ridondanti e all’automazione dell’evasione delle richieste

● Una minore allocazione di risorse da affiancare alla new entry

● Un miglioramento continuo dei processi di onboarding grazie alla possibilità di misurarli da un’unica dashboard

Considerando che di recente si stanno verificando casi massivi di dimissioni (Great Resignation, la chiamano) e più del 40% delle persone intervistate dallo studio IBM sul fenomeno ha sottolineato che l’etica e i valori delle aziende sono importanti per motivarli e farli sentire parte di un gruppo, una buona strategia di onboarding potrebbe essere un modo efficace per aumentare la retention.

La digitalizzazione, inoltre, sposa anche la richiesta di flessibilità: l’onboarding diventa un servizio accessibile da ovunque, anche da remoto.

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Written by Camilla Bottin

Mi occupo di Marketing in WEGG, un’azienda di consulenza IT che disegna la tecnologia sulle esigenze delle persone per renderle più produttive e soddisfatte.

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