Cosa fa un “CoderDojo mentor” nella vita?

Angelo Biolcati Rinaldi
CDJr

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Ero stato invitato a raccontare questa storia durante la Get Online Week, un’iniziativa culturale dell’Unione Europea di contrasto al digital divide: avevo preparato slide e note, ero emozionato ed entusiasta; poi un disguido organizzativo … e la cosa è sfumata; allora ho deciso di scrivere qui quello che avrei raccontato; magari torna utile. Cominciamo!

Ecco a voi un animatore del CoderDojoRavenna … e quella che vedete proiettata è la nostra pagina FB.

Ma è poco bella questa foto? Ci leggo la sorpresa per essere riusciti a combinare qualcosa di bello e inaspettato, e poi curiosità per sapere cosa viene dopo; curiosità e sorpresa si sostengono e si alimentano a vicenda e generano un gran divertimento da condividere con gli altri, lì sul momento e poi a scuola, raccontando ai compagni che non c’erano. Questo è quello che ci dicono i nostri bambini, quello che ci sprona a continuare a sviluppare questa roba, e anche ad accettare l’invito a partecipare a questa vostra iniziativa in modo da poter fare un po’ di … propaganda!

A proposito! Se sono un animatore — tipo villaggio vacanze — allora posso dire …
* su le mani se sapete cos’è un coderDojo!
* su le mani se avete partecipato ad un coderDojo!
* su le mani se avete mai lavorato in un coderDojo come professionisti, pagati cioè! Ehi tu, laggiù in fondo … ah ecco, mi pareva! Ho visto male … :-D

Allora, propaganda per il CoderDojo, per il club di programmazione dedicato a tutti i bambini e gli adolescenti, 7÷17 anni; iniziativa senza fine di lucro, animata da volontari, che abbiamo messo in piedi anno scorso a Ravenna.

Non è un corso di formazione, non “insegniamo” ai bambini a programmare, ma le studiamo tutte affinché loro riescano a programmare, cioè a comandare il loro computer affinché faccia quello che loro hanno immaginato che dovrebbe fare.

Perché abbiano voglia, curiosità, costanza e perseveranza, gratificazione e divertimento.

Sono loro che imparano, noi siamo lì, insieme ai genitori che decidono di fermarsi, e facciamo il tifo per loro. Al massimo facciamo domande furbe. Per instradarli di nuovo se si infilano in un vicolo cieco.

Fine dell’introduzione, avanti con le risposte sollecitate dal nostro ospite:
* cosa fa in concreto il professionista tutto il giorno?
* perchè è rilevante la professione nell’ecosistema digitale?
* come si evolverà la professione nei prossimi ⅗ anni?

L’animatore di coderDojo tutto il giorno si allena! In attesa del grande momento, tipicamente un sabato sì e uno no, dalle 3 alle 6 del pomeriggio, con pausa merenda alle 4 e mezza.

Io son fortunato perché mi alleno facendo il mio lavoro e da quando mi alleno lo faccio anche più volentieri, il mio lavoro … Allora mi presento:

Mi chiamo Angelo Biolcati Rinaldi e risolvo problemi, con l’aiuto del computer.

Ho messo in piedi la mia microimpresa di software nel 1986 e … non ho ancora finito. Si chiama LOGOS Snc. Ultimamente lavoriamo soprattutto nell’automazione industriale, io mi diverto a definirmi un coreografo, perché devo fare in modo, scrivendo del software, che dei robot (delle gru, dei carriponte) si muovano a tempo, senza pestarsi i piedi, in maniera coreografica, o meglio coordinata, ottimizzando il rendimento di un impianto industriale. Questi macchinari “intelligenti” sostituiscono lavori umani ripetitivi, usuranti e pericolosi. Già: sostituiscono operai, aumentando la produttività di quelli che restano. Ci penso spesso. Magari ne parliamo un’altra volta. Se qualcuno vuol sapere come son diventato coder, beh c’è la Q&A alla fine. Ma sto divagando!

Allora, cosa fa un Animatore del CoderDojo, ma dice il nostro statuto che si chiamano mentor, cosa fa un mentor tutto il giorno, com’è in concreto la sua giornata?

Beh se è un coder come me, se è buono solo a scrivere lettere d’amore al suo computer (non per mezzo del computer, no no, proprio a lui, dedicate a lui), o ai computer del suo cliente, magari a pagamento! così forse riesce anche a sfamare la sua famiglia … se è un coder si può allenare facendo il suo lavoro che è …

inventare e costruire MONDI

va beh è un po’ altisonante però a me piace descriverlo così. E ci credo ancora. A proposito!

* su le mani se avete mai scritto del software!
* su le mani se avete mai letto del codice!

Non avete mai preso dentro al tasto funzione F12 mentre usate un browser? Si vede il “dietro” di una pagina web … è software anche quello.

Un mondo è una cosa viva. Sorge il sole, il mondo si sveglia (ad esempio fate doppio click su un collegamento sul desktop e parte … diciamo libre office, si sveglia e si stiracchia col suo bel menù pronto a tutto), la gente del mondo comincia a girare, a fare cose (la gente, gli agenti, noi li chiamiamo gli oggetti, con le loro … capacità: aprire un documento, modificarlo) e poi si fa tardi e buonanotte (si chiude office — vuoi salvare le modifiche? te cosa dici? son 5 anni che salvo le modifiche … prendersi un po’ di iniziativa no?)

Ecco, i programmatori che hanno creato libre office hanno immaginato tutto questo mondo, se lo sono girato nella loro mente, hanno cercato lo strumento più idoneo e ce ne sono tantissimi di linguaggi e di ambienti di programmazione e hanno cominciato a costruirlo, il mondo libre office. Che è un signor mondo. Grande, complicato, con una storia lunga e complessa … ma costruito per essere migliorato continuamente da chiunque voglia provarcisi e poi offerto gratuitamente a tutti, perchè ci facciano quello che gli piace o gli serve. Free and open source.

Ci sono mondi ben più semplici, più carini, più adatti ad un bambino di 7 anni, una cartolina animata per fare gli auguri alla mamma, in maggio, o l’8 marzo se è un kid politicamente impegnato: sorge il sole — si apre il programma con un bel disegno — poi la mamma clicca sulle lettere del suo nome e per ogni cliccata si sente una nota musicale e appare una parola e alla fine c’è una frase completa e una musichetta e il programma è finito e buonanotte.

Anche se semplice, è comunque un mondo intero, da immaginare, da esplorare nella mente, da comprendere nella sua struttura ripetitiva — clicco — nota — parola — da “implementare” ad esempio con il linguaggio Scratch, il più adatto secondo noi ad un poeta bambino. Dopo ne vediamo un esempio.

E questo insomma è come mi alleno io a fare il CoderDojoMentor.

Ancora 2 slide sul mestiere del Coder, me le passate? veloci.

Un termostato serve a regolare una fiamma, per accenderla e spegnerla in modo che scaldi un pentolone fino ad una termperatura prestabilita.

Questo qui in alto è una grande invenzione perché sfrutta furbescamente una caratteristica fisica di un metallo (o di un liquido): più fa caldo e più lui si dilata, muovendo un qualchecosa che può a sua volta aprire o chiudere una valvola che fa passare o meno del gas che bruciando scalda il nostro pentolone.

Con abbastanza freddo accende la fiamma, con abbastanza caldo la spegne.
La temperatura del pentolone resta più o meno statica — termostato.

é un mondo? c’è vita su marte? possiamo modificare, migliorare questo termostato? è dura, purtroppo.

Questo qui sotto è il termostato Nest, costa mica poco, 250€, ma è un mondo. C’è un computerino, dentro, e si connette a Internet, se glielo lasciate fare. C’è un bellissimo display che dà un sacco di informazioni e rende semplice l’impostazione delle temperature, degli orari, a meno che non gli lasciate l’incarico di programmarsi da solo: lui vi osserva, capisce i vostri orari abituali e le temperature preferite … come fa?

Qualcuno s’è messo lì, scocciato dai termostati disponibili, e ha cominciato a immaginarsi il termostato più bello del mondo. Avendo tempo e risorse (Tony Fadell classe 1969, uno dei padri dell’iPod, andato in pensione nel 2010) ridendo e scherzando ha creato la Nest Labs venduta l’anno scorso a google per 3.2B$. Billion dollars. Baioc!

Non è il software ma il vantaggio nella corsa all’home automation, i clienti acquisiti che valgono così tanto. Ma è il software che ha portato la vita nel mondo arido e morto dei termostati.

La Nest Labs offre degli strumenti per sviluppare software per il suo termostato. Chiunque ci si può provare. Non costa niente, se non il proprio tempo, perché Internet per scaricare il kit e il computer per installarlo e provare ce li avete già …

A loro non costa niente perché tanto l’avevano già fatto per i propri programmatori, per costruire il primo mondo software del loro rivoluzionario termostato …

Ma i concorrenti non copiano? Eh ma loro, la Nest Labs, sono già avanti, hanno il sensore di gas e fumo, la serratura telecontrollata, ottima per AirB&B, chi li prende più!

Questo articolo si riesce a trovare in rete. Leggetelo, se vi va. Parla della tempesta perfetta. Le innovazioni dirompenti grazie al software.

Six decades into the computer revolution, four decades since the invention of the microprocessor, and two decades into the rise of the modern Internet, all of the technology required to transform industries through software finally works and can be widely delivered at global scale.

Il software mangia il mondo nel senso che trasforma interi settori industriali.

Le aziende che incorporano software e usano internet stanno mettendo fuori mercato le altre. Certi prodotti, certi servizi, certe aziende non hanno più senso, perlomeno nelle dimensioni precedenti.

* Industria discografica, TV, videoGiochi: iTune, streaming, Netflix, MOG
* Editoria, Amazon
* Fotografia, -Kodak
* Telefonia, Skype
* Banche, … [bitcoin?]
* xoom e moda col brand

the battles between incumbents and software-powered insurgents will be epic. Joseph Schumpeter, the economist who coined the term “creative destruction,” would be proud.

Leggete anche The innovator Dilemma di Clayton M. Christensen.

Morale: il cambiamento è in atto e accelera, perché tra l’altro la crisi economica perdurante seleziona ancora più brutalmente le aziende.

C’è una risorsa scarsa, che non si crea in due e due quattro: i coder

C’è una risorsa abbondante e sempre più a buon mercato: i dati, per capire cosa sta succedendo e il software, gli strumenti per interpretarli.

Sono buone o cattive notizie? Dipende …

Torniamo a noi, a questa bella iniziativa che in altri contesti si chiama Pane e Internet. Ce ne fossero di più … mi ha fatto ricordare il maestro Alberto Manzi che negli anni 60 inventò la trasmissione televisiva “non è mai troppo tardi” dedicata agli analfabeti e che di sponda insegnò a leggere e a scrivere anche a tanti 5enni come me. Aiutò un po’ ad unire l’Italia, a diffondere strumenti di interpretazione della realtà (se non sai leggere, quanto ti perdi?) e di comunicazione.

Diffuse cultura, adeguata per quel mondo più semplice, con informazioni ben più scarse e lente di oggi. Ma oggi?

Io sono tra quelli che sostengono che tutti dovrebbero saper [un po’] programmare. Tutti. Saper immaginare un mondo, girarselo con la mente, studiarlo e scomporlo e poi costruirselo con un qualche strumento di programmazione. E condividerlo. E migliorarlo. E ogni tanto buttarlo giù e rifare tutto, magari con un linguaggio più nuovo e più adatto, un mondo nuovo più bello e più superbo che pria!

Perché ci sono tali e tante informazioni da trattare, oggi, e tali e tante maniere di farlo meglio con il computer, più in fretta e con meno errori, e con meno NOIA! che è un delitto non approfittarne, del computer.

Alcuni dicono che no! Mica dobbiamo essere tutti ingegneri programmatori. Per capire la complessità del mondo moderno non serve un linguaggio di programmazione, quello è una specialità, riservata ad alcuni che vorranno intraprendere quella carriera. Dicono che basta studiare logica per cavarsela con la complessità, un po’ di statistica, medie, varianza. Un po’ di matematica. Ecco studiare! In teoria.

In teoria, teoria e pratica coincidono. Ma in pratica non è così ;-)

Bisogna studiare, certo, ma se quelle nozioni le metti in un programma, le traduci in codice, dai loro vita e osservi quello che succede sotto il sole del tuo mondo, e provi e riprovi, proprio per capire meglio se hai capito bene, e modifichi e trasformi il tuo mondo come un dio onnipotente… beh allora l’esperienza dell’apprendimento è ben più intensa e produttiva che ascoltare l’insegnante e fare l’esercizio a pagina X.

Resnick, il padre di Scratch, il linguaggio di programmazione più amato dai bambini di tutto il mondo:

impara a programmare e programma per imparare (tutto il resto)

su le mani se vorreste scrivere del software nella vita, magari per professione!

Spero di avervi spiegato perchè la professione di CoderDojoMentor è rilevante nell’ecosistema digitale: più siamo e più ci divertiamo :-D

Ci siamo. CoderDojo, Vi racconto come dove e quando è nato CoderDojo a Ravenna e poi anche come dove e quando è nato il primo CoderDojo, in Irlanda.

E poi dobbiamo fare quella riflessione sul discorso “professionista di CoderDojo”

25 bambini, 4 o 5 tavoli, 3 locali dello spazio holden alla biblioteca classense di Ravenna. Anno scorso invece eravamo nella sede di Citt@attiva grazie all’ospitalità di Villaggio Globale, cooperativa sociale che tiene in piedi per il Comune tante iniziative di partecipazione, come l’agenda digitale locale, che è stata l’occasione in cui noi mentor ci siamo trovati e riconosciuti. Era ai Giardini Speyer, vicino alla stazione. Sabato pomeriggio, uno sì e uno no, ultimamente solo uno al mese coi bambini e più sforzo nel cercare collaborazioni per allargare l’iniziativa (cerchiamo mentor! fatevi avanti, è tutto sul sito). Sempre tutto esaurito. mettiamo i biglietti su eventBrite, annunciamo su FB e in mailing list e … puff! spariti. C’è il nucleo ricorrente e altri che vanno e vengono, non gestiamo liste d’attesa e sempre qualche genitore scrive lamentandosi che non ha fatto in tempo.

Scratch. Programmazione. Vedete proprio la stessa videata del computer che vedono i bambini quando iniziamo, proiettando.

Vi piace questo gioco? Vediamo come è fatto? Poi lo modificate come piace a voi!

Se riusciamo a fare la demo, dopo, vedrete che non ci sono proprio barriere d’entrata … la curva d’apprendimento è dolcissima e ci si diverte subito. Ciò nonostante Scratch è profondo e complesso, mostrando le caratteristiche dei moderni linguaggi di programmazione ad oggetti.

Abbiamo fatto anche html, la buccia di internet. Qui è stato più difficile per i bambini, dovendo scrivere senza aiuti con il blocco note e solo dopo vedere la pagina resa da un browser. Abbiamo voluto farli uscire dalla loro comfort zone e certamente ci siamo usciti anche noi, dalla nostra. Poi è arrivata la soddisfazione di vedere le proprie pagine su Internet, in un’area del nostro sito, e passare il link ai compagni di scuola via mail.

Abbiamo fatto codeCombat e conosciuto le prime parole e strutture del linguaggio python.

Abbiamo fatto unplugged computer science, niente computer, solo dita, carta e penna. Contare fino a 31 con una mano sola, ce l’ha insegnato il computer, è il suo modo molto furbo di usare i bit. E pensate che con 2 mani si arriverebbe a 1023, ma ci si scoccia prima! Poi abbiamo inventato un sistema di cifratura e inviato messaggi segreti. Solo chi aveva la chiave poteva decifrarli. Bellissimo, speriamo di allevare tanti bitcoiner. Per finire qual giorno abbiamo fatto la faxmachine, inviandoci immagini pixellose in 2 dimensioni che tutti potevano ricevere.

Grazie ad una sponsorizzazione di Google che ci ha inviato una decina di kit di elettronica, abbiamo fatto anche un makerDojo, accendendo led e facendo girare motorini su circuiti elettrici fatti con plastilina conduttiva e i makey makey.

Forse faremo un teacherDojo, ma l’anno prossimo: abbiamo incontrato alcuni professori interessati. c’è “l’ora del codice” da fare, una iniziativa del Ministero, e noi vorremmo dare una mano, vorremmo che il territorio entrasse nelle scuole.

Vorremmo fare di più ma siamo pochi.

Come dove e quando è nato il CoderDojo. Siamo nel febbraio del 2011 a Cork, Irlanda. Piove. Alcuni studenti del locale liceo non vogliono arrendersi alla noia. Uno di loro, James Whelton, s’è guadagnato una certa notorietà pubblicando su youTube i suoi tentativi di violazione del recinto che Apple ha eretto attorno al software del suo recentissimo iPod Nano. I suoi compagni lo spronano a condividere i suoi metodi e la scuola offre i locali, il sabato pomeriggio. La cosa ha successo e ben presto si struttura in incontri periodi.

Tutti gli appunti, le slide e i filmati vengono fin da subito condivisi in rete.

Questo innesca un processo di imitazione e studenti di altre scuole cominciano ad organizzarsi e ad utilizzare i materiali del primo CoderDojo. Il fenomeno si estende anche ad altre città.

A questo punto James incontra Bill Liao, un giovane imprenditore australiano trasferitosi a Cork, attivo nel no profit e negli aiuti umanitari. L’esperienza, le risorse e i contatti di Bill imprimono al CoderDojo la dimensione globale che mancava. Oggi esiste una fondazione che raccoglie fondi, organizza conferenze e concorsi, vigila sulla buona riuscita di questo fantastico esperimento sociale: ad oggi ci sono più di 500 club in oltre 50 paesi nel mondo.

L’Italia, una volta tanto, è in prima fila; lo scorso anno la “settimana del codice” ci ha visto sul podio in europa; la città di Matera ha organizzato il più grande CoderDojo della storia (credo) con 1000 bambini coinvolti.

Quest’anno “l’ora del codice” ci vedrà impegnati a far conoscere la programmazione ad una significativa percentuale degli alunni delle elementari. Parola del MIUR, Ministero dell’Istruzione etc etc.

Troviamoci su alcune definizioni

il professionista possiede capacità rare, offre beni o servizi scarsi, se no non glieli compra nessuno.

Mercato, incontro di domanda e offerta di un bene scarso, prezzo di equilibrio, scambio mediato da moneta. Sembra tutto così normale, no? Sì, è sempre stato così. Io ho troppo di una cosa e troppo poco di un altra. Questo è mio. Questo è tuo. Ti offro tanto, no, è poco …

Occhio alle scritte piccole.

Qui ci vuole l’ammiraglio Akbar di guerre stellari, quello che nel pieno della battaglia mantiene la sua lucidità e avverte: è una trappola!

Quando si parla di mercato e di volontariato (che è quello che facciamo noi) c’è prima di tutto la trappola del “naturalmente gratis”.

Dicono alcuni potenti (oh! intendiamoci, non sto parlando di Ravenna e della nostra iniziativa, non sto neanche parlando necessariamente di politici, capite ammè)

Io che ho il potere, altro “bene” oggi concentrato in poche mani, ti offro esperienza, riconoscenza, visibilità, eccettera eccetera e voglio da te — naturalmente gratis — quello che dovrei pagare — quello che fino a ieri pagavo — sul mercato.

IT’S A TRAP!!! Qui siamo sempre sul mercato, anche se dichiariamo o addirittura pensiamo il contrario. Stiamo abbassando il nostro prezzo a zero. Facciamo concorrenza sleale ai nostri colleghi. è peggio per tutti.

Però per fortuna c’è un però. Per chi lavori gratis? Per il potente o per la tua comunità?

L’altra trappola è pensare che ci sia solo il mercato, che sempre al mercato si debba prima o poi tornare. Per nutrire la propria famiglia, tenerla al caldo e al sicuro.

Certamente oggi il mercato è il centro. I soldi, l’affermazione di sè, le gratificazioni passano principalmente di lì. Ma non è sempre stato così. Bisogna andare un po’ indietro nel tempo, a prima dell’invenzione della macchina a vapore, a prima della rivoluzione industriale, a prima della nascita del proletariato urbano.

C’erano i commons, i beni comuni, terre non recintate, condivise tra chi abitava da quelle parti e regolate di comune accordo in modo che ce ne fosse e ne restasse per tutti. Non sto dicendo che si vivesse meglio, anzi, la speranza di vita mi sà che era la metà di oggi, la metà se non di meno; la mortalità infantile era da brivido; ci voleva un sacco di fortuna, veramente, per diventare vecchi. Era per dire che il mercato non è la natura; è l’uomo, siamo noi a inventarlo.

E infatti qualcuno si inventò le enclosures, le recinzioni, e la storia prese un altra strada e cominciò ad accelerare. Un cambiamento, tanto per cambiare

Siamo vivendo grandi cambiamenti anche adesso. Magari li mercato perde un po’ della sua preponderanza e prepotenza. Mica tutta, un po’. Esempi ce ne sono. L’economia della condivisione a volte funziona.

BlaBlaCar? (Non Uber, quella è un’altra cosa, interessantissima, ma non mi sembra condivisione, neanche UberPop … c’è google dietro … mi sembra un’altra roba tipo Nest, il termostato con l’anima … vantaggio competitivo … clientela acquisita, dati dati dati, self driving car)

Personalmente non ho le idee molto chiare. Sto trovando interessante questo libro di Jeremy Rifkin, economista americano innamorato dell’Europa: La società a costo marginale zero. L’internet delle cose, l’ascesa del «commons» collaborativo e l’eclissi del capitalismo. Scrive dei bei libri, ampi, con dentro un sacco di cose. Se vi capita … io ve lo consiglio.

Questo è Aaron. Era. Ha dato grandi contributi al mondo del coding, dell’open source e della condivisione. Come atto di disobbedienza civile ha violato una banca dati di articoli accademici, JSTOR, dove si paga per leggere i risultati di ricerche scientifiche il più delle volte pagate da noi, dallo stato, è il sapere reso scarso, disponibile solo a chi può permetterselo. Lui ha scaricato 4milioni e mezzo di questi articoli e li ha resi disponibili a tutti. Arrestato, rilasciato su cauzione, in attesa di giudizio, rischiava 35 anni di galera. Negli USA non scherzano con la proprietà privata. è stato un colpo troppo forte, questa accusa. a volte la sensibilità diventa fragilità. a volte non ci accorgiamo in tempo di quanto uno abbia bisogno di supporto.

Diamoci da fare.

Vi faccio vedere come costruire un pong, da zero a 100% in 5 minuti. Uno sfondo con una bella riga rossa in basso. Un disco che rimbalza sui lati e si muove di 10 passi ad ogni iterazione. Una racchetta che segue il mouse. Se il disco incontra la racchetta, allora il disco inverte la sua direzione. Se il disco incontra il rosso (c’è solo nella riga in basso), allora hai perso. E poi un po’ di traettorie random per aggiungere un pizzico di vivacità. E magari un segnapunti e tre vite. E la racchetta che si muove vedendoci nella telecamera invece che seguendo il mouse, così facciamo ginnastica. E chissà cos’altro ci verrà in mente. Poi se qualcuno mi chiede della mia storia di coder, eccola:

Io non ho studiato da informatico, da programmatore.

Ho fatto il liceo, il liceo classico e poi ho iniziato Economia e Commercio a Bologna. E studiavo ragioneria, statistica, storia economica, bellissima storia … diritto, mo che noia diritto privato … Solo che un giorno sono entrato in facoltà a Matematica, accompagnavo dei miei amici, e ho assistito — da clandestino — alla lezione introduttiva di teoria e applicazioni delle macchine calcolatrici, TAMC, Prof. Maioli, di Ravenna! e … e ho visto la luce.

Il prof ha fatto una panoramica così affascinante di quello che stavano combinando i computer, di come stava cambiando il mondo — era il 1977 — e di quanta roba c’era da studiare per capire, per cavalcare questo cambiamento, che io son rimasto stregato. Ho frequentato quel corso da “esterno” ho cominciato a innamorarmi della programmazione, per 3 anni sono stato uno studente di economia che era più spesso a matematica e fisica, nei laboratori a perforare schede che a lezione, ho cominciato a lasciare indietro gli esami e poi … ho pensato bene di mettermi a lavorare e di rimandare la laurea perché dovevo prendere quel treno.

Oggi mi mancano sempre quei benedetti 5 esami (tra cui i due diritti, privato e commerciale) e la tesi. Quando vado in pensione recupero. Son più bravi i miei figli, uno già laureato in Economia, adesso fa il PhD negli States e l’altra è in pari al secondo anno di Medicina, a Milano. Ho dato il cattivo esempio e forse un po’ è servito ;-)

Grazie di cuore per il vostro tempo: speriamo che sia l’inizio di qualcosa. Speriamo di ritrovarci dentro un grande CoderDojo da qualche parte. Perchè davvero io credo che tutti, proprio tutti, almeno un po’ dovrebbero saper programmare, perchè fa bene alla salute e porta fortuna.

Learn to code, code to learn

come dice sempre il Liga alla fine dei suoi concerti.

pdf delle slide: cdrSlides.pdf

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Angelo Biolcati Rinaldi
CDJr
Editor for

I’m a software developer using Embarcadero Delphi (since nov.1994 field test) for Win/Mac/iOS/Android/Linux native apps. Proud mentor of CodeDojoRavenna :-D