Simona Dini
Cefalonia Writer’s Club
2 min readMay 9, 2019

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L’Approdo è qui

Evoca Ulisse
il filologo in scooter.
L’approdo è qui.

Qualcuno che c’è stato ha messo le mani avanti.
C’è chi è rimasto deluso, pare.
Per intanto aspetto la nave al riparo degli eucalipti sul lungomare di Sami.
Itaca da qua è una sequenza di colline appiccicate tra loro come dalla mano goffa di un bambino.
Mi imbarco per il breve tragitto mentre i turisti con il cappello di paglia scattano foto nell’indifferenza dei pendolari.
Allo sbarco un tir rosso con la scritta ODYSSEY sulla cabina emerge mostruoso dal ventre della nave come dalle acque.
Lo seguo lungo la strada polverosa che porta a Stavròs, superando la magnifica baia di Vathì e puntando nord tra viti e buganvillee.

Per Spyros Kouvaras, filologo locale, Itaca è più di un luogo di nascita: è un’ossessione.
Mi aspetta sotto un gelso e con tenera fierezza indica il paesaggio da cartolina alle sue spalle.
È l’approdo di Ulisse, mi spiega, mentre osservo la parete rocciosa degradare a nord fino a formare una spiaggia chiarissima.
Il mare turchese si fa blu nei punti più profondi e le barche a vela lo solcano cercando riparo dal mare aperto alle spalle della parete.
Spyros inarrestabile estrae dallo zainetto schemi e foto e sciorina dati comprovanti l’identità di questa Itaca con quella di Omero.
Lo seguo mentre mi guida a Stavròs sul suo scooter scalcinato.
Nella piazza, tra aiuole e piccoli caffè, incombe un dettagliato plastico del palazzo di Ulisse, realizzato secondo uno studio dello stesso Spyros.
Più che in quelle stanze la vera Itaca l’ho intuita nei suoi occhi ridenti e visionari.

Salendo ancora, superato il villaggio medievale di Anogi, raggiungo il monastero di Katharon.
Nel silenzio totale varco il cancello in ferro battuto diretta al chiostro.
Papì Sevastianòs, giovane e florido prete, mi presenta l’anziana guardiana Maria e la nuora di lei che sta cucinando.
Due arzille amiche sedute con la borsetta sulle ginocchia completano la combriccola.
La curiosità per il mio arrivo suscita in loro timidi sorrisi birichini.
“Orèo canarinì”, bel canarino è il mio amore, inizia a cantare una delle due mentre il sole cala.
Come a un commovente richiamo risponde il canto di una giovane visitatrice dal volto di quieta e forte madonna.

Il sole è calato: Itaca non ha deluso.

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