3 Lezioni dalle M&M’s

cosa c’entrano un frappé, la guerra civile spagnola, il rock ’n’ roll e un paio di sneakers con i confetti più famosi del mondo

Stefano Panini
celomanca
8 min readMay 3, 2022

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In questo album ci sono 3 figurine da staccare e incollare non per forza insieme. Innovazione, project management, strategia, branding… le M&M’s al femminile (e non gli M&M’s) — così dice il sito ufficiale — hanno tanto da insegnare. A tutti.

Lezione 1: JOB TO BE DONE, spiegato semplice

Perché così tante aziende falliscono? È la domanda che per anni ha tenuto sveglio Clayton Christensen, professorone della Harvard Business School. Secondo lui i dirigenti spesso falliscono perché si concentrano troppo sulle caratteristiche socio-demografiche dei clienti o su quelle dei loro prodotti: questo li porta a progettare inconsapevolmente innovazioni che “churn out mediocrity”.

Per far fronte a questa mediocrità Christensen ha teorizzato il Job To Be Done.
In brevissimo: un Job è un miglioramento che una persona cerca di ottenere in una circostanza specifica. Non è da confondere con un bisogno che è più generico e precede la definizione di un Job.

«ho sete» → bisogno
«bere qualcosa di gustoso ma leggero appena sveglio» → job

Come vendere più frappé

Per anni McDonald’s ha cercato di aumentare le vendite dei suoi frappé intervenedo sopratutto sui gusti offerti, con scarsi risultati. Grazie alla teoria del Job To Be Done, Christensen ha concluso che le persone non acquistavano frappé per l’apporto calorico o per il gusto, ma cercavano un prodotto che durasse a lungo e soprattutto comodo da bere a piedi o in macchina. Grazie a queste rilevazioni, McDonald’s attuò modifiche sul prodotto rendendolo più denso in modo che durasse di più, inserendolo in un bicchiere con la cannuccia, la cui forma si adattava perfettamente al portabibite dell’auto e rendendolo così comodo da bere durante la guida o durante una passeggiata. Per bere il nuovo frullato le persone impiegavano in media 23 minuti e avevano sensazione di sazietà e compagnia. Fonti interne a McDonald’s dichiararono che le vendite incrementarono di 7 volte grazie a queste modifiche e Christensen potè finalmente dormire sonni tranquilli. I frappé non erano solo buoni, ma comodi. Soprattutto in circostanze specifiche come il pendolarismo.

Sì, ma cosa c’entrano i frappé con le M&M’s? Non solo questo.

Come sono nate le M&M’s e cosa c’entra la teoria JTBD?

La nascita delle M&M’s si deve a due guerre: la prima è quella tra Forrest Mars (fondatore e ideatore di M&M’s) e suo padre, fondatore dell’azienda Mars. La lite tra i due fu tale che Forrest lasciò l’America per recarsi in Europa. L’idea delle M&M’s gli venne proprio lì, precisamente in Spagna durante la Guerra civile negli anni Trenta, quando vide i soldati mangiare cioccolatini rivestiti con un guscio di zucchero, caratteristica che ne evitava lo scioglimento. L’unico modo perché il cioccolato non si sciogliesse al caldo spagnolo era rivestirlo di un zucchero addensato. Eccola la Jobs To Be Done Theory:

Se «mangiare un cioccolatino» è un bisogno, «mangiare un cioccolatino conservato in tasca tra un bombardamento e l’altro con 34 gradi all’ombra» è un Job. Anzi, è IL Job grazie a cui oggi godiamo delle M&M’s.

storia M&M’s
Il primo pack diM&M’s (1941) e alcune réclame

Ma non è tutto. Nel corso della seconda guerra mondiale le M&M’s ebbero uno straordinario successo tra i soldati, che apprezzavano il fatto che il cioccolato si conservasse senza sciogliersi: infatti lo slogan in quel periodo recitava: «Vi si sciolgono in bocca, non in mano». Buone sì, ma la vera innovazione era il rivestimento. Per questo motivo la Jobs Theory è il punto nevralgico della storia.

→ Le innovazioni di successo non sono tali perché soddisfano bisogni, ma perché soddisfano Job che prima non avevano soluzione, oppure erano risolti in maniera meno adeguata. Il Job To Be Done identifica le dimensioni funzionali, sociali ed emotive che spiegano perché i clienti fanno le loro scelte.

Caramelle Spaziali

A proposito, sapete perché dal 1981 su ogni missione spaziale le M&M’s sono parte integrante del menù? Le M&M’s sono piccole, scomponibili (ne posso mangiare in quantità a seconda del fabbisogno) e meno inclini a sbriciolarsi rispetto ad altri dessert (Job funzionali), ma ci sono soprattutto Job sociali ed emotivi che fanno delle M&M’s i dolciumi più buoni della galassia.

L’astronauta Loren Shiver nell’intento di divorare alcune M&M
L’astronauta Loren Shiver nell’intento di divorare alcune M&M’s a gravità zero

Forse non siete mai stati in una navicella spaziale; in una di quelle missioni che durano mesi se non anni chiusi in 30 metri quadri. L’esperienza frustrante è simile a vivere a Milano, ma c’è altro. Nello spazio bisogna divertirsi. Diverse interviste fanno sapere che gli astronauti spesso rilasciano una manciata di M&M’s in aria per poi catturarle con la bocca mentre i pezzi fluttuano. Prima tutte le verdi, poi le rosse in meno di 50 secondi! Alcuni astronauti hanno persino usato le M&M’s per dimostrare concetti scientifici come la microgravità in video educativi per studenti.

Se «divertirsi» è un bisogno, «divertirsi in una navicella spaziale in 10 minuti tra una missione e un’altra» è un Job.

80 anni dopo la nascita di M&M’s, se è vero che viviamo in società liquide in cui l’analisi socio-demografica perde di senso e dove tutto compete contro tutto, è il Job l’unità di partenza dell’innovazione. Analizzare i Job delle persone (e non le personas) ci aiuterà a lavorare in maniera customer-centrica per davvero. E questa è la prima lezione.

Lezione 2: la fiducia va guadagnata

Siamo all’inizio degli anni ’80, esattamente 40 anni dopo la nascita delle M&M’s. I Van Halen (quelli di JUMP, per intenderci) sono all’apice del successo. Il loro show era una cosa imponente: giravano in tour con degli enormi autocarri strapieni di strumentazione e attrezzature necessarie per rendere le loro performance serate memorabili. Io non c’ero, ma mi fido delle foto.

Van Halen in concerto M&M’s

ARTICOLO 126

In occasione di ogni live presentavano agli organizzatori una specie di contratto pieno di dettagli minuziosi. Tra una richiesta di voltaggio e una specifica di carico, si trovava una cosa che sembra completamente senza senso, l’Articolo 126:

— There will be no brown M&M’s in the backstage area, upon pain of forfeiture of the show.

van halen M&M’s
L’intero show verrà immediatamente cancellato se nell’area di backstage saranno presenti M&M’s marroni

È tipico dei backstage, soprattutto con i grandi nomi, mettere a disposizione qualunque cosa (snack, ma non solo) per gli artisti, ma questa richiesta sembra davvero eccessiva. Il signor Forrest Mars (di cui sopra) vendeva le M&M’s in pacchetti assortiti. Un grande sbattimento togliere quelli marroni.

Può sembrare che i Van Halen fossero impazziti, che la fama gli avesse dato alla testa e che il narcisismo li avesse portati al delirio tipico delle rockstar-dive. Invece dietro questo apparente capriccio c’erano lo spavento e la rabbia di una tragedia scongiurata. Prima dell’Articolo 126 era successo che diversi organizzatori trascurassero le specifiche tecniche. Così alcuni strumenti erano stati danneggiati, ma soprattutto una persona dello staff aveva rischiato la vita.

È stato lo stesso frontman della band, David Lee Roth, a rivelare il perché di quella clausola. Lo scopo era verificare se le varie organizzazioni del tour avessero realmente letto e applicato l’intero contratto. Una mancata lettura di tutte le pagine avrebbe seriamente messo a rischio non soltanto l’efficacia e la bellezza dello show, ma la sicurezza dei presenti. E quindi, via gli M&M’s marroni!

“Potevi entrare nel backstage, dare uno sguardo al contenitore di M&M’s fornito dall’ organizzazione, e se ne trovavi di marroni sapevi di doverti preoccupare e iniziare a ricontrollare ogni aspetto, alla ricerca di un probabile problema di sicurezza”
— David Lee Roth

Lezione numero 2: la fiducia va guadagnata. Bella la disruption, la novità, bello il when the world zig, zag, il famolo strano, bello il rock ’n’ roll… ma nel rapporto fornitore-azienda, capo-dipendente, collaboratore-collaboratore c’è bisogno in primis di fiducia. Pretenderla non è da stronzi, è da rockstar.

Lezione 3: ogni cambiamento genera sgomento

In Italia il rebranding M&M’s è passato un po’ sottotraccia, e forse è stato meglio così. Non avrebbe avuto senso stravolgere l’identità visiva e la cifra stilistica di un brand riconosciuto e riconoscibile in tutto il mondo. Una bella rinfrescata grafica associata ad un impegno più profondo che evidenzia soprattutto la ricerca di maggiore inclusività: FOR ALL FUNKIND. L’impegno globale del brand nei confronti del suo pubblico è infatti “creare un mondo al quale tutti sentano di appartenere”.

M&M’s rebranding, gennaio 2022

Tu&me&noi&ognuno…” scritto in diverse lingue, con ogni pronome legato all’altro dal fiocco leggero di una “&” che unisce non solo le iniziali di due cognomi, ma la varietà e la diversità delle persone. Tutto molto bello, colorato e divertente. Fino al secondo 52.

“Rimettete gli stivali all’M&M verde!”

Ebbene sì, anche i personaggi sono cambiati. Perché il nuovo purpose è stato messo a terra a livello di identità visiva anche attraverso un rinnovamento delle mascotte che avranno una personalità più articolata. Più sfumata. Meno polarizzante, meno ironica. Possiamo dirlo: leggermente più paracula.

A livello di personalità l’M&M rosso, che è generalmente noto per essere arrabbiato col mondo, sarà più docile. Quello arancione porterà alla luce il mental health e l’ansia tipica della Generazione Z. Ma soprattutto: l’M&M marrone ha i tacchi più bassi mentre a quello (anzi, quella) verde i tacchi glieli hanno tolti in favore di un bel paio di sneakers bianche.

Non l’avessero mai fatto.

Tra chi dice che non basta togliere un paio di tacchi ad un cartone animato per rendere il mondo un posto più giusto per il genere femminile. Chi si chiede che necessità ci sia di rendere inclusive delle caramelle. Chi dice che una donna non si misura dalle scarpe che indossa. E poi meme e ancora meme. Il circo della polemica è iniziato da subito in casa Mars. E c’era da aspettarselo.

«Questo purpose dà una maggior concretezza all’impegno in cui abbiamo sempre creduto come brand: cioè che tutti hanno il diritto di godersi momenti di felicità e che il divertimento è il modo più potente per aiutare le persone a sentirsi parte di qualcosa»
— Cathryn Sleight, Chief Growth Officer Mars

Quel che è certo è che non vedremo più spot TV così. O così. La nostra M&M’s verde rappresenterà un’idea di donna ben lontana dai canoni degli anni ’90 (era ora). Tutto M&M-Green-washing? Chi può dirlo. Intanto Mars ha istituito il fondo M&M’S FUNd con l’obiettivo di aumentare il senso di appartenenza e inclusione per 10 milioni di persone entro il 2025 tramite attività di formazione, mentorship, risorse anche finanziarie nel campo delle arti e dell’intrattenimento.

Il resto sono un semplice paio di sneakers al posto di stivali e una personalità meno forzatamente sexy. Se è vero che il nostro immaginario è plasmato (anche) dagli spot TV allora dico: ben venga. Nella speranza che non ci si fermi alle scarpe perché — dice Mars — “il rebranding si rifletterà anche in un tono di voce più inclusivo e accogliente”. Un indizio sta nel come viene descritta oggi Green all’interno del sito ufficiale.

Mio parere non richiesto: ogni tentativo di rendere qualunque brand contemporaneo è ben accetto. I brand non sono solo figli della cultura in cui sono inseriti, ma concorrono in primis nel plasmarne la direzione. Questo, spesso, ce lo dimentichiamo. O forse siamo semplicemente poco inclini al cambiamento: lezione numero 3.

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