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Clarissa Ciano
Centennial
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6 min readJun 2, 2021

Emma Gonzalez combatte per fermare le sparatorie nelle scuole

Anna Shvets on pexels

Ho visto Elephant di Gus van Sant quando facevo le medie. Ero paralizzata davanti allo schermo: le soggettive degli studenti erano diventate il mio unico punto di vista, e d’un tratto mi sono ritrovata a essere una dei protagonisti del massacro della Columbine High school nei pressi di Denver.

La scuola è sempre stata uno spazio protetto per me, un luogo di confronto e dibattito dove poter coltivare la mia personalità e i miei interessi. Non ho mai pensato che si potesse trasformare in un inferno. Eppure, in America le sparatorie all’interno delle scuole sono frequenti e quelli che sembrano insospettabili vicini di banco si rivelano carnefici. Un giorno come un altro si può trasformare in una tragedia, e anche chi sopravvive perde una parte importante di sé stesso.

Il 14 febbraio del 2018 Nikolas Cruz ha impugnato un fucile d’assalto AR-15 calibro 223 e ha causato la morte di 17 persone che frequentavano la Marjory Stoneman Douglas High School a Parkland, in Florida. Una tragedia annunciata che è passata alla storia come uno dei massacri più sanguinosi avvenuti all’interno di una scuola americana.

Foto via Flickr di Sara Gottlieb

Ad ogni azione corrisponde una reazione, e gli studenti che sono sopravvissuti hanno scelto di non rimanere in silenzio, di educare al ricordo e alla consapevolezza perché un evento simile non sarebbe mai più dovuto accadere. Le cicatrici che questo avvenimento ha lasciato sulla pelle dei survivor sono diventate i tatuaggi di una rivolta. Segni indelebili che contraddistinguono chi ha scelto di affrontare la National Rifle Association, e cambiare una situazione che è cicatrizzata nel tessuto sociale degli Stati Uniti. Tra i numerosi guerrieri c’è Emma Gonzalez, che è rimasta chiusa nell’auditorium della scuola per due ore mentre Nikolas Cruz commetteva il massacro.

Never again MSD

Photo by Andriyko Podilnyk on Unsplash

Il 15 febbraio 2018, il giorno dopo la sparatoria, un gruppo di studenti scampati al massacro ha deciso farsi sentire e combattere per prevenire la violenza armata nelle scuole. Alcuni giorni dopo è nato Never again; un comitato di azione politica che chiede una legislazione più severa per il possesso delle armi. Il gruppo ha postato su Facebook: “Stay alert. #Neveragain” e l’hashtag è diventato virale. Gli studenti hanno sfruttato la visibilità dei media per intraprendere una battaglia contro la National Rifle Association e il suo stretto legame con la politica americana.

Il 17 febbraio 2018 Cameron Kasky, uno dei fondatori del comitato, ha reclutato Emma Gonzalez durante la manifestazione per il controllo delle armi a Fort Lauderdale.

L’attivista americana ha pronunciato un discorso davanti alla folla senza esclusione di colpi, facendo nomi e cognomi di coloro che ostacolano la sicurezza dei cittadini in favore del potere politico. Non bastano preghiere e pensieri per le famiglie delle vittime, bisogna agire. Emma Gonzalez ha sottolineato il legame stretto tra RNA e politica, confermato dai 30 milioni di dollari che la lobby avrebbe donato a Donald Trump per finanziare la sua campagna elettorale. Inoltre, l’ex inquilino della Casa Bianca avrebbe abrogato un regolamento proposto da Obama per bloccare la vendita di armi da fuoco a persone affette da malattie mentali.

Ma i soldi valgono più delle vite, e così la Florida ha sempre portato avanti una politica permissiva per il possesso di armi, attraverso controlli insufficienti e sommari — per esempio nello Stato americano non occorre avere il porto d’armi per possedere una pistola e l’arma non deve essere registrata — che hanno contribuito ad alimentare il fenomeno delle sparatorie di massa. Secondo il sito shootingtracker.com l’Australia ha introdotto una legge su controllo delle armi dopo la sparatoria a Port Arthur nel 1999, il Canada ha vissuto tre sparatorie di massa e l’Inghilterra una sola, ma entrambi gli Stati hanno cambiato le leggi in modo che non accadesse più.

Emma Gonzalez ha parlato per 11 minuti alternando lacrime e rabbia, perché il 14 febbraio del 2018 non ha perso solo amici e insegnanti, le è stata strappata anche la sua giovinezza. Da questo terribile evento, però, lei e gli altri membri del comitato hanno scelto di agire e mettersi in gioco affinché non accadesse mai più. Emma e gli altri saranno ricordati nei libri di scuola non come vittime, ma come gli ultimi sopravvissuti a un evento che si poteva evitare, perché nessun bambino o bambina deve più aver paura di andare a scuola.

March for our lives

Photo by Vladimir Palyanov on Unsplash

Il comitato Never again ha annunciato March for our lives, una marcia contro la violenza armata che si è svolta il 24 marzo 2018, giorno in cui Nicholas Dworet — una delle vittime — avrebbe compiuto diciotto anni.

Emma Gonzalez è salita sul palco, intervallando parole e silenzio per 6 minuti, il tempo che Nikolas Cruz ha impiegato per compiere il massacro, confondersi tra la folla e scappare prima di essere catturato dalla polizia.

Durante il discorso l’attivista americana ha elencato i nomi di tutte le vittime e poi è rimasta in silenzio. Questa volta non ha usato la potenza delle parole, ha utilizzato l’assenza, il vuoto e il silenzio. Perché la morte di persone innocenti lascia un vuoto incolmabile.

La manifestazione si è svolta a Washington, dove ha tenuto il discorso Emma Gonzalez, e in altre 800 città americane. I sostenitori sono stati moltissimi, le organizzazioni Never again ed Everytown for gun safety si aspettavano 500000 persone ma i partecipanti sono stati circa 2 milioni. L’obiettivo dell’evento era di chiedere maggiori restrizioni per il possesso delle armi; il controllo dei precedenti penali degli acquirenti, l’illegalità della compravendita di armi tra privati cittadini, il ripristino della legge Federal assault weapon ban del 1994, il divieto di vendere caricatori ad alta capacità e l’aumento dell’età legale per il possesso di un’arma da 18 a 21 anni.

L’evento ha ricevuto il sostegno, anche economico, di numerose persone dello star system con George Clooney, Alyssa Milano, Steven Spielberg, Oprah Winfrey, Paul McCartney e molti altri. L’ex Presidente Barack Obama si è rivolto agli attivisti di Parkland con parole di stima e ammirazione per il loro lavoro:

“Continuate così, ci state guidando in avanti, niente può ostacolare milioni di voci che chiedono il cambiamento”.

La marcia non è passata inosservata e ha scatenato la reazione anche dell’RNA e di alcuni repubblicani che l’hanno definita un carnevale, e hanno suggerito agli attivisti e alle attiviste di imparare le tecniche di primo soccorso invece di chiedere di cambiare la legge.

Nonostante le critiche e gli attacchi, le voci di questi attivisti non si sono perse nel vuoto che la legge americana ha creato attorno all’uso e al possesso delle armi da fuoco. Sono arrivate dritte al cuore e alle menti di tutti coloro che non vogliono più sentirsi minacciati da un sistema che antepone il denaro alla vita.

Emma Gonzalez, David Hogg, Alfonso Calderon, Sarah Chadwick, Jaclyn Corin, Ryan Deitsch, Cameron Kasky e Alex Wind hanno organizzato molte altre manifestazioni e iniziative per sensibilizzare i loro concittadini sull’utilizzo e il possesso delle armi da fuoco. Perché si possono cambiare le regole, i comportamenti e perfino le leggi. Nessuno avrebbe potuto fare tutto ciò se non loro, perché è il loro futuro a essere messo a rischio, oltre che la loro vita. La mobilitazione di questi giovani attivisti ha portato a un risultato concreto: il Marjory Stoneman Douglas High School public safety act.

Il disegno di legge è stato firmato il 9 marzo del 2018 e prevede: l’innalzamento dell’età legale per possedere un’arma a 21 anni, il controllo dei precedenti penali degli acquirenti, un periodo di attesa prima di ricevere l’arma da fuoco, l’armamento degli insegnati e l’istituzione della polizia scolastica.

Il risultato ottenuto dagli attivisti di Parkland non segna la fine di una battaglia; ma l’inizio di un cambiamento culturale. In America ogni anno più di 100000 persone vengono ferite da un’arma da fuoco, i genitori raccomandano ai figli di non giocare con armi giocattolo per la strada e ai bambini viene insegnato come comportarsi durante una sparatoria a scuola. In America possedere un’arma è una dichiarazione di identità, è un fatto culturale che ha radici ancestrali.

Emma Gonzalez e gli altri attivisti hanno trasformato il trauma in opportunità, hanno scelto di raccontare le loro storie per ispirare tutti i giovani del mondo a non rimanere più in silenzio. Hanno alzato la voce per non doversi sentire mai più vittime.

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Clarissa Ciano
Centennial

Durante i suoi viaggi avrebbe voluto avere uno gnomo da fotografare, come Amélie Poulain.