Look mama, I’m grown now!

Clarissa Ciano
Centennial
Published in
4 min readMay 11, 2021

L’attivismo della Generazione Z raccontato da una Millennial

Photo by Icons8 Team on Unsplash

Sono stata cresciuta con il mantra: da grande potrai fare tutto ciò che vorrai. Per noi Millennial, nati tra il 1981 e il 1995, questo augurio si è trasformato in una maledizione. L’attacco alle Torri Gemelle, la crisi economica del 2008 e il tasso di disoccupazione giovanile al 29,7% ci ha fatto scontrare contro una dura realtà — come quando Willy il coyote era quasi riuscito a catturare Beep Beep, ma improvvisamente un’incudine gli cadeva addosso. Allora ci siamo dati da fare: abbiamo creato start up, lavori flessibili e abbiamo iniziato a staccare tutte quelle etichette che ci avevano cucito addosso: choosy, affetti da burnout e scansafatiche. Nel frattempo, mentre la televisione censurava il video delle tATu All the things she said, abbiamo iniziato a porci qualche domanda. Così tra Netlog e MySpace ci siamo confrontati e siamo cresciuti. Abbiamo chattato su MSN, l’antenato di WhatsApp, e abbiamo condensato nei 160 caratteri degli SMS i nostri pensieri.

Photo by Arnel Hasanovic on Unsplash

Il digitale è diventato parte integrante di noi — anche se risultiamo un po’ ridicoli su Tik Tok — e lo abbiamo fatto nostro, come ogni comunità che si rispetti. La rete ci ha dato la possibilità di conoscere nuove realtà e di cancellare i confini — in pieno stile spot Omnitel. Siamo diventati ambassador anti-xenofobi e grandi viaggiatori. Grazie alle skill di Giovanni Mucciaccia abbiamo capito come tagliare, incollare e ricostruire la società in modo più equo e inclusivo. La realtà che stavamo vivendo non ci rispecchiava e dovevamo agire per cambiarla. Fatto? Non ancora.

La nostra strada verso il cambiamento non è ancora arrivata alla fine, c’è stato un passaggio di testimone: dai Millennial ai Centennial, altro nome con cui viene chiamata la Generazione Z cioè i nati dopo il 1995. Sono più disincantati di noi, meno Ameliè Poulain e più fratelli Baudelaire di Lemony snicket — Una serie di sfortunati eventi. Sì, perché bisogna riconoscere la sfortuna di questa generazione. Non solo hanno ereditato una crisi economica che sembra non aver mai fine, un mondo del lavoro inospitale e un ambiente prossimo al collasso; hanno anche vissuto la pandemia negli anni della scoperta e della formazione.

Photo by Andrew Petrov on Unsplash

Tutto questo non ha cambiato la loro posizione critica nei confronti della società, la loro analisi pungente e la loro determinazione. L’attivismo di questa generazione è caratterizzato da fatti, azioni e un gran coraggio. Partono da piccoli gesti per distruggere barriere, soffitti di cristallo e muri. Si scontrano contro governi, regimi e dittature per difendere i nostri diritti. Le loro battaglie non riguardano solo la Generazione Z o le generazioni future: riguardano tutti noi.

Photo by Max Ostrozhinskiy on Unsplash

I Centennial non hanno bisogno di clamore o autocelebrazione e sono aperti al dialogo. Perché per interiorizzare un cambiamento non c’è bisogno di imposizione, deve entrare a far parte delle nostre vite in modo fluido e naturale. Questo concetto l’ho imparato a mie spese, perché il mio attivismo è sempre stato caratterizzato da fiumi di parole, come cantavano i Jalisse. Un tono moderato che esplodeva in forti acuti degni del confronto Zequila vs Pappalardo. Crescendo ho imparato ad abbassare le ottave, anche se su alcuni temi mi risulta ancora difficile. Ho riscritto gli inni delle mie rivolte con toni più pacati, direi quasi pastello. Ho scelto di dar vita al progetto Centennial per raccontare le voci di queste persone che non si arrendono davanti all’immobilità e alla difficoltà, ma traggono forza dalle proprie paure e insicurezze per intonare la melodia del cambiamento.

Il progetto è un amplificatore — dal gusto rigorosamente vintage — che trasmette in filodiffusione le idee di giovani visionari. Si collega ad un account Medium in cui si dà voce ad attivisti internazionali che abbattono il cringe legato alle mestruazioni con il movimento #freeperiods, raccontano la guerra in Siria e combattono contro le lobby delle armi al grido di bae — before anyone else.

Un profilo Instagram dove l’estetica Millennial dai toni pastello racconta la lingua della Generazione Z, per far capire come le loro espressioni siano dei trigger: micce che si accendono e innescano conversazioni ricche di contenuti.

Infine, un canale su Twitch, in cui giovani attivisti del torinese raccontano la loro storia e il loro impegno: l’utopia della scuola, essere un cittadino consapevole, affrontare le discriminazioni e avere uno sguardo disincantato e obiettivo sul futuro. Si aprono a un dialogo senza toni da ok boomer e senza blastare nessuno, cercano di far capire il loro punto di vista e suggeriscono consigli pratici a chi vuole entrare nel mondo dell’attivismo.

Questo progetto raccoglie i pensieri di persone molto giovani ma con un’idea ben precisa del futuro: occorre sintonizzarsi sulle giuste frequenze per vivere questo periodo di grandi trasformazioni.

--

--

Clarissa Ciano
Centennial

Durante i suoi viaggi avrebbe voluto avere uno gnomo da fotografare, come Amélie Poulain.