Ieri sera mentre siedo

su ciglio di letto mia figlia fra le braccia

Valentina Parlato
CENTRITAVOLA
6 min readAug 11, 2018

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“People upside down on a rollercoaster in an amusement park” by Charlotte Coneybeer on Unsplash

Ieri sera mentre siedo su ciglio di letto
mia figlia fra le braccia attaccata a me tipo piccola gorilla lei guarda me e io guardo fuori dalla tenda bianca attraverso questo bianco filtro scene di nostri futuri possibili sogno di noi insieme

Mi guardo di sfuggita riflessa sopra specchi di casa o di vetrina e mi spio con occhi di amore e ammirazione con carezze di occhi e umile orgoglio. Davvero sentomi umile e orgogliosa same time incredibile ma possiblile che sono umile figlia di madre terra io no Dea io canale divino felice di essere piccola umana di sangue piacere e dolore avvoltolata inconsapevole dentro ingranaggio cosmico obbedisco
ma sempre anche orgogliosa madre creatrice assemblatrice
immensa di forze cosmiche con occhiali a visiera da saldatrice enorme
mi monto e smonto ci metto dentro la luna mi tiro fuori le stelle respiro
e nasce lei

respiro e mi osservo questo corpo straordinario che sono e che mi possiede che lo guardo lo amo e vibro forte mi sento regina di me stessa

mi sento e penso dentro questo sentire pesco ricordi recenti di donna giovane non ancora madre memorie di sguardi miei sul mio corpo molto scrutatori e analitici e non disponibili a riempirsi di me a bearsi di me
sguardi sterilizzati che non possono generare visioni ma solo inquadrare e paragonare al modello riconoscere simile e dissimile giusto e ingiusto sano e insano sguardi binomici che non attendono ma impongono già saturi di immagini illusivamente normo estetiche immagini di fascismo white and skinny molto ciechi di meraviglia sguardi che no velo di Maya ma proprio polimero termoplastico oscurante totale che ci devi mettere uno spioncino per vederti vera.

Tipo le persone i corpi se li guardano molto da sole e a vicenda ma no che si guardano scoprono e stupiscono della loro diversità intima e reciproca che un corpo è sempre diverso da se stesso il corpo dovrebbe accompagnarsi da epiteto tipo corpo che muta sempre o corpo cangiante.

e invece noi facciamo molte fotografie di corpo che lo vogliamo vedere fermo e ricordare fermo ci nutriamo di immagini di corpo produciamo vendiamo compriamo desideriamo immagini di corpo immobile che ci circondano e riempiono

noi non glorifichiamo sì tanto suoni di corpo nè sensazioni o prodotti organici o riproduzioni mobili no a noi ci piace soprattutto il corpo fermo nel medium e nel contenuto che forse così ci pare più facile più gestibile più passivo più morto e così lo possiamo dominare ma invece a me mi pare il contrario

Mi pare che creiamo milioni di copie parziali di noi

che adesso sono loro che dominano noi

tipo rivolta dei robot

e questo scambio di ruoli attivo passivo ci eccita molto.



Che questi film americani sono

metafora ideologica fantascienza filosofica

e infatti Will Smith non mi pare un cretino

che magari si è messo con Muccino come Romina con Albano

Che siccome c’è gap culturale gli stranieri spesso si confondono e si fanno sedurre da cattivi gusti retorici e vischiosi.

noi quasi sempre ci paragoniamo a corpo fermo di 20 anni bianchi normo-etero-iper-sessuati anche se non lo vogliamo e a volte coraggiosi lottiamo contro l’ideologia che pure ci costituisce e diventiamo outsider cioè che proprio siamo out rispetto noi stessi

che quindi le persone molte volte si guardano e usano questo modello di corpo fermo apparentemente wow come dispositivo che calcola percentuale di felicità o metro che misura valore di vita e modello immagine universale dentro la quale infilarsi tipo cartonato con buco per la faccia al parco giochi ma il luna park ce lo abbiamo nel cervello un luna park scassato e triste con il cartonato dentro la testa che ci strizza la visione nelle forme che ci sta spesso stretto o largo o corto o lungo o comunque immobilizzante castrante di pluralità e trasformazioni e vita.

Che invece oggi i miei sguardi su di me e sulle mie sorelle femmine e maschie sono di stupore che come macro chirurga dell’immaginazione io guardo corpi e vedo

paesaggi di nocche mobili placche tettoniche fluttuanti peli morbidi radicati su braccia a scivolo scosceso su colline di cosce e pance molli letti di fiumi non ancora in piena vedo autostrade di vene sotto la pelle e dentro le vene il sangue e il suo percorso di Rio grande dentro di noi che il sangue ci naviga con diramazioni complesse e percorsi sublimi che ci esplora denso e fluido e attraversa i tessuti duri e morbidi cazzo frega delle categorie al sangue lui irrora carne ed ossa midolli ferite aperte gengive spazzolini e reni il sangue viaggia pulisce trascina trasporta sconfina e noi nel mentre beviamo martini sedute su sedie che ci lasciano i culi marchiati tipo Basilico o disinfettiamo biberon o scopiamo o leggiamo Centritavola o magari compriamo piante d’appartamento.

E mentre arrediamo fuori veniamo arredate dentro da sequenze nucleotidiche scorie infiltrazioni figli cose mangiate per sbaglio medicinali cose non dette carie paure rimorsi ricordi lische di pesce calli ossei pastine in brodo striature di muscoli cavità interconnesse piene di liquido e intrecciate da fibre di collagene e coca cola delusioni petizioni on line usi e costumi.

Comunque io non voglio scrivere di questo io voglio scrivere delle mie braccia flaccide e forti e lo so che è strano ma io per esempio sono fortissima e flaccida e mi piace sottolineare questa cosa accentuando l’ampiezza delle mie spalle morbide con vestiti a scollo americano che voglio che si veda la rotondità della cuffia del rotatore e la vela che congiunge l’ascella al gomito ma no vela tipo vuota e rugosa che mia nonna ha una vela così che è più pelle che contenuto ed è pure bella ma la mia vela invece è piena di carne.

Il mio braccio a vela è bello e quando mia figlia ci dorme sopra e dentro ogni tanto mia figlia sussulta di paure di bambina o di entusiasmi di vita scalpitante appena iniziata che sussultando si solleva con sospiri di colibrì che su di me può atterrare e affondare adagio bagnarsi di serena calma di corpo di madre che mi sono fatta così madre per lei che così lei mentre dorme sorride si rincuora naviga a pelo d’acqua e se vuole si immerge come sole che si tuffa a mare

E le mie cosce e il mio culo il mio culo il mio culo

Amore che lo sai che c’ho un culo che fa provincia ma una provincia che è una poesia no quella industrializzata abusiva di amianto e malelingue una provincia che è periferia è dolcissimo pensiero laterale balsamo che svia che fugge che ci scivoli a fianco e torni a casa rigenerato di piccole gentilezze di buon vicinato di tapparelle abbassate di case su piano strada abitate da coppie appena sposate che la notte gemono e sudano lodando Dio e magari vivono vicino al porto che alla sera entra odore ventoso di mare e gelsomini.

Il mio corpo sempre sia lodato è performante come di atleta come di prostituta come di bracciante il mio corpo esiste. È pieno di azione e di sentire lo sento mentre fa senso mentre produce senso olio di oliva endorfine sperma lo ammiro lo accarezzo a volte quando siamo soli lo incoraggio con pacche leggere e amorevoli su enorme collo di giumenta io sono il mio animale il mio corpo fa cose

che mi procurano gioia o dolore mi fa grande felicità e fiducia nel mondo vero di cose toccabili che oggi o domani o un giorno questa gioia io la esporto io la traghetto verso terre di gioie non ancora emerse partorisco altri figli canto e scrivo per loro e per i loro amici adolescenti imbizzarriti con pori molto dilatati che così la pelle assorbe la vita più forte.

Valentina scrive a Vincent e lui ogni tanto le risponde.
la loro corrispondenza è intima e pubblica e compone una raccolta epistolare in fieri. Potete leggere tutte le lettere ( o soltanto una) su
Centritavola.

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Valentina Parlato
CENTRITAVOLA

Artist, mother, feminist. Currently busy with breastfeeding and writing.