Diario di letture brasiliane

cerchi nell’acqua (R)
Cerchi nell'acqua
Published in
5 min readApr 27, 2017

Di Pierluigi Manchia

Elaborazione grafica Cerchi nell’acqua

I. Il Brasile, un’isola?

Una zattera di pietra

In un romanzo pubblicato nel 1986, A jangada de pedra (La zattera di pietra), José Saramago immagina che la penisola iberica si separi dal resto del continente europeo e inizi un’inesorabile deriva sull'atlantico; Portogallo e Spagna uniti nella loro marginalità prima, e nella loro separazione dal resto d’Europa poi, si trovano all'improvviso a navigare insieme, come un’unica isola itinerante, una zattera di pietra appunto, verso destini sconosciuti. La storia è costruita a partire da una sovversione degli ordini geografici: ai piedi dei Pirenei si apre una lunghissima frattura che dilatandosi separa dal continente europeo la sua appendice iberica, permettendo così al lettore di vedere proprio questa appendice (una periferia) da una diversa prospettiva, di inquadrarla come un centro, un continente a sé.

La serie di articoli, recensioni e interviste intorno alla letteratura brasiliana contemporanea che inauguriamo con queste righe vorrebbe, in un certo senso, compiere la stessa sovversione degli ordini geografici (e in ultima analisi del senso comune) messa in atto dal premio Nobel portoghese: portare la nostra attenzione sul Brasile immaginandolo come una zattera di pietra, un’isola, e da questa nuova prospettiva apprezzare le caratteristiche del paesaggio letterario, chi scrive, cosa si scrive, come si scrive (ma naturalmente anche come e cosa si legge).

Dal punto di vista linguistico, il Brasile è già di per sé un’isola lusofona in mezzo al mare a maggioranza ispanofona dell’America Latina. Un’isola, certo, di dimensioni straordinarie: 23,000 km di frontiere, 8 milioni di km² di superficie, 26 stati federali e più di 200 milioni di abitanti. Quel che è certo è che la letteratura brasiliana di oggi si compone in un paesaggio tanto eterogeneo quanto il territorio nel quale sorge.

Chiaramente, pur tenendo in considerazione le proprietà di estensione ed eterogeneità dell’oggetto di studio, questa serie di testi dedicati alla letteratura brasiliana contemporanea non pretende di fornire un quadro esaustivo (disegnare una mappa dell’isola) ma suggerire un percorso di lettura che faccia tappa per alcune delle opere più interessanti scritte in Brasile negli ultimi anni (un diario di letture dunque, che contempli i diversi modi in cui “l’isola” si scrive e si legge), alcune delle quali già tradotte in Italia. Detto questo, per disegnare uno sfondo, dipingere un mare che circondi l’isola letteraria brasiliana, sarà bene definire il contesto in cui questa letteratura di oggi si fa.

Sfide

Regina Zilberman, docente dell’UFRGS (Universidade Federal do Rio Grande do Sul) di Porto Alegre, in un articolo pubblicato sul sito del Jornal Rascunho, segnala alcuni sintomi di quella che definisce una “condizione particolarmente favorevole” per la letteratura brasiliana contemporanea: l’aumento del numero delle pubblicazioni di autori nazionali e una conseguente diversificazione dei generi nei quali ogni autore decide di “manifestarsi”, la professionalizzazione dei mestieri creativi, la crescita del numero di concorsi e premi letterari (pubblici e privati), il sorgere di una piccola editoria che riempie le lacune lasciate dalle grandi case editrici (spesso di proprietà di un unico gruppo, come nel caso della Record che ingloba i cataloghi della Bertrand Brasil, José Olympio, Civilização Brasileira e Difel) dando spazio ad autori raramente considerati interessanti dalle grandi case come nel caso di scrittori emergenti o regionali.

Tuttavia, i diversi aspetti che rendono l’attuale condizione della letteratura in Brasile particolarmente propizia a crescite e metamorfosi non possono essere dati per scontato e, anzi, come ricorda la Zilberman poco più avanti nel suo testo: “Questi stessi aspetti — alcuni favorevoli; altri sfavorevoli — si presentano in qualità di sfide di fronte alle quali ogni scrittore, consacrato o aspirante che sia, deve mettersi in discussione, prendere posizione e poi, eventualmente, risolverne il contenuto alle volte enigmatico”.

Nel valutare la particolare “sfida” che riguarda la costruzione di un’identità personale degli autori, delle loro opere e dei loro stili (in ultima analisi dei loro modi di essere e fare letteratura) e il rapporto di ogni autore con il canone, la docente gaúcha parla positivamente delle nuove generazioni di scrittori brasiliani che sarebbero riuscite a produrre “innovazioni sostanziali, senza per questo smettere di rinnovarsi continuamente” e a tal proposito nomina alcuni degli autori (Hatoum, Laub, Ruffato, Carvalho) cui, tra gli altri, verranno dedicate le prossime puntate di questa rubrica di letture brasiliane.

Aqui e agora

Se, da un lato, le sfide di cui parla Regina Zilberman appaiono come degli imperativi fondamentali per la sopravvivenza degli autori in quanto tali in questo momento così propizio per la letteratura brasiliana contemporanea, dall'altro, altrettante sfide si presentano come fondamentali e urgenti agli occhi di chi fa, o vuole fare, letteratura (in tutte le sue forme); sono, queste ultime, le sfide che l’autore deve affrontare non in quanto scrittore, ingranaggio della macchina letteraria, ma in quanto individuo inserito nel suo contesto sociale e nazionale che fa esperienza quotidiana delle contraddizioni che informano il suo aqui e agora, contraddizioni che non sono altro che il patrimonio ereditario di secoli di colonizzazione, di schiavitù (e le conseguenti condizioni attuali e storiche di gran parte della popolazione di afrodiscendenti e delle minoranze etniche indigene), di decenni di dittature civili e militari, e di un presente di intensa crisi. Nel tracciare un profilo della letteratura brasiliana contemporanea, seppur sotto forma di diario di lettura, allora non si possono trascurare neanche queste sfide dello scrittore come individuo e cittadino del proprio tempo, che vuole costruirsi attraverso la letteratura un senso, un’identità.

Fiera del libro di Francoforte 2013

«Cosa significa essere scrittore in un paese alla periferia del mondo, un luogo in cui l’espressione capitalismo selvaggio non ha, in definitiva, nulla di metaforico? Per me, la scrittura è impegno.», così Luiz Ruffato, scrittore mineiro, abbracciando le sfide enumerate sopra, apre nel 2013 il suo discorso alla Fiera del libro di Francoforte (occasione in cui proprio il Brasile era presente in quanto paese omaggiato), e sembra coerente, dunque, concludere questa breve introduzione proprio con le sue parole e con l’interrogativo-guida che pongono:

Ora il Brasile si presenta come una regione esotica, di spiagge paradisiache, foreste edeniche, carnevale, capoeira e calcio; ora come un luogo esecrabile, di violenza urbana, sfruttamento e prostituzione infantile, disprezzo dei diritti umani e sdegno della natura. Ora celebrato come uno dei paesi più preparati per occupare un posto da protagonista nel mondo — vaste risorse naturali, agricoltura, allevamento e industrie di diverso genere, enorme potenziale di crescita di produzione e consumo; ora destinato a un eterno ruolo secondario, da fornitore di materie prime e prodotti fabbricati con manodopera a basso costo, per mancanza di competenza nella gestione della propria ricchezza.

[…] Ritorno, quindi, alla domanda iniziale: cosa significa abitare in questa regione situata alla periferia del mondo, scrivere in portoghese per lettori quasi inesistenti, lottare, infine, tutti i giorni, per costruire, in mezzo alle avversità, un senso per la vita?

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