El Boliche: nuova narrativa argentina

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Cerchi nell'acqua
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4 min readNov 18, 2017

di Alessandro Obinu

Una ragione particolare della nascita di questo spazio dedicato alla nuova narrativa argentina non esiste. Non esiste al di là del mero piacere, lo stesso che si sente nel frequentare, appunto, un Boliche. E, come in un Boliche, dovrà essere crocevia di racconti. E si avrà la pigrizia necessaria per essere distanti dalla benché minima pretesa didattica. E ancor meno dall’intenzione di antologizzare quel qualcuno sicuramente meglio di quel qualcun altro di cui non si parlerà. Perché a questo spazio, in fondo, si chiederà solamente di essere racconto esso stesso.

La RAE riporta la seguente definizione: «Establecimineto comercial o industrial de poca importancia, especialmente el que se dedica al despacho y consumo de bebidas y comestibles.»

Episodio 1: Nessuno sarà innocente

Lo negro, al final, es la sociedad

Martín stira il braccio per fermare il taxi che si avvicina. Viene studiato dal conducente che alla vista dei suoi capelli biondi, gli occhi chiari e una maglietta bianca si tranquillizza. Percorrono una Buenos Aires che pian piano abbandona i colori dell’imbrunire per sprofondare nella notte. Il tassista lo guarda dallo specchietto retrovisore mentre la radio commenta la notizia di un sequestro a Lugano. Negri di merda dice tenendo il volante con entrambe le mani. E Martín annuisce. Subito è il turno della droga, della maledetta droga e dell’insicurezza della gente di fronte alla violenza imperante che domina ormai Buenos Aires. E la polizia, come afferma la radio, ha le mani legate, non può far nulla. La colpa, dice il tassista, è di quelle vecchie puttane col vizio dei diritti umani. È loro la colpa, perché coi militari tutto ciò non accadeva. Martín è stanco, annuisce controvoglia. Vorrebbe una birra.

Nell’abitacolo di un taxi fermato tra i tanti in circolazione a Buenos Aires è condensata buona parte della scrittura di Kike Ferrari. 50 Pesos è il titolo del racconto.

Kike Ferrari (Alejandro Guyot / La Nacion)

Io sono un onesto lavoratore, non un delinquente difeso da quelle vecchie lì dice il tassista. Martín non è interessato a nulla, né dai diritti umani né dai criminali. Dal finestrino intravede una prostituta peruviana e sì, ora ci starebbe proprio una di quelle. La colpa è loro pensa Martín, dei peruviani, colombiani, paraguaiani, che hanno portato il paco e ci rubano il lavoro. Il tassista ha la soluzione per una società giusta e ordinata. A Martín interessano pochi soldi, quelli necessari per una birra fresca e una puttana. Una calibro 45 e l’uomo alla guida cambia registro: Pensaci ragazzo, dice. Sono un lavoratore, insiste. Ho famiglia, aggiunge. Dodici ore al giorno qui dentro, si lamenta. Ho cinquanta pesos ragazzo, te li do, se è per questo te li do. Pensaci, ripete.

Il passeggero Martín, figura che poteva essere schierata per far fronte a un tassista fin da subito chiaro nel suo pensiero, si svela invece un egoista. È disinteressato da qualsiasi problematica sociale e ancor più politico ideologica. È una birra che vuole, e una donna senza volto, nient’altro. Desideri che solo il denaro può appagare. Non c’è nessun fine nella sua mano di assassino se non la ricerca di una effimera soddisfazione personale, dando, col suo gesto finale, una certa ragione al tassista che intravede il ritorno alla dittatura militare per una pulizia delle strade. Martín è la resa al capitalismo, all’organizzazione collettiva. Tutto per soli 50 pesos, il prezzo di una vita e di un bicchiere.

Nell’abitacolo del taxi Kike Ferrari non fa sedere nessun eroe capace di infondere speranza.

Nel noir spesso non c’è enigma da sciogliere con l’ausilio della ratio, il mito del mistero si sgretola velocemente. Così il crimine viene gettato in faccia come una normale sfaccettatura della società e delle sue insite relazioni. Un circostante oramai in disfacimento in cui nessuno ha più il suo posto. Lo ha solo il denaro, che governa ogni agire. E in una contemporaneità marcata dal binomio necessità-mercato, desiderio-mercato, felicità-mercato, c’è un prezzo esposto che Ferrari attribuisce in 50 pesos, che chiunque si può trovare nella condizione egoistica di volerli ottenere e spendere per una birra e una donna qualsiasi. Perché nessuno è innocente, ci ricorda.

50 Pesos è un racconto incluso nel volume Nadie es inocente (Lapsus Calami, 2014) ma che, come precisa l’autore, comparve anni prima in una piccola casa editrice di Buenos Aires. E così per gli altri, diciotto racconti circolati nell’arco di vari anni e ora insieme. Alcuni, Ese nombre, Este infierno de mierda, Blanco artificial, sono stati premiati in tre edizioni della Semana Negra di Gijón (2010, 2011, 2013).

Kike Ferrari nasce il 14 luglio del 1972 a Buenos Aires. Elettricista, panettiere, tassista, venditore di assicurazioni e di cellulari, oggi addetto alle pulizie della metropolitana: “El menemismo, para los que crecismos en los 90, nos transformó en una máquina todo terreno en la que no nos destacamos en nada pero podemos laburar de todo” dice in un’intervista. Fra le sue svariate occupazioni, nel 2004 pubblica il romanzo Operación Bukowski (Mondragón, Buenos Aires); nel 2008 il libro di racconti Entonces sólo la noche (El 8vo Loco, Buenos Aires), terzo posto al Premio del Fondo Nacional de las artes; nel 2009 esce Lo que no fue, che ottiene il riconoscimento dalla Casa de las Américas. Nel 2011 Que de lejos parecen moscas (Amargord, Madrid 2011), tradotta al francese (De loin on dirait des mouches, Moisson Rouge, Paris, 2012) e finalista del Grand Prix de Littérture Policière, e all’italiano (Che da lontano sembrano, mosche, Pensa Multimedia, 2016).

E ancora: sono un lavoratore, non uccidermi per cinquanta pesos, per favore. O vale cinquanta pesos la mia vita?

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