Master of None, o della necessità di compiere una scelta

cerchi nell’acqua (R)
Cerchi nell'acqua
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7 min readJan 26, 2018

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di Sarah Palumbo

Paolo Monti, Modena, 1973 (via)

Modena, una mattina come tante. Le campane rintoccano, mentre sullo schermo compare la scritta The Thief; la scena cambia, e la telecamera inquadra l’interno di una stanza, un letto, un comodino, alcuni libri, una sveglia che suona e una pila di DVD di cui leggiamo i titoli: Ladri di Biciclette, La Notte, La Dolce Vita, 8½, Amarcord, L’Avventura. Questo il modo in cui il comico e sceneggiatore Aziz Ansari decide di aprire la seconda stagione di Master of None, la serie Netflix da lui ideata insieme ad Alan Yang; questo il primo di tanti tributi che Ansari dedica al cinema italiano nel corso delle puntate. L’intero episodio, l’unico in bianco e nero e girato quasi interamente in italiano, è infatti scritto sulla falsa riga di Ladri di Biciclette (1948): Dev Shah, il giovane newyorkese interpretato dallo stesso Ansari, viene derubato del cellulare e con esso del numero di una ragazza conosciuta poche ore prima. Il legame tra Ladri di Biciclette e The Thief (“Il Ladro”) è evidente, come evidente è la volontà di mostrare la sostanziale differenza tra i bisogni primari del secondo dopoguerra e quelli di oggi: se il protagonista del film del 1948 si lanciava alla ricerca dell’unica fonte di sostentamento per lui e per la sua famiglia, Dev indaga per ritrovare lo smartphone di ultima generazione, o meglio, il numero in esso contenuto; ciò di cui il protagonista ha bisogno è, in altre parole, la possibilità di legarsi a quella ragazza appena conosciuta. Dirà infatti alla sua amica Francesca: «Non avevo quel tipo di intesa con una ragazza da molto tempo, e non se ne farà niente per uno stupido motivo». Dev esprime la necessità di trovare qualcuno con cui condividere un legame, una connessione; un bisogno che sfocia in una ricerca spasmodica della persona giusta che possa finalmente renderlo felice.

La seconda stagione di Master of None è quindi la sostanziale manifestazione del malessere esistenziale di Dev, un eterno «scontento di se stesso» (citando La Dolce Vita), emblema perfetto di quanto sia difficile diventare adulti oggi. Aziz Ansari con scanzonata leggerezza mette in scena la propria quotidianità, proponendo al pubblico la vita piena e vuota di un trentenne newyorchese e di un’intera generazione. Ansie, dubbi, momenti di svago e di riflessione scorrono davanti agli occhi dello spettatore, mentre vengono trattati temi attuali quali razzismo, religione e abusi sessuali.
Ansari sceglie per se stesso un alter ego incapace di prendere qualsiasi decisione senza prima googlare tutte le opzioni; è un aspirante attore ma conduce un programma televisivo dal titolo Clash of the Cupcakes (“Scontro tra Cupcake”); ha molti amici con i quali trascorrere le proprie serate, ma quando la porta di casa si richiude alle sue spalle non può fare a meno di lasciar trasparire una scontentezza cronica. L’espressione delusa di Dev è la costante di ogni attimo passato alla ricerca di una compagna con cui condividere la vita; ad aiutarlo nella sua quête è un’app di incontri, che gli consente nell’episodio First Date (“Primo Appuntamento”) di dar vita al suo personalissimo harem, composto da donne eccentriche e completamente diverse tra loro, proprio come l’harem di Guido (Marcello Mastroianni) in . Fellini qui delinea, in uno dei tanti momenti onirici della pellicola, il luogo in cui il protagonista raccoglie le donne più importanti della sua vita: la moglie, l’amante, l’amica fidata, le attrici dei suoi film, le ballerine di cabaret, le figure femminili della sua infanzia. Nessuna di loro sembra tuttavia in grado di salvarlo dalla sua disperazione; unica speranza è la «ragazza della fonte», Claudia (Claudia Cardinale), musa e guida nella sua crisi esistenziale e artistica. Parlando di lei Guido la descrive «bellissima, giovane e antica, bambina e già donna, autentica, solare! Non c’è dubbio che sia lei la sua salvezza…». E anche Dev incontra la sua «ragazza della fonte», Francesca (Alessandra Mastronardi), amica di Modena che sporadicamente fa capolino a New York e nella sua vita. Gli episodi in cui trascorrono insieme le loro giornate, i più densi di riferimenti al cinema italiano, sono diretti dallo stesso Ansari. Nel primo, The Dinner Party (La cena), dopo aver passato una piacevole serata insieme, i due amici salgono sullo stesso taxi per tornare a casa. Appena Francesca scende dalla macchina la scena continua riprendendo Dev, ormai solo, per più di tre minuti senza nessuna interruzione, mentre guarda davanti a sé o fuori dal finestrino con un’espressione che sembra esprimere stancamente la sua solitudine.

Peppino Di Capri accompagna il trailer della seconda stagione di Master of None

Con Francesca, Dev sente finalmente di essere se stesso, di poter dire la verità, ma la sua musa è impegnata, fidanzata con Pino (Riccardo Scamarcio) e prossima a sposarlo. Il triangolo amoroso rimanda la nostra memoria ancora una volta ai film sul comodino nella casa modenese di Dev: sembra infatti di rivivere lo struggimento dei protagonisti dei capolavori in cui Antonioni sviscerava il tema dell’incomunicabilità. L’affinità tra Dev e Francesca è evidente, ma i loro sentimenti non possono essere manifestati. Quando accade, la magia si spezza, e Francesca si ritrova inevitabilmente davanti ad una scelta da prendere. Tra lei e Pino si alza il muro del silenzio: quando lui, vedendola turbata, le chiede spiegazioni, lei non fa che rispondere «Niente… Non lo so. Pino, non lo so. Non mi va di parlarne, non così, non adesso. Non è successo niente». E poco dopo dirà a Dev «Sto ancora cercando di capire cosa penso, cosa voglio», facendo eco alle parole pronunciate da Claudia (Monica Vitti) in L’Avventura: «Io vorrei essere lucida, avere le idee veramente chiare! E invece…». Durante la stessa conversazione, Francesca continua: «Vuoi che ti spieghi che non è facile mettere in una scatola la tua vita e gettarla via?», riproponendo il dilemma che Guido (Marcello Mastroianni) aveva condiviso con Claudia (Claudia Cardinale): “Tu saresti capace di piantare tutto e ricominciare la vita da capo?».

Modena, Via Carteria (Wikimedia Commons)

Francesca non sa scegliere come la maggior parte dei suoi coetanei, incluso Dev che è totalmente incapace di prendere una decisione senza essere divorato dalle incertezze; «vuole prendere tutto, arraffare tutto, non sa rinunciare a niente; cambia strada ogni giorno perché ha paura di perdere quella giusta, e sta morendo, come dissanguato» (). A questo riguardo l’epifania per Dev arriva nell’ultimo episodio della prima stagione, leggendo The Bell Jall (La campana di vetro) di Sylvia Plath. Le sue parole sono capaci di descrivere la crisi esistenziale di cui Master of None si fa manifesto: lo stallo di un’intera generazione che, davanti alle infinite possibilità e all’inevitabilità della vita adulta, oscilla tra solitudine e incertezza; capace in tutto, maestra in niente.

Vidi la mia vita diramarsi davanti a me come il verde albero di fico del racconto.
Dalla punta di ciascun ramo occhieggiava e ammiccava, come un bel fico maturo, un futuro meraviglioso. Un fico rappresentava un marito e dei figli e una vita domestica felice, un altro fico rappresentava la famosa poetessa, un altro la brillante accademica, un altro ancora era Esther Greenwood, direttrice di una prestigiosa rivista, un altro era l’Europa e l’Africa e il Sudamerica, un altro fico era Costantin, Socrate, Attila e tutta una schiera di amanti dai nomi bizzarri e dai mestieri anticonvenzionali, un altro fico era la campionessa olimpionica di vela, e dietro e al di sopra di questi fichi ce n’erano molti altri che non riuscivo a distinguere.
E vidi me stessa seduta alla biforcazione dell’albero, che morivo di fame per non saper decidere quale fico cogliere. Li desideravo tutti allo stesso modo, ma sceglierne uno significava rinunciare per sempre a tutti gli altri, e mentre me ne stavo lì, incapace di decidere, i fichi incominciarono ad avvizzire e annerire, finché uno dopo l’altro si spiaccicarono a terra ai miei piedi.

I saw my life branching out before me like the green fig tree in the story.
From the tip of every branch, like a fat purple fig, a wonderful future beckoned and winked. One fig was a husband and a happy home and children, and another fig was a famous poet and another fig was a brilliant professor, and another fig was Ee Gee, the amazing editor, and another fig was Europe and Africa and South America, and another fig was Constantin and Socrates and Attila and a pack of other lovers with queer names and off-beat professions, and another fig was an Olympic lady crew champion, and beyond and above these figs were many more figs I couldn’t quite make out.
I saw myself sitting in the crotch of this fig tree, starving to death, just because I couldn’t make up my mind which of the figs I would choose. I wanted each and every one of them, but choosing one meant losing all the rest, and, as I sat there, unable to decide, the figs began to wrinkle and go black, and, one by one, they plopped to the ground at my feet.

Opere citate:

Michelangelo Antonioni (1961), La Notte
Michelangelo Antonioni (1960), L’Avventura
Aziz Ansari, Alan Yang (2015 — in corso), Master of None
Vittorio De Sica (1948), Ladri di Biciclette
Federico Fellini (1960), La Dolce Vita
Federico Fellini (1963),
Federico Fellini (1973), Amarcord
Sylvia Plath, The Bell Jall (1976), Norwich, Jarrold & Sons Ltd
Sylvia Plath, La Campana di Vetro (2000) (traduzione di Adriana Bottini), Milano, Mondadori

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