Franca Viola e il primo NO al matrimonio riparatore

Chayn Italia
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3 min readMar 21, 2016

di Enrica

“Per i delitti preveduti dal capo primo e dall’ articolo 530, il matrimonio, che l’autore del reato contragga con la persona offesa, estingue il reato, anche riguardo a coloro che sono concorsi nel reato medesimo; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali”.

Residuo del Codice Rocco di epoca fascista il matrimonio riparatore era un dispositivo di potere di una società patriarcale in cui lo stupro era considerato offesa contro la morale, e non reato contro la persona, dal quale il reo poteva liberarsi sposando la donna violentata.

Aveva 17 anni Franca Viola quando fu rapita. Filippo Melodia, un mafioso locale, insieme a un gruppo di complici, la rapì ad Alcamo, in provincia di Trapani. La violentò, la tenne segregata per una settimana.

La legge permetteva al giovane rampollo di famiglia mafiosa di estinguere il reato ed evitare la pena sposando la ragazza.
Franca non era vista come una vittima di stupro, ma come una “disonorata” che poteva riacquistare la dignità perduta solo accettando il matrimonio con il suo carnefice.

Non era necessario che la donna violentata portasse con se una dote per il matrimonio riparatore, tutte le spese erano a carico dell’uomo. Lui le aveva sottratto “l’onore”, lui si accollava l’onere di restituirglielo con il matrimonio.

Era legge e consuetudine. In una società patriarcale in cui la donna era considerata oggetto di proprietà prima del padre e poi del marito, comunque sempre di un uomo, era scontato acconsentire al matrimonio riparatore. Lo dicevano la legge, la morale, la società, quella che avrebbe additato Franca Viola come disonorata, come donna non più vergine e quindi condannata a essere zitella, alla marginalità, se non avesse accettato il matrimonio.

Filippo Melodia, il rapitore e stupratore di Franca Viola, contatta la famiglia della ragazza per metterla dinanzi al fatto compiuto e stabilire un accordo. Il padre e la madre di Franca fingono di acconsentire per poi sostenere la scelta della figlia.

Franca Viola dirà di no al matrimonio riparatore.

Nella Sicilia del 1965 per la prima volta nella storia una ragazza di 17 anni dirà di no.

E la società dell’epoca fece fatica ad accettare il suo no, perché era inaspettato, ribelle, radicale.

Durante il processo venne screditata, di lei dissero che fosse consenziente. E come lei, tante donne dopo di lei, ancora oggi quando denunciano uno stupro si sentono dire le stesse cose.

Ma il rifiuto di Franca Viola generò una frattura nel sistema patriarcale, sollevò un polverone, rese evidente una realtà terribile e mostrò l’alternativa. Così il gesto di Franca Viola ispirò altre donne. Diede il via a una serie di rifiuti, che diventarono sempre più numerosi e che giunsero, con un vergognoso ritardo, alla legge del 1981 che cancellò il matrimonio riparatore dell’ordinamento giuridico italiano.

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