Troppo porno?

Collage Mag
Collage Mag
Published in
5 min readOct 25, 2017
Joseph Gordon-Levitt in "Don Jon" (2013)

Negli ultimi tempi mi è capitato di veder spuntare come funghi articoli che, in corrispondenza di grandi eventi o particolari situazioni, fanno notare come il traffico nei principali siti porno tenda a diminuire: la presentazione dell’iPhone X ha fatto calare il traffico su Pornhub; Mayweather che le
suona a McGregor tira più di Johnny Sins e le sue sempre più improbabili carriere; il finale di Game of Thrones batte Nicole Aniston, nonostante Daenerys mostri decisamente meno pelle. Per non parlare dello schizzare in alto (sì, pun intended) delle ricerche sulle golden showers in seguito alla
notizia del presunto “pee-pee tape” di Donald Trump.

Detto così, sembra che il mondo passi il tempo a guardare "zozzerie" e si distragga solo quando è davvero necessario farlo.

C’è da domandarsi se, agli albori di Internet, i pionieri del World Wide Web si chiesero se qualcuno avrebbe mai utilizzato la rete per scopi diciamo, non propriamente alti: probabilmente no, ma forse non avevano neanche previsto le storie su Instagram e le foto dei gattini.

La verità è che Internet ha iniziato una rivoluzione culturale che ha cambiato la fruizione dei contenuti in maniera così significativa da formare un vero e proprio spartiacque, e questo si è riflettuto anche sulla pornografia: da scandalosa, ignobile e sostanzialmente immorale (ricordiamoci le reazioni a film come Gola Profonda), ha infine trovato un posto nella società, quasi sostituendo l’educazione al sesso per un’intera generazione.
Api e fiori vengono spazzati via da Bangbros e compagnia bella.
Un genitore che tenti di spiegare un argomento delicato come la sessualità potrebbe trovarsi di fronte ad un figlio o una figlia che ne sa già più di lui.

Le nuove carriere da Influencer/Instamodel hanno sdoganato l’utilizzo del corpo per raggiungere la fama (femminile quanto maschile) senza passare attraverso terzi, la viralità spinge i contenuti e li diffonde a macchia d’olio, e infine i servizi di streaming digitale si adeguano ad un formato che il porno ha già compreso e perfezionato da anni.

Quindi tutto bene?

C’è un bel film con Joseph Gordon Lewitt (che l’ha anche diretto e interpretato) intitolato Don Jon, in cui il moderno Don Giovanni del titolo è un tamarro fissato con poche cose nella vita, e tra esse c’è la pornografia, che rappresenta per lui l’unico vero sfogo e motivo di piacere dell'intera giornata.
Ah, nella storia, è fidanzato con una ragazza di nome Barbara, interpretata da Scarlett Johansson.

Don Jon vive le sue relazioni (occasionali e stabili) con interesse, ma quando si arriva a letto le aspettative distorte che la pornografia gli ha inculcato gli impediscono di godere dell’esperienza: il protagonista arriva infatti puntualmente a fare un veloce check delle caratteristiche della ragazza in questione, paragonandole alle doti per lui molto più intriganti delle attrici hard. Ogni volta, il porno vince sul sesso reale.

Il film è molto divertente, si perde un po' sul finale, ma porta un messaggio potente: non riuscire più a distinguere tra pornografia e vita sessuale sana, e perdere così di vista la realtà, è molto più facile di quel che sembra.
Questo non significa che basta iniziare a masturbarsi su Internet per diventare dei misantropi sessualmente inibiti dalle esperienze reali, ma è anche vero che la quantità di materiale presente sulla rete è spaventosamente maggiore di quello che i nostri genitori avrebbero potuto trovare sui giornali nascosti nello scaffale più alto dell’edicola.

Dovesse accadere di entrare nella ‘spirale Don Jon’, le relazioni inevitabilmente si sgretolerebbero sotto il peso di un avversario contro il quale non c'è gara: come ogni dipendenza, il corpo e la mente iniziano a tollerare la ‘dose’ precedente, esigendo sempre di più.
Tu che stai leggendo: ti ricordi per caso che tipo di stimolo fosse necessario le prime volte che praticavi autoerotismo? E invece ora?

Sembra un discorso apocalittico, ma è ben più che una realtà.
Esistono infatti, ovviamente sempre su Internet (casa ormai di tutto e il contrario di tutto), community di persone, di qualunque età, estrazione sociale e colore della pelle, anche se tendenzialmente uomini, che hanno riconosciuto di avere un problema, e hanno semplicemente detto addio all’autoerotismo: si tratta dei cosiddetti NoFappers.
Esiste addirittura un sito apposta per le emergenze, con pulsanti che mostrano immagini motivazionali casomai il novello NoFapper si dovesse trovare in procinto di ricadere nella routine (spesso, chi decide di smettere
ammette di masturbarsi semplicemente per noia): molte di queste persone fanno riferimento a valori religiosi, e infatti il sito ha due versioni, una approvata da Gesù con immagini cristiane e un’altra sostanzialmente atea; senza contare le varie discussioni su Reddit, con testimonianze che sono a tratti comiche, a tratti rivelano un vero e proprio problema, radicato in insicurezze e depressione.

Alienati, senza alcun tipo di stimolo verso l’altro sesso, i NoFappers incolpano la mole di materiale pornografico e le aspettative non realistiche che esse rappresentano come principale causa della loro incapacità di vivere una sessualità serena e appagante, e vedono nell’astinenza (badate bene, solo
per quanto riguarda la masturbazione) l’unica soluzione.

Facendo due conti, come tutte le cose, la verità potrebbe trovarsi nel mezzo: mentre è innegabile che un’esposizione costante e deviante alla pornografia possa contribuire alla creazione di una realtà distorta, è altrettanto vero che un completo rinnegare di pulsioni che fanno parte del nostro inconscio e della nostra natura potrebbe essere controproducente.

Forse il vero problema, tra le altre cose applicabile non solo a questo campo, non è il porno in sé, ma la possibilità di accedere illimitatamente a qualunque (QUALUNQUE) tipo di materiale erotico, specie senza una guida o un codice di comportamento.

E se, nel futuro, ci fossero corsi di educazione all’autoerotismo?

*****

Questo pezzo è stato scritto da una persona che ha preferito rimanere anonima. Se anche tu vuoi scrivere un pezzo per Collage Mag, mettendoci o meno la faccia, scrivi una mail a redazionecollagemag@gmail.com oppure contattaci attraverso la nostra pagina Facebook.

--

--