Artwork di Roberto Perrino

Biopsy O Boutique

Biopsy O Boutique (EP)

Lorenzo Valè
Published in
3 min readJan 26, 2020

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I primi vent’anni di questo millennio hanno spazzato via con decisione e convinzione i cliché sulla vecchia musica.

Comporre un disco, se non un brano ‘Rock’ (mi si passi il termine ormai anziano e démodé) vuol dire avere una buona dose di coraggio ed una discreta noncuranza. Decenni di ricerca sonora, innovazione compositiva, trasgressione di genere, vengono messi da parte da chi ancora ciecamente rimane legato all’immaginario mistico del delta.

Biopsy O Boutique è un progetto che nasce da un’esigenza molto forte di sensazioni primitive. Un ritmo tribale che adopera visioni ben riconoscibili in epoche che sembrano ormai lontane, ma che per la new age musicale a volte non significano granché. Basso e batteria incollati l’uno all’altra, avanti dritti e convinti; chitarre che tra un riff proprio come te lo aspetti (o lo vuoi?) e assoli acidi quanto basta ricordano un Dave Navarro che si veste bene; una voce che riempie il tutto con timbri tantrici e un controllo totale sulla situazione. Fin qui tutto bene.

Il video di Rats, girato da Marco Billo

L’EP omonimo apre con una strizzatina d’occhio al mondo dello Stoner da classifica (vedi QOTSA e compagnia) con il brano Who’s Bob? Salta all’orecchio subito che il lavoro è ben fatto: un mixato davvero sapiente da parte di Davide Venco che ha in mano il materiale registrato in quello che era il grande fascino de Il Teatro delle Voci (TV). Un’apertura d’impatto, semplice e diretta, senza fronzoli. Dinamiche intuitive e pulite e un cantato di grande maturità che si presenta subito come la cosa più interessante del tutto.

Si passa a Nun Fausta, blues ipnotico che pesca a piene mani dagli anni che furono, ma incontra anche gusti più moderni e richiami Nu Metal raffinati. Ci si aspetta un po’ di follia in più, pare tutto un po’ troppo controllato ed incorniciato all’interno di una struttura canzone che forse si addice poco all’enfasi emozionale. Un pezzo di taglio, di transizione per arrivare al singolo del disco.

Rats, dato al digitale nel novembre del 2019, è una marcia funebre di fuzz e grancassa. Qui semplicità compositiva e struttura canonica fanno il bene di un pezzo che, edonisticamente parlando, fa il suo sporco lavoro. Il brano funziona e scorre pulito. Decisamente adatto nella pesca al singolo.

Passata la prima metà dell’EP l’atmosfera cambia un po’. I ragazzi paiono più confidenti e meno preoccupati di reggere il gioco del ‘tutti insieme appassionatamente’. Si apprezza la tracklist ragionata, che fa procedere il lavoro come fosse l’ascolto di un live. A Nocturnal Mesmerize e Derma Squeeze Dossier aprono l’orizzonte ad ambienti sognanti e frenetici che salgono e scendono guidati dal mantra vocale che come un capo indiano sembra preparare i suoi alla battaglia. Basso e batteria si scollano un po’ per darsi spazio e poi ritrovarsi, dopo aver flirtato con la chitarra. Quest’ultima è galvanizzata da un mix che la appoggia precisamente in mezzo al tutto esaltandone acidità e freschezza. Riff e strutture abbandonano per un po’ le progressioni classiche dell’electro-blues per divertirsi a creare temi che voce e chitarra inseguono assieme.

Biopsy O Boutique sono, da sinistra: Daniele Perrino (voce), Nicolo’ Apolloni (chitarra), Michele Lavarda (basso), Alessandro Lupatin (batteria)

La chiusura ricama un blues contaminato da accenni jazzati, e un’intenzione alla Nick Cave ben sintetizzata e colta con gusto. Filters For Pigeons pare essere già distante dall’idea che apriva il disco e che è non più lontana di cinque brani fa. C’è un po’ di scanzonamento e questo non può che essere utile nel togliere un po’ di polvere che in qualche momento rischia di depositarsi qua e là lungo l’ascolto. 08:10 leggeri e piacevoli, perfetti per il tema di chiusura di un bel film pieno di cattivi.

La sensazione finale, dopo l’ascolto di questo lavoro d’esordio dei Biopsy O Boutique, è quella di avere a che fare con quattro musicisti navigati e più che competenti che hanno unito le forze per dare vita ad un’idea antica di interiorità musicale e di groove sciamanico. Nel panorama musicale odierno è davvero complesso proporre un registrato come questo, ma il gioco regge e spinge a volerne ascoltare ancora. L’auspicio è quello di un nuovo lavoro potente e ben costruito come questo, magari arricchito da una ricerca compositiva più ingenua e maliziosa.

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