Intervista ai Deneb

Tra strumentale, post rock e jam session

Isacco Zuffellato
Collettivo Zero
5 min readFeb 13, 2019

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Marco, Giulio, Riccardo e Alessandro. I Deneb.

Abbiamo deciso di trovarci in un sabato di inizio febbraio: ovviamente piove.
Siamo in un piccolo bar della provincia vicentina, qualche spritz e qualche “spunciotto”.
Una premessa d’obbligo per introdurre i Deneb: quattro persone alla mano a cui piace creare un prodotto che nel panorama musicale locale (e non) difficilmente si trova.

Strumentale

È forse una parola che non rende abbastanza giustizia al gruppo, ma che sicuramente getta le basi per comprendere quello che è il loro linguaggio musicale.

-In realtà non siamo partiti da subito con l’idea di creare un gruppo strumentale. La cosa si è sviluppata da sè col tempo, ma alla fine questa strada ci ha convinto- mi dice Marco Meggiolaro davanti a un Chianti -Inizialmente volevamo soltanto fare qualcosa di diverso, sentivamo l’esigenza di sperimentare un po’. Eravamo tentati di far entrare una voce ma ci serviva qualcosa di non troppo invasivo, se consideriamo il fatto che la parte strumentale si trova in primo piano. Poi, nascendo tutto dalle jam session abbiamo cominciato a dare un occhio di riguardo più alla parte compositiva che a quella lirica-.

Giulio Grazian, il bassista, puntualizza:
-La voce avrebbe avuto un ruolo d’importanza pari a quella di uno degli altri strumenti. Niente di invasivo. Ne abbiamo provate un po’, ma la base richiedeva spazio.
Per il resto, come diceva Marco, abbiamo cominciato provando con delle mini jam session e la cosa ci ha portati ad avere un’amalgama di suoni che ci è piaciuta-.

Il gruppo è nato nel 2014. Si riconosce nel macro-genere del post-rock ma le influenze sono tante, si sente. La particolarità del gruppo sta anche nelle origini musicali dei componenti, diverse tra loro.
La formazione attuale si è consolidata dopo qualche partenza.

Alessandro Tozzi, una delle due chitarre:
-Sono arrivato un po’ dopo, in sostituzione del chitarrista precedente che è partito per studiare all’estero. Il gruppo cercava un nuovo elemento e un’amica in comune ci ha presentati.
Il post-rock è sempre stato tra i miei generi preferiti, partendo sicuramente dai
Sigur Ros. La cosa che mi prende di più di questo genere è il protagonismo delle sonorità: puoi chiudere gli occhi e ritrovarti in un’atmosfera eterea, la musica ti parla di più che una voce.
L’aggiunta di una quest’ultima richiederebbe dei nuovi pezzi creati ad hoc-.

Sigur Ros, ma anche Mogwai, Russian Circles, Caspian e altre influenze ancora. Un pentolone di gruppi da cui attingere il meglio delle ispirazioni in circolazione. Il lavoro di sperimentazione personale però, a quanto pare, cura un buon 70%.

Continuiamo a bere e continuiamo la discussione: -La mente umana funziona per categorie, e per essere più intelleggibili per un possibile ascoltatore ci presentiamo in questo genere- svela Riccardo Frigo, altra chitarra ed ex membro degli inverno.

Demo

Il primo lavoro del gruppo porta questo nome. Un piccolo EP di due brani, entrambi fatti nascere con l’aiuto di Soundoors di Santorso e con vinelli e meringhe (ma queste sono altre storie).

Giulio -Demo è stata quasi una prova, una prima registrazione.
I brani di Demo sono praticamente nati contemporaneamente a una buona parte di quelli di Broken patterns -.

Ocean è il primo brano fruibile e contenuto in Demo.

Riccardo fa chiarezza: -Abbiamo avuto la possibilità di registrare grazie a Soundoors che dava la possibilità di registrare gratuitamente 2 brani e abbiamo approfittato di questo. Lì abbiamo conosciuto “Bebo”, che lavorava già coi Dankalia.
Concludendo, per noi è stata davvero una bellissima esperienza.-

Broken patterns

Il tempo di mettere in pausa la registrazione, di prendere del Campari e del vino rosso e ricominciamo a parlare. L’uscita è di fine dicembre: Broken patterns.
Cinque pezzi assolutamente fighi. Il nome spiega già molte cose…

-Il nome descrive un po’ il nostro essere, che poi è lo stesso concetto dei nostri brani. Parla della nostra eterogeneità: dei modelli ripetitivi che ognuno di noi ha e che si fondono tra loro ogni volta in cui suoniamo assieme- afferma Marco -Si possono rompere e fondere cambiando forma in continuazione-.

Giulio: -Aggiungerei anche un’altra cosa: il significato del titolo lo si può cercare anche solo all’interno delle varie atmosfere dei pezzi. I “pattern” sono anche identificabili nei vari stati d’animo che si possono trovare in un solo brano. Una moltitudine di frammenti differenti che convogliano in un’unica traccia.-

Un disco molto piacevole e assolutamente non scontato che, infatti, sviluppa diversi significati.

Marco: -Questo è in poche parole il disco, ma voglio fermarmi un attimo su Red Curtain falls che è un pezzo particolare.
Ci siamo ispirati ai fatti del Bataclan del 13 novembre 2015, che poi non è altro che la scintilla che ci ha portati in un clima di paura perpetuo. La notizia ci colpì molto, ci fece riflettere-.

-Abbiamo deciso di descrivere con gli strumenti le varie emozioni contrastanti- continua Riccardo -dal sentimento di spensieratezza iniziale all’ansia improvvisa, facendoci aiutare dai diversi modi di suonare il nostro strumento, le diverse elaborazioni compositive su quel tema-.

Ultimi sorsi

Dilungandoci tra una cosa e l’altra, arriviamo alla fine.
Siamo rimasti seduti quasi un’ora e mezza, abbiamo bevuto qualcosa e detto qualche cazzata; per il resto tanta musica.

Sono passati 5 anni dalla nascita del gruppo e, per logica, chiedo i progetti futuri.

Marco: -Sinceramente, ci piacerebbe farci conoscere un po’ di più. Abbiamo passato il periodo di sola sperimentazione, abbiamo voglia di uscire dalla nostra “camera” e portare in giro la nostra musica. Vogliamo avere più riscontri possibili-.

-Una cosa che possiamo dire è che suoneremo a Pescara, questo succederà tra qualche mese. Sarà una bella prova-.

-Sì, vogliamo proporre le nostre sonorità agli altri, migliorarle quando possibile. Proveremo a farci sentire in giro anche se oggi il mondo dei concerti è più duro di qualche anno fa, le serate musicali in zona sono minori per quantità- precisa anche Riccardo, anche all’ultimo sorso di Campari.

Ormai è ora di cenare. Il gruppo si scompone tra un impegno e l’altro.
Qualche riflessione: in progetto (forse) un video e un dichiarato interesse per una musicazione di un corto. Vedremo. E ascolteremo.

Questi sono i Deneb.

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Isacco Zuffellato
Collettivo Zero

Lavoratore, studente di conservatorio. Progetto per Rosmarino Etichetta Popolare.