La storia della Rus’ di Kiev – Parte prima. Perché per Putin è così importante?

Jacopo Rossi Lucattini
Comitato Ventotene

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Quando Vladimir Putin è stato intervistato da Tucker Carlson, ha destato una certa ilarità tra i commentatori e gli spettatori occidentali l’insistenza con cui il dittatore russo ha continuato a parlare di quelli che avevano tutta l’aria di essere argomenti noiosi e di ben poco valore: oscuri fatti storici di 1300 anni fa. Eppure, al di là del comprensibile momento di ilarità suscitato dall’incentrarvi un’intervista destinata ai fruitori di video di YouTube di “contro informazione”, l’argomento è dei più importanti. In effetti, rappresenta il cardine della narrazione su cui si basa l’intera politica putiniana degli ultimi quindici anni: la ricostituzione di uno spazio imperiale per la Russia. Spazio che deve comprendere inevitabilmente tutti i popoli slavi orientali (per semplificare, russi, bielorussi e ucraini), nella ricomposizione di quell’unità che era appunto esistita tra IX e XIII secolo nella cosiddetta Rus’ di Kiev.

Non si tratta di un’idea particolarmente originale, dato che di fatto ha sostenuto l’ideologia imperiale russa per almeno tre secoli, da quando la Moscovia è emersa come principale potenza della regione, e ha cercato di rivendicare il proprio ruolo di successore della grande Rus’. In effetti, la dinastia Rurikide, che reggeva il Principato di Moscovia, discendeva da un ramo dei signori del Rus’ di Kiev, ma questo legame era davvero di perfetta continuità? In altre parole, preso atto che la Russia si pone come successore del primo, grande stato che ha unito tutti i popoli slavi orientali, possiamo dire che questa pretesa sia giustificata dalla realtà storica? Al netto di ogni considerazione sull’opportunità di fondare qualsiasi pretesa nella contemporaneità su tali basi, è ciò che cercheremo di fare in questa rubrica, prendendo atto che è quello che il potere autocratico in Russia, da Ivan il Terribile a Putin, ha sempre fatto, e quindi prendendo sul serio questo argomento.

Dobbiamo quindi tornare al principio di questa storia, e capire che cosa fosse la Rus’. Innanzitutto, va sottolineato come non sia mai esistita, almeno non con questo nome: per i quasi quattro secoli della sua esistenza, i contemporanei, sudditi, governanti e nazioni estere, l’hanno conosciuta semplicemente come Gran Principato di Kiev. Ma quindi il nome da dove viene? Ha origine nell’Ottocento romantico – ma ci torneremo tra un momento. Per adesso è importante chiarire alcuni punti. La Rus’ di Kiev (accettando il nome ormai in uso storiografico) è stata la prima forma statale dei popoli slavi orientali, fondata sul finire del IX secolo e fiorita fino alle invasioni mongole di metà XIII. Al suo apice, riuniva tutti i territori oggi della Bielorussia, l’Ucraina centro-occidentale e la parte nord-occidentale della Russia europea. Piccola notazione: non ne hanno mai fatto parte né Crimea né Donbas, fino alla conquista russa di fine Settecento abitate da altre popolazioni, tartari su tutte.

Nella seconda metà del IX secolo, l’Europa appariva profondamente diversa da come la conosciamo. In Occidente, l’impero carolingio viveva un periodo di lotte intestine, in oriente e in Italia meridionale l’impero bizantino si difendeva dagli assalti degli arabi, che da secoli occupavano l’intera penisola iberica e già minacciavano la Sicilia. Nei Balcani, bulgari e croati si davano istituzioni statali e abbracciavano il cristianesimo; lo stesso facevano gli slavi occidentali con la Grande Moravia. Restava l’Europa orientale, tra Baltico e Mar Nero, un’enorme area pagana, abitata da popolazioni uraliche, baltiche e slave. Queste ultime erano divise in città-stato, solitamente poste in punti strategici lungo i grandi fiumi, da cui si poteva controllare il commercio, e in vaste zone dominate da una società rimasta di fatto all’età del ferro.

La storia di quest’area subì un’accelerazione con l’arrivo dei vichinghi: nel contesto della loro attività espansiva che li avrebbe portati a dilagare dall’Islanda la Sicilia nei due secoli successivi, quelli che i greci chiamarono variaghi si spinsero a navigare fino al Mar Nero e al Caspio attraverso i fiumi Don, Volga e Dnepr. Rurik, capo della tribù vichinga dei Rus’ prese il controllo della città di Novgorod negli Anni ’60 del Nono secolo, mentre intorno al 880, in circostanze ammantate di aure di leggenda, il suo successore Oleg conquistò quella che avrebbe definito «una bella città sulle colline»: Kiev. Oleg ne fece il centro del suo dominio, e col titolo di principe di chi Kiev governò su una gran parte degli slavi orientali. I suoi successori avrebbero espanso ancora questo regno – ma lo vedremo in dettaglio nelle prossime puntate, si direbbe in un telefilm.

Il concetto che mi preme di far comprendere è che con la fondazione della Rus’ di Kiev c’è un cambio di paradigma epocale per i popoli slavi orientali, che escono dalla lunga fase di indistinta protostoria e fanno il loro ingresso nella storia. Per la prima volta, sono riuniti in un’entità statale, che di lì a poco si sarebbe confrontata alla pari con Aquisgrana e Costantinopoli – anche se guidata da una classe guerriera di origine norrena.

Ora, questa può sembrare una questione di lana caprina, ma in Russia ha spesso costituito un problema spinoso, tanto che diversi governanti (Stalin su tutti) hanno imposto al mondo culturale e accademico di sposare una tesi, in realtà non suffragata da prove storiografiche o linguistiche, che voleva attribuire un’origine slava alla tribù dei Rus’, perché la sorgente del potere e dell’unità panslava non poteva essere una stirpe “estranea”. In realtà, il nome stesso deriva, quasi con certezza, da una radice germanica correlata al concetto di “remare”. In effetti, era così che le navi vichinghe risalivano i grandi fiumi, e questa radice si è probabilmente evoluta nel nome che ancora oggi indica la Svezia nella lingua finlandese (Ruotsi), a dimostrazione del fatto che i popoli con cui venivano in contatto li identificavano partendo da tale caratteristica.

A ogni modo, i Rus’ vennero ben presto assimilati all’interno della popolazione slava del loro regno, e per i secoli successivi il loro nome rimase presente in modo marginale in patria (si contano citazioni di una generica rusĭskaja zemlja, terra dei Rus’), e più duraturo nelle lingue di altri popoli. I greci si riferirono loro come Ros, e talvolta chiamavano la loro terra Rosía, nome che sarebbe stato poi passato all’Occidente latino. Nel territorio della Rus’, non risulta un uso continuato, e lo stato vene sempre identificato come “Gran principato di Kiev” fino alla sua dissoluzione, avvenuta a metà del XIII secolo. Dopo la sua fine, le terre occidentali finirono gradualmente nell’orbita polacco-lituana, mentre al nord e all’est tutti i piccoli principati tornarono indipendenti. Man mano che tra essi emergeva la Moscovia, i suoi principi ripresero dal greco l’antica denominazione: Rossija per la terra e russkij per la gente, con un chiaro intento di rivendicare un diritto a ricostituire l’antica unità perduta, ponendosi alla sua guida.

A metà del Cinquecento, il principe Ivan il Terribile, completata la conquista dei principati del nord, si proclamò zar di Russia. Nel 1721, lo zar Pietro il Grande, conquistata parte di Bielorussia e Ucraina, assurse al rango di “imperatore di tutte le Russie“. Una volta completato il processo di riunificazione sotto la corona zarista delle genti slave orientali, la nuova storiografia russa coniò a posteriori il termine Rus’ di Kiev, andando così a riallacciarsi alle fondamenta stesse della storia di quelle popolazioni che ormai si vedevano come semplice declinazione di un unicum. Il punto è qui: una sola entità per tutti questi popoli, che non percepiti come dotati di identità distinte, ma come declinazioni di un solo concetto. Non tre nazioni, ma tre Russie: la Grande Russia (dove si parlava il russo), la Piccola Russia (dove si parlava ucraino) e la Russia Bianca (dove si parlava bielorusso). Tre rami di un solo albero, destinato a restare unito – e guidato dalla Russia moscovita per diritto di continuità, rimarcato con la conquista di Kiev, la città in cui tutto aveva avuto inizio.

Si capisce quindi l’importanza di tale concetto nella narrazione panslava che costituisce la base ideologica di Putin: nei prossimi appuntamenti, riprenderemo la storia da Rurik, e cercheremo di conoscere più a fondo le vicende e i popoli di cui abbiamo parlato, sempre con l’obiettivo di comprendere la realtà storico-culturale in cui si muove l’ethos putiniano, e perché il possesso dell’Ucraina sia così fondamentale, in questo contesto – ben al di là e molto più in profondità delle ragioni strategiche nel confronto tra potenze.

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