Da Singapore ad Helsinki: Trump perde e l’Europa è sola

Alberto Rizzi
Comitato Ventotene
Published in
5 min readJul 17, 2018

Se si creasse una serie tv sugli incontri di Trump con i leader globali non ci sarebbe titolo migliore di “Much ado about nothing” di shakespeariana memoria. Al netto dei grandi discorsi, delle dichiarazioni di intenti e dei propositi di futura amicizia e collaborazione sbandierati davanti ai giornalisti infatti non ci sono risultati ottenuti dal Presidente USA. Il summit di Singapore con Kim ha portato promesse americane in cambio di impegni ben poco concreti da parte di Pyongyang, con il leader nord coreano che può tranquillamente considerarsi il vincitore del round. Con Putin ancora peggio: il primo faccia a faccia tra un Presidente USA ed uno russo da oltre dieci anni termina in una conferenza stampa dove il capo di stato della potenza egemone globalmente si appiattisce sulle posizioni del suo teorico principale avversario, evitando perfino di toccare diversi temi sensibili (testo completo della conferenza stampa).

Già dal vertice con Kim si era capito come l’autore di “The Art of the Deal”, scritto quando certo non pensava di sedere nello Studio Ovale, non fosse poi così abile nelle negoziazioni. Non solo il fatto stesso di tenere un simile incontro ha rappresentato un enorme successo personale per Kim, che virtualmente si è posto sullo stesso piano di Trump, ma per la prima volta ha ottenuto lo stop di alcune esercitazioni militari congiunte tra Washington e Seul ed addirittura alcune domande sulla presenza futura di truppe americane nella penisola coreana. In cambio di cosa? Di nulla: Kim non ha sottoscritto alcun impegno sulla denuclearizzazione, solo qualche vaghissimo riferimento, così come sulla diminuzione della presenza militare al confine. Pyongynag ha infatti anche centinaia di pezzi di artiglieria pesante già in grado di colpire la capitale sudcoreana, un deterrente troppo spesso ignorato in favore di quello nucleare, ma quasi altrettanto pericoloso. Al summit del 12 giugno sono poi seguiti scambi di lettere tra i due capi di stato, ma già prima della fine del mese si sono registrate attività nordcoreane sui siti nucleari e la visita di Pompeo tra il 7 e l’8 di luglio non ha prodotto risultati, mostrando come il cuore della questione, ovvero il nucleare di Pyongyang, al momento non sia neppure lontanamente in discussione.

La stretta di mano tra Trump e Putin ad Helsinki. ( YURI KADOBNOV/GETTY IMAGES)

L’incontro di ieri con Putin è invece avvenuto al termine di una settimana particolarmente difficile. Il summit NATO a Bruxelles ha registrato momenti di altissima tensione tra Paesi che dovrebbero essere alleati, con velate minacce di ritirare la garanzia difensiva da parte della Casa Bianca prima, smentite e contro-smentite sull'aumento delle spese per la difesa in Europa, tra il 2% deciso in Galles ed assurde richieste di arrivare al 4% del PIL. E poi ci sono state le accuse, tante, troppe, rivolte a chi Trump sembra considerare un nemico a tutti gli effetti, la Germania. La situazione avrebbe del ridicolo se non fosse drammatica nella sua dimensione internazionale: prima Trump ha accusato Berlino di essere al soldo di Mosca a causa del progetto Nord-stream 2. Il gasdotto è al centro di una controversia tra il governo tedesco, che risponde principalmente alla necessità delle imprese di importare gas a basso costo, i Paesi dell’Europa orientale che perderebbero introiti dai diritti di transito e rischierebbero più facilmente una chiusura dei rubinetti. Vi sono poi dubbi a livello europeo fondati sulla necessità di diversificare le fonti di approvvigionamento. Va però tenuto conto che non vi sono molti fornitori alternativi per la Germania, non allo stesso prezzo, e che Berlino resta il principale sostenitore delle sanzioni UE contro Mosca, togliendo ogni dubbio sulle sue intenzioni internazionali.

Poi Trump ha lanciato la bomba, una bomba retorica, ma dall’impatto devastante: in un’intervista per CBS Trump ha dichiarato “Penso che l’Europa sia un nemico, quello che fanno sul commercio. Ora, non verrebbe da pensare all'Unione Europea, ma è un nemico. Parole pesantissime, che mai ci saremmo aspettati di sentire dal Presidente del principale alleato dell’Europa nel mondo. Ancor meno alla vigilia di un incontro con il leader di una nazione che quasi tutta l’Europa percepisce come una minaccia ai propri confini. In parte è caduta la maschera: per molti negli USA l’Europa ha rappresentato sempre un’alleato da difendere, ma a patto che restasse divisa in entità incapaci di costruire un soggetto politico forte. Il sostegno iniziale americano all'integrazione comunitaria si basava in parte sulla speranza che un’Europa più ricca avrebbe avuto sempre meno bisogno del sostegno militare USA. Non è andata così, anche perché, come magistralmente spiegato da Stephen M. Walt negli anni ’80, aumenti di spesa militare USA tolgono qualunque incentivo all'Europa a spendere di più in difesa. Un ragionamento quasi automatico, ma che da Reagan ad oggi nessuno alla Casa Bianca ha saputo comprendere. Le parole di Trump hanno però dimostrato come delle spese militari in verità gli interessi ben poco, il suo obiettivo è far pesare il mancato raggiungimento della soglia del 2% per ottenere aperture dei mercati europei e ridurre il deficit commerciale degli USA.

Una vignetta di Ben Garrison molto eloquente.

Stupisce che dopo le accuse pesanti rivolte alla Germania e all’UE Trump abbia usato un tono molto più accondiscendente con la Russia. Non solo il Presidente USA non ha mai toccato i temi più scottanti, come l’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo e l’annessione della Crimea, ma ha anche smorzato qualunque accusa al Cremlino per i rapporti tesi e rifiutato ogni menzione del Russiagate. Ha negato qualunque interferenza russa nelle elezioni americane credendo alla versione di Putin, de facto accusando la sua stessa Intelligence e la giustizia americana di mentire, nonostante la mole di documenti prodotti negli ultimi due anni. Inoltre Trump ha biasimato i suoi predecessori per il difficile rapporto col Cremlino, come se non ci fossero state azioni militari russe in diversi Paesi o controversi episodi di spie, sospetti avvelenamenti ed attacchi hacker. Netta vittoria per Putin in questo primo incontro che sigla un cambio di passo netto della politica globale di Washington. Un quadro molto tragico per chi sta in mezzo: da una parte Trump accusa Berlino di essere soggetta alle volontà di Mosca, ma poi lui è il primo a tessere le lodi di Putin e dall’altra chi minaccia l’Europa ed anziché trovare un blocco nella Casa Bianca ci trova una sponda. Pienamente condivisibili le parole del Ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas, che ha invocato una maggiore coesione europea data l’impossibilità di fare affidamento sugli USA. Alcuni commentatori hanno voluto scomodare il Patto Molotov-Von Ribbentrop con la Germania (o l’UE) al posto della Polonia e gli USA al posto del Terzo Reich, un confronto esagerato che purtroppo nasconde una parte di verità: l’Europa ormai è sola, l’Atlantico sta diventando un abisso incolmabile e Trump e Putin sembrano considerare l’UE il loro nemico comune.

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