THERE AND BACK AGAIN

Luca Mazzeo
Comitato Ventotene
Published in
3 min readJan 3, 2018

Nessuno probabilmente pensava, il 3 Gennaio 1892, che quel tenero neonato, battezzato John Ronald Reuel Tolkien poco dopo, sarebbe diventato uno dei più grandi intellettuali di lingua inglese del XX secolo. Anni dopo Padre Morgan, suo tutore, non avrebbe mai creduto che vietando al suo pupillo di frequentare Edith Bratt avrebbe posto le basi per una delle grandi storie d’amore della letteratura europea. Gli ufficiali nel battaglione di fanteria in cui servì nella Prima Guerra Mondiale difficilmente si sarebbero aspettati che il talento di quel giovane, che aveva inventato un cifrario per comunicare con la moglie, gli avrebbe permesso un giorno di creare interi sistemi linguistici. La storia di Tolkien, una storia incredibile quanto quella dei suoi improbabili eroi: quieti e posati borghesi come Bilbo e Frodo Baggins, briganti e profughi di guerra spodestati come Beren e Turin Turambar, Re in esilio come Aragorn e Bard.

Un destino curioso, quello di Tolkien. Curioso che uno dei maggiori linguisti e mitologi del XX secolo europeo sia noto più per le sue opere di pura fantasia e invenzione che per i suoi affascinanti studi. Curioso che un uomo così alieno alla politica (tutti i personaggi “politici” delle sue opere, da Fëanor a Saruman, sono votati alla Caduta), che non trovava miglior definizione per sé che “anarchico cattolico”, sia stato così frequentemente “abusato” dalla politica, sia da sinistra che da destra. Curioso che l’intellettuale disgustato dalla “perniciosa e antiscientifica” teoria razziale, che rispondeva piccato di essere dispiaciuto di non avere antenati ebrei alle autorità tedesche che gli chiedevano se fosse “ariano” in vista della pubblicazione de “Lo Hobbit” in Germania, sia stato sovente accusato di razzismo. Curioso che quel devotissimo cattolico che faceva la comunione tutti i giorni sia ricordato più per la sua parte (in gioventù effettivamente prevalente) che gli faceva dire di sé “Sono un pagano convertito”.

Negli ultimi anni si è mosso qualcosa. Il ritorno di fiamma per il vecchio professore dovuto ai film di Peter Jackson non solo ha riavvicinato Tolkien al grande pubblico (che aveva cominciato a dimenticarlo dopo gli anni ’70) ma ha portato la Tolkien Estate, gestita dal figlio Christopher, a far ripubblicare i vecchi studi del padre e a riprendere il lavoro di riordino e recupero degli scritti che Tolkien aveva lasciato incompiuti. Abbiamo così potuto goderci le versioni revisionate de “I figli di Hùrin” o della “Storia di Beren e Luthien”, parte della sua mitologia personale, ma non solo: col passare degli anni sono stati pubblicati gli scritti sulle mitologie preesistenti, dalla sua prediletta “germanica”, anglosassone e norrena (l’attesissima traduzione annotata del “Beowulf”, il meraviglioso “La leggenda di Sigurd e Gudrùn”), alla Materia di Bretagna (“La caduta di Artù”) a quella ugrofinnica (“Kullervo”, lavoro giovanile che mostra come già da studente Tolkien avesse cominciato ad “astrarre” dall’antieroe finlandese Kullervo il personaggio di Turin). Con le pubblicazioni, sono ripresi gli studi sul Professore: la riscoperta della sua corrispondenza privata (già edita in passato come “Albero e foglia”, che presto avrà una nuova edizione), il lavoro sulla fiaba (“Il Medioevo e il fantastico”) e così via. Ora nemmeno i provincialotti dell’ intellighenzia italiana si permetterebbero di definire Tolkien un “fascista”, affermazione che si sarebbe sentita qualche anno fa e che avrebbe fatto cappottare dalle risate qualsiasi serio studioso inglese del Professore di Oxford. Poco alla volta Tolkien sta recuperando le sue dimensioni, da quella di intellettuale a tutto tondo a quella di autore di vari generi (dall’High fantasy del “Signore degli Anelli” alla favola per bambini di “RoveRandom”), persino quella di pensatore cristiano. Proprio come per Bilbo, l’eroe de “Lo Hobbit”, un viaggio d’andata e ritorno: there and back again. Un ritorno che si posa, con i fiori degli appassionati, sulla doppia tomba che John condivide con la sua eternamente amata Edith, e sulle cui lapidi è scritto, non a caso, “Beren” e “Luthien”.

A noi non resta che la gratitudine: la gratitudine per questo umile Professore, questo intellettuale così a lungo sottovalutato e dismesso come “Ma sì, quello là, il mezzo fascista inventore del Fantasy”, che viene finalmente, come ha detto Wu Ming 4 che è uno dei suoi nuovi commentatori “di sinistra”, “restituito a sé stesso”. La gratitudine per questo umile Professore che, nei milioni di pagine istoriate dalla sua mano di grafomane, ci ha insegnato cos’è la favola, cos’è la leggenda, e che il Mito e la Provvidenza possono agire perfino con le mani insospettabili di un panciuto Hobbit di mezza età.

Grazie di tutto, Professore. Altri 1000 di questi 126 anni.

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