Una rondine fa primavera: l’allineamento diplomatico europeo dopo l’incidente di Salisbury

Francesco Saltarin
Comitato Ventotene
Published in
4 min readMar 31, 2018

Una rondine non fa primavera, per carità, ma vederne una fa sempre piacere. Se poi questa rondine è foriera di buone notizie la gioia è doppia. Sia chiaro, non ci arrischiamo ad esprimere soddisfazione per quello che sta accadendo ai rapporti fra UE (Occidente in realtà) e la Federazione Russa, ma vedere che l’Unione agisce in modo corale su questioni diplomatiche è certo un buon segno. Per noi, meno per lo Zar.

Andiamo con ordine. Mentre in Italia il fronte sovranista prendeva quasi il 50% dei consensi, a Salisbury qualcuno avvelenava con un agente nervino, il Novichok, Sergej Skripal (ex spia sovietica) e sua figlia Yulia. La situazione risulta agli agenti intervenuti a dir poco inusuale ma piuttosto chiara, considerato che gli agenti nervini hanno effetti facilmente riconoscibili. Il governo di Sua Maestà viene immediatamente allertato e informa l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPCW). Le indagini durano poco più di una settimana e la conclusione è evidente: il veleno usato è di fabbricazione russa, addirittura sovietica. Theresa May chiede dunque spiegazione all’ambasciata russa a Londra, spiegazioni che non arriveranno, ma che anzi verranno rispedite al mittente con tanto di nuove provocazioni. Da qui in poi le cose precipitano drasticamente. Nell’arco di 72 ore le schermaglie diplomatiche si susseguono concitate, arrivano le prime conferme dall’OPCW sulla natura del veleno, Putin promette rappresaglie contro l’UK per la calunnia ricevuta, arrivano le prime condanne da parte di USA, UE e NATO. Si arriva così al 20 marzo con l’espulsione di 23 funzionari russi dal suolo britannico. Almeno per l’UK, è incidente diplomatico.

Theresay May a Salisbury — BBC.com

Nonostante la Brexit, nonostante le negoziazioni incancrenite, nonostante la montante diffidenza dell’Unione nei confronti del governo inglese, il 26 marzo Tusk twitta trionfante che 14 (17 al momento in cui scrivo) stati membri hanno deliberato per un’espulsione collettiva di funzionari russi. Assieme alle espulsioni americane, che hanno comportato la chiusura del Consolato di Seattle, sono stati allontanati più di 100 funzionari, consacrando l’incidente di Salisbury come la causa della più grande espulsione di intelligence russo nella storia. Mancano all’appello alcuni stati di rilievo come l’Austria che per bocca del suo cancelliere Kurz si allinea su posizioni attendiste seguendo le dichiarazioni di Grecia e Bulgaria. Partecipa invece al coro l’Ungheria, probabilmente spinta dalla necessità di allinearsi agli altri V4, Polonia in testa. Chiude il quadro l’Ucraina, che seppur non essendo membro, espelle ben 13 personalità. Mosca reagisce con veemenza espellendo immediatamente 23 diplomatici inglesi e promettendo ulteriori rappresaglie. Non è un successo totale ma è comunque un primo, seppur morbido, atto di coordinamento diplomatico e proprio per questo segna un passaggio storico.

Numero di funzionari diplomatici espulsi — The Guardian

Il fatto che finalmente l’Unione Europea riesca a strutturare una reazione diplomatica di questo livello segna che qualcosa è cambiato all’interno del concerto europeo. Se non vogliamo spingerci a dire che questo segna l’inizio di un nuovo corso nella gestione degli affari esteri dell’UE, possiamo certamente affermare che la misura è colma. Negli anni le ingerenze russe sullo scenario europeo continentale e nel Mediterraneo hanno sempre più incrinato i rapporti aggravando una relazione diplomatica sempre più tesa. A questi vanno aggiunti i vari attacchi informatici e le intromissioni certificate nelle varie campagne elettorali occidentali. Putin si è quindi spinto troppo oltre, contava che ancora una volta l’Occidente lasciasse correre l’ennesima violazione del diritto internazionale, sperava che l’Europa, troppo dipendente dal suo gas, non alzasse la voce e che l’Inghilterra affannata dalla Brexit non si concentrasse su un traditore sovietico avvelenato, lasciando correre come accadde con Litvinenko. Ha fatto male i conti quindi? Solo il tempo lo dirà. Ciò che è certo è che quella che doveva essere una “banale” esecuzione si è trasformata in una crisi internazionale in pieno stile anni ’70 (se non peggiore). La rete d’intelligence russa in Occidente risulta pesantemente compromessa e nonostante la molteplicità dei canali a disposizione di Mosca è indubbio che un colpo sia andato a segno. Le reazioni di Mosca e del suo entourage sono state piuttosto sopra le righe anche per lo standard muscolare di Putin: Antonov, ambasciatore negli Stati Uniti, parla di “gravi errori” e “sostanziali passi indietro” mentre Yakovenko, suo omologo in Inghilterra, accusa il governo inglese di voler distogliere l’attenzione dalle trattative per la Brexit vaneggiando di una campagna russofoba.

Valdimir Putin — BBC.com

L’Unione ha qui un’occasione di crescita incredibile derivata dal fatto che nonostante tutte le criticità del momento e il paradosso della Brexit, l’Occidente è coeso nella condanna a Mosca. C’è l’ombrello NATO, c’è l’allineamento inglese (più unico che raro), c’è anche un embrione di sistema unico di difesa, la PESCO. Perdere questa congiunzione astrale sacrificando il sogno europeo per una non meglio specifica distensione (più simile a una legittimazione) con la Russia è qualcosa che l’Unione Europea non può e non deve permettere che accada.

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