Lettera a un nuovo pediatra

salvo fedele
Comunità & Pratica
5 min readJul 2, 2016
La versione definitiva di questo post è stata pubblicata su 
Recenti Progressi in Medicina di settembre 2016 con il titolo:
<Il medico è un animale sociale
La vita di chi cura tra letture scritture e relazioni umane>
Recenti Progressi in Medicina 2016;107(9):463–464
DOI 10.1701/2354.25222

Oggi un mio giovane amico che conosco da tanto tempo (da quando era molto piccolo) è diventato pediatra. Un giorno di festa per lui e la sua famiglia, che è fatta tutta di amici molto cari e che hanno dato molto alla mia vita.

Un giorno ricco di emozioni, ma anche un’occasione importante per riflettere su quello che come vecchia generazione lasciamo a questi ragazzi (un eufemismo per descrivere la loro età molto matura)

Che dirvi?
Vi abbiamo costretti a frequentare una scuola di formazione che ha molte pecche (ma io non le conosco nei dettagli) e certamente molti pregi (che io conosco anche meno).

Vi abbiamo costretto a un lunghissimo percorso di studi e adesso quel che vi aspetta è un futuro lavorativo incerto (il blocco delle assunzioni continua nonostante le evidenti carenze negli organici).

Vi offriamo un formazione continua post-diploma sicuramente non all’altezza della vostra preparazione di base (potrei dilungarmi su questo aspetto che conosco un po’ più, ma non è il momento).

E allora?
Mi piacerebbe darvi dei consigli su come evitare gli errori più facili in cui si incappa in questo lavoro e poi penso al mio mestiere e alla frase che mi viene più facile pronunziare con le neo-mamme
“Suvvia signora è semplice, ascolti tutti, annuisca e poi faccia come vuole” e mi rendo conto che non sono proprio adatto a dare <buoni consigli comportamentali>.

Eppure ci sarà qualche cosa in cui posso essere di aiuto.
Come si fa in questi casi?
Si immagina un iceberg contro cui si batte con la nave?
A quel punto cosa ti viene in mente da dire?
Non credo che in occasioni simili si abbiano buoni consigli da dare e poi perché bisogna essere in situazioni estreme per tirar fuori qualche cosa di buono?

Certo questo tipo di immagine non mi viene difficile da immaginare.
nella situazione attuale del SSN: La nave, l’iceberg e noi.
Se debbo però pensare al vostro futuro questa non mi sembra un’immagine di buon auspicio e allora?

Potrei parlarvi di tutti i miei difetti?
Un elenco lungo.
Potrei parlarvi di tutti i difetti che non sono riuscito a correggere nel tempo?
L’elenco resta pressoché lo stesso.

Ecco questa potrebbe essere una buona idea.
Non è vero che con il tempo non si riesca a capire il groviglio di difetti che caratterizza ciascuno di noi nel nostro lavoro.
Allora qual è la ragione principale per cui si cambia poco e si finisce per essere troppo indulgenti con se stessi?

Per esempio si può essere “troppo” rigorosi dal punto di vista etico o si può essere “troppo poco” rigorosi.

Si può coltivare l’attidudine a confrontarsi con altri colleghi su problemi e casi clinici e lo si può fare “troppo” o “troppo poco”.

Si può decidere che una priorità importante della propria formazione è l’abitudine a leggere e a interpretare in modo critico la letteratura scientifica. Anche questa volta lo si può fare “troppo” o “troppo poco”.

Si può coltivare la propria attitudine ad ascoltare e ad interpretare correttamente i messaggi delle famiglie. “troppo” o “troppo poco”.

Ci si può interrogare ogni giorno sulle proprie attitudini, capacità, conoscenze, le nuove attitudini, capacità e conoscenze.
Ancora una volta “troppo” o “troppo poco”.

Ma chi definisce quel “troppo” o quel “troppo poco”?
Non è la nostra coscienza, ma l’insieme di relazioni che ci circondano: colleghi con cui continueremo a scambiare esperienze e impressioni quotidiane; famiglie e pazienti e il loro modo di sentire il rapporto che gli dobbiamo. Sono queste interazioni che condizioneranno il vostro vissuto e semmai faranno la “vostra coscienza”.

Un medico ha l’obbligo e la necessità di essere un animale sociale. L’insieme di colleghi che rappresenterà il vostro principale referente (principalmente per le occasioni di lavoro che avrete) condizionerà fortemente il vostro modo di sentire il “troppo” o il “troppo poco”. Verrete condizionati pesantemente (e non sempre in modo positivo) anche dal sentire comune della piccola/grande realtà in cui vivrete circa le modalità “scontate” che un medico deve avere con la società di famiglie e pazienti.
Qualche esempio?
Nessuno dei vostri pazienti vi dirà mai dell’importanza di studiare un nuovo problema, ma tutti rivendicheranno “più” tempo per loro (“più” servizi, “più” disponibilità telefonica, “più” accoglienza). Verrete giudicati per il “più” che vi chiedono e non per il “più” che darete davvero.
Cercate di bilanciare il <vostro più> anche verso il versante di quel che serve davvero.

Ecco finalmente forse ho qualche cosa da dire.
Scegliete con cura il vostro gruppo di colleghi con cui scambierete “il più” della vostra vita lavorativa e se non avrete avuto la possibilità di scegliere, ricordatevi sempre che non li avete scelto e cercate di capire come cambia il vostro modo di essere medico per effetto della contiguità quotidiana con questi colleghi.
Cercate di capire come cambia nel tempo la società e il sentimento della società circa il rapporto “dovuto” dai medici.

Purtroppo alcune cose non si capiscono finché non si ha la sventura di diventare pazienti. Cercate di posticipare il più possibile questa esperienza, ma ricordate che i racconti personali dei medici (dal versante paziente) possono avere un valore formativo straordinario, e se anche vi annoiano provate ad ascoltare lo stesso.

E infine ricordate di scrivere.
Forse questa è proprio l’unica cosa di cui non sospettavo l’importanza all’inizio della carriera. Il vostro scrivere prima o poi sarà utile a qualcun altro, ma anche quando finendo di scrivere vi accorgerete di essere stato di poco aiuto (come probabilmente in questo caso) avrete capito qualcosa di inaspettatamente nuovo di voi.

Scrivete per raccontare, per indignarvi, per mostrare le vostre passioni. Scrivete per comunicare quel che vi succede.

Ricordate che la professione medica entra nella vita delle persone mentre la scrittura a volte scava in voi stessi e può esprimere qualche cosa di nuovo o di utile del vostro vero modo di essere.

Avete splendide opportunità innanzi a voi, non permettete a nessuno di sconfiggere la novità che rappresentate nel futuro sistema sanitario nazionale.

Ricordate la fiducia con cui una famiglia vi affida un bambino, i nostri bambini. La fiducia è un dono che non si può mai deludere, ma purtroppo il nostro è un mestiere difficile fatto anche di errori. L’importante è provare a non tradirla mai con tutto l’impegno possibile.

Un caro augurio ad Umberto e a tutti i nuovi pediatri di oggi.

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salvo fedele
Comunità & Pratica

pediatra a Palermo; mi piace scrivere, ma cerco di non abusare di questo vizio per evitare di togliere tempo al… leggere (╯°□°)