Città Ideale di Baltimora — anonimo fiorentino, conservato al Walters Art Museum di Baltimora.

Eppur si Muove. Perché non è solo una questione di linee guida e perché è importante avere delle linee guida.

Francesca Quaratino, membro dello Steering Committee “Linee guida di design per i siti web della PA”

AGID - Agenzia per l'Italia Digitale
Conscious Mana
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5 min readApr 4, 2016

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La prima volta che varchi l’ingresso di Palazzo Vidoni Caffarelli, sede del Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, qualcosa ti dice che sei in un pezzo del cuore della Nazione.
Un cuore discreto, meno noto del Quirinale o di Palazzo Madama, ma altrettanto pulsante. Perché è lì che si tengono le fila dell’amministrazione pubblica del Paese.

La PA, vediamola: 23mila enti accreditati, 77mila Unità Organizzative, 20mila uffici protocollo, 103mila indirizzi PEC, 56mila servizi di fatturazione elettronica.

Basta un viaggio sul sito dell’IPA, l’Indice delle Pubbliche Amministrazioni, per avere la dimensione di ciò che trova il proprio apice tra le mura del gioiello rinascimentale progettato da Raffaello.

Proprio nel cuore del Rinascimento romano muove i primi passi il progetto di re-design dei siti web della Pubblica Amministrazione.
Ha un che di altamente simbolico.

Logo .it

Il progetto si chiama Linee Guida di design per i siti web della PA. Come un canone rinascimentale, ha l’ambizione di mettere ordine lì dove si sono sovrapposte scelte stratificate negli anni.

“Firme” di passate legislature, soluzioni tecnologiche che in qualche caso sono ferme all’html statico, sotto-siti, mini-siti.
Qualcosa, in questo mondo complesso, ha più di 12 anni di vita.
Qualcos’altro, esiste, vive, funziona ancora molto bene. Ma il giorno in cui si fermerà, per raggiunta vetustà informatica, non avrà né un manuale né un’ esperienza pronta ad aggiustare le cose.
E non li avrà perché, nel frattempo, le persone sono andate in pensione.
Succede. Ma pone molte domande sulla sostenibilità di ciò che deve essere solido.

Nei corridoi e nelle stanze di certi palazzi della macchina che manda avanti la Nazione, la prima sensazione che si ha è che la stratificazione e la complessità siano in qualche modo tollerate come una forma di autorappresentazione necessaria: un modo per confermare che c’è un destino che si compie, ciclicamente, a tenere bloccato o rallentato un Paese intero. Nessuno ha, fino in fondo, la colpa. Nessuno ha, in fondo, il merito. È così.

Eppure, l’idea che si debba compiere un movimento verso la semplificazione dei linguaggi, verso una nuova organizzazione dei contenuti e in direzione di tecnologie più vicine al tempo nel quale si agisce, è percepita da molti come doverosa.
Per quanto il cambiamento sia doveroso è, al tempo stesso, pericolosissimo.
Come in tutte le percezioni ambivalenti, lacera fino a produrre un folklore dietro al quale ci si può ancora nascondere.
Appena si inizia un restyling del sito, cade il Governo, sussurrerà qualcuno più di una volta.

L’argomento-malocchio -così tremendamente mediterraneo- cade appena porti in dote l’idea che la Casa Bianca, Twitter Developer, e-Bay Corporate, NBA, Patriots e Cowboys, Harvard, NBC, l’Economist e General Electric hanno scelto un content management system come Drupal. E sono ancora sul mercato.

Sono passati poco meno di 9 mesi, oggi.
Il sito del Governo è online.
Il sito del Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri è online.

Eppur Si Muove!

Funzionepubblica.gov.it — semplificare la complessità

Il sito, tra i due “modelli”, è quello più articolato e complesso.
Fin dalla prima progettazione, emerge il tema della quantità di contenuti con la quale confrontarsi.

Per la progettazione si sceglie il metodo agile che si è imposta come necessaria visti i tempi strettissimi a disposizione.

La profondità dell’originale, viene gestita scegliendo di non mediare con il passato. Si aggrega, si sceglie di non scendere oltre il terzo livello, si risolve in pagina e attraverso il menu la miriade di contenuti, allegati, rimandi esterni.
La redazione e il responsabile interno del progetto si dedicheranno, per due mesi intensissimi, alla sfida da affrontare. Un sfida che sarà ancora più ardua quando bisognerà migrare il pregresso, che dovrà incastrarsi alla perfezione nei nuovi modelli di pagina.

La soluzione deve contemplare il “non morire di allegati”. Ci sono, ma i testi vengono tutti riprodotti in pagine dedicate.

Il sito porta con sé una sezione importante, con contenuti che non esistevano in passato: è quella che racconta, spiega e offre riferimenti ai decreti della Riforma della Pubblica Amministrazione. È, questa sezione, quasi un sotto-progetto perché costruisce uno spazio interno nel quale fare comunicazione del percorso e dei risultati della legislatura. Non un sito esterno. Non un mini-sito destinato ad alimentare il Caos. Ma uno spazio che è lì dove deve essere, quando la comunicazione politica sta di fianco all’amministrazione che la accoglie e che, in qualche modo, le sopravvive.

Governo.it — Fare o non fare.

Il racconto di quelle ore lo scrive un bambino.
È il figlio undicenne di uno dei responsabili tecnici coinvolti sul progetto, che non ha potuto organizzarsi diversamente e ha portato con sé quello che si rivelerà un osservatore acuto.
Quando, giorni dopo e lontani dalle tensioni, ci ricorderemo di lui, cercheremo il suo blog, del quale tanto ci ha parlato in quel sabato, e leggeremo il più che realistico “Un sabato in ufficio con papà”.

Il 21 novembre, che, come si è capito, è anche un sabato, si passa dal vecchio al nuovo sito mentre sugli schermi scorre la diretta di quel che accade a Venaria. Si aspetta un VIA che sa di lancio di un modulo spaziale.
Quando tutto è pronto, si pubblica: è la prima applicazione delle Linee Guida è anche il primo restyling del sito del Governo italiano.
Dopo più di 12 anni.

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