È vero che l’Italia ha così tanti decessi per via della sua popolazione più anziana?

Molti in questi mesi si sono interrogati sulla presunta maggiore letalità italiana rispetto agli altri Paesi. Una delle spiegazioni più diffuse, citata anche dal Presidente del Consiglio Conte, è che il nostro Paese è più colpito perché rientra tra quelli con la popolazione anziana più numerosa. Quanto c’è di vero in questa assunzione?

Le dovute Premesse

Innanzitutto occorre esplicitare l’ovvia premessa che giustifica l’affermazione che a un maggior numero di anziani corrisponda una maggiore letalità. È risaputo ormai è la COVID-19 possa condurre alla morte con probabilità molto maggiore le persone più anziane: basta guardare i dati della letalità in funzione delle fasce d’età in Italia, da agosto a dicembre 2020 (dati ISS):

· 50- (0,04%)

· 50–60 (0,4%)

· 60–70 (1,7%)

· 70–80 (6,3%)

· 80–90 (14%)

· 90+ (21%)

Assodato quindi che l’età è un fattore fondamentale per calcolare l’esito nefasto o meno della malattia, occupiamoci delle possibili fonti di errore quando si cerca di stimare la letalità, data dal rapporto decessi/casi.

Nel valutare questo rapporto ci sono fonti di incertezza sia sul numeratore che sul denominatore.

Cominciando dal numeratore, è ormai ampiamente documentato il fenomeno dell’eccesso di mortalità in molti Stati: se si analizzala differenza nel numero di decessi tra il 2020 e gli anni precedenti, questa discrepanza nei dati eccede i decessi imputati alla COVID (alcune fonti ). Per questo motivo si suppone che i decessi COVID, almeno in alcune fasi (come la prima ondata) in molti Paesi siano stati sottostimati.

Più che per gli errori al numeratore però i problemi sorgono nello stimare il denominatore, cioè il numero di casi complessivi. Proprio a luglio, grazie all’indagine sierologica dell’ ISTAT [3], abbiamo avuto conferma che i positivi della prima ondata nel nostro Paese erano almeno sei volte superiori a quelli ufficiali. Risultati analoghi si sono ottenuti in altre nazioni, come ad esempio in Spagna [4]. Molti concludono infatti che la letalità italiana è molto alta perché guardano al numero complessivo di casi e decessi della pandemia, dimenticando però che nelle prime fasi un numero esorbitante di casi, come confermato poi appunto dal sierologico, non è stato ufficialmente conteggiato. Inoltre, c’è da considerare che l’Italia è stata il primo Paese colpito più duramente, e quindi sicuramente uno tra quelli che all’inizio hanno più sottostimato i casi.

Questo problema ha riguardato molto più la prima ondata del virus che la seconda. Ora infatti il numero di tamponi è molto maggiore e la frazione di casi non rilevati è certo minore. Per una comparazione sensata quindi limiteremo l’analisi che segue ai soli casi e decessi della seconda ondata. Anche con questa limitazione temporale purtroppo la letalità non rimane costante per tutta la durata dell’ondata: si assiste infatti a un peggioramento, dovuto probabilmente sia alla diminuzione della capacità di tracciamento e rilevazione dei positivi con il progredire dei contagi, sia per il fenomeno dei decessi “di coda”, ossia persone il cui decesso arriva molto dopo il contagio.

Vediamo ad esempio in figura l’andamento della letalità settimanale in alcuni Paesi europei da ottobre a dicembre, tutt’altro che costante nel tempo.

Almeno il secondo di questi due effetti viene mitigato dal fatto del considerare un intervallo temporale molto lungo, come faremo da qui in poi (agosto-dicembre)

Ovviamente occorre aver chiaro che le motivazioni per una maggiore letalità sono molteplici, qui non stiamo cercando quella che spiega perfettamente tutto, ma solo alcune delle cause che spieghino un dato valore di letalità.

Passiamo ai dati

Incrociamo la letalità con la percentuale di anziani degli Stati europei, tendendo in considerazione le frazioni di over 70 over 80 della popolazione,. Il risultato è che non vi è nessuna correlazione significativa tra questi due dati. La correlazione non è presente nemmeno se si considerano solo gli Stati con densità di popolazione non troppo diverse.

La correlazione invece compare in modo significativo se restringiamo l’analisi ai soli Paesi dell’Europa occidentale (forse perché rilevano una frazione maggiore dei casi). Sia se si confronta la letalità con la frazione di over 70che di over 80, in entrambi casi i dati risultanti sono statisticamente significativi ed esiste quindi una correlazione. In questo caso, sia la significatività sia la correlazione aumentano, anche se non in maniera rilevante, se restringiamo l’analisi ai soli Stati con una densità abbastanza simile (eliminando quelli con una densità di popolazione molto alta o molto bassa).

Vi è una maggiore correlazione tra la letalità e la percentuale di over-80. Questo dato è importante, perché solitamente in questo tipo analisi viene confrontata la letalità con l’età media oppure con la percentuale di over-65. Nel caso della COVID, però, sembra essere molto più significativo il dato degli over-80 per Paese. Questo risultato non sorprende visto che la letalità della fascia 60–70 è abbastanza simile a quella della fascia 50–60 e alle precedenti. Il vero salto comincia solo con gli over-70, e aumenta ancora con gli over-80.

Sempre da questi grafici vediamo come la letalità dell’Italia sia abbastanza in accordo con quella predetta dall’andamento, un po’ superiore se si considerano i dati sugli over-70, un po’ inferiore se si guarda agli over-80. Nessuna sorpresa nel constatare che il nostro è il Paese con la frazione maggiore di anziani in entrambe le categorie dato che l’ipotesi che stiamo vagliando nasce proprio da questa ragione.

Infine proviamo a ripetere l’analisi eliminando Grecia e Danimarca, i due maggiori outlier (gli Stati che si discostano di più dall’andamento stimato),. In particolare, salta subito all’occhio come la Grecia si discosti nettamente e in maniera negativa dagli altri, per cui ha senso chiedersi quanto l’analisi sia influenzata dal suo valore. Con i “nuovi” dati otteniamo, ovviamente, un miglioramento in correlazione e significatività di tutti i possibili confronti. In questo caso, tra l’altro, i dati sono simili sia se si considerano gli over-70 che gli over-80.

L’Italia ora preforma peggio di quanto atteso in tutti i grafici, anche se ci sono Paesi che si discostano maggiormente dall’andamento previsto (Slovenia, Malta, Rep. Ceca). Simili ai valori italiani il Regno Unito e l’Austria. Gli Stati con i dati migliori sono tutti quelli a bassa densità e l’Olanda. Al di fuori di questi, quelli che mostrano una letalità minore rispetto a quella attesa per la loro percentuale di anziani sono Irlanda, Lussemburgo e Spagna

Tiriamo le somme

Abbiamo analizzato i dati alla base della tesi che lega la maggiore letalità all’anzianità della popolazione, e speriamo di aver dato interessanti spunti di riflessione. È bene tenere presente le molte incertezze in paragoni di questo tipo e dare una risposta univoca non è semplice, Abbiamo cercato di dare il nostro contributo in modo imparziale consapevoli anche che analisi che partono da presupposti diversi o che considerano altri fattori possono giungere a risultati molto diversi tra loro, ma non per questo non ugualmente validi

Articolo scritto da Francesco Luchetta

Redazione a cura di Valeria Persichetti,

Fonti:

[1]https://www.nytimes.com/interactive/2020/04/21/world/coronavirus-missing-deaths.html

[2]https://www.economist.com/graphic-detail/2020/07/15/tracking-covid-19-excess-deaths-across-countries

[3]https://www.facebook.com/DatiAnalisiCoronavirus/posts/168802141406636

[4]https://www.facebook.com/DatiAnalisiCoronavirus/posts/140451557575028

[5]Dati John Hopkins Univ. https://github.com/owid/covid-19-data/tree/master/public/data/jhu

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Francesco Luchetta
Coronavirus — Dati e Analisi Scientifiche

Fisico, calabrese, romano di nascita E di adozione, data analyst, drogato di caffeina, editor di “coronavirus dati e analisi scientifiche”, movies addicted.