Coronavirus, perché in Italia si muore di più (e in Germania di meno)
Dall’inizio della pandemia in Italia sono risultate positive 92.472 persone al SARS-CoV-2 e 10.023 di queste sono morte. In Germania i positivi sono 56.202 e 403 i deceduti (dati aggiornati alle ore 18 del 28 marzo 2020). Questo significa che la letalità del nuovo coronavirus in Italia è del 10,8%, mentre in Germania è dello 0,7%. Come si spiega una tale differenza? Le cause sembrano essere molteplici e le stiamo affrontando da tempo sulla pagina Facebook Coronavirus — Dati e Analisi Scientifiche.
L’ETÀ MEDIA DELLA POPOLAZIONE E DEI POSITIVI AL CORONAVIRUS
Secondo il report emanato il 28 marzo 2020 dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) [1], su un totale di 85.308 casi positivi confermati in Italia, l’età media dei contagiati è di 62 anni. Se andiamo più a fondo nelle analisi vediamo che il 35,8% dei casi positivi ha più di 70 anni, il 37,5% ha un’età compresa tra 51 e 70 anni, il 25,4% tra i 19 e i 50 anni e solo l’1,3% ha meno di 18 anni (Figura 1).
Andiamo ora a vedere la situazione in Germania. Il report del 28 marzo 2020 del Robert Koch Institute (RKI) [2] afferma che su 48.582 casi confermati, 36.537 (75,2%) hanno un’età compresa tra 15 e 59 anni, 10.587 (21,8%) hanno più di 60 anni e 1314 (2,7%) sono minori di 15 anni. L’età media dei casi positivi in Germania è di 48 anni (Figura 2). Inoltre, sia in Italia che in Germania il nuovo coronavirus colpisce maggiormente i maschi: 56,6% in Italia e 53% in Germania.
Come si spiega una tale differenza nell’età media dei contagiati tra i due Paesi? La risposta non viene di certo dall’età media delle due popolazioni, che sono pressoché identiche: 44,9 anni in Italia (ISTAT, 2019) e 45,7 in Germania (Worldometer, 2019).
Ma perché in Italia si ammalano così tanti anziani di Covid-19? Un interessante spunto proviene da uno studio del 2008 ad opera di Mossong et al. e intitolato Social Contacts and Mixing Patterns Relevant to the Spread of Infectious Diseases [3]. Lo studio individua una serie di fattori quantitativi rilevanti per la trasmissione delle infezioni per via respiratoria o per contatto; tra questi viene analizzata la frequenza di contatto tra gli over 70 e i più giovani. Il grafico in Figura 3 mostra i risultati ottenuti per l’Italia (arancio) e la Germania (verde). La differenza è evidente: rispetto alla Germania, gli Italiani over 70 hanno il doppio del numero di contatti giornalieri ravvicinati con la popolazione più giovane, indipendentemente dalle diverse fasce d’età. E, di conseguenza, gli anziani in Italia sono più esposti alla trasmissione di infezioni.
E se ci fosse sfuggita inoltre una qualche via di trasmissione? A porsi il dubbio è l’epidemiologo Carlo Signorelli che in un’intervista del 22 marzo 2020 al Corriere della Sera afferma che gli impianti di condizionamento dell’aria (in assenza di una corretta manutenzione ai filtri ndr) potrebbero essere un’ulteriore causa di contagio negli ospedali. E gli ospedali sono frequentati soprattutto da persone anziane.
I TAMPONI EFFETTUATI
Un altro elemento significativo che potrebbe distinguere la Germania dall’Italia è il numero di tamponi effettuati: “Circa 160 mila a settimana” dichiara Lothar Wieler, capo del Robert Koch Institut “e possiamo incrementare ulteriormente il numero delle analisi” [4].
In realtà i numeri sono diversi da quanto afferma Wieler. Dal report del Robert Koch Institut del 26 marzo 2020 leggiamo che i tamponi totali effettuati sono 483.285, di cui 476.076 effettuati tra la settimana 11 e la 12 dell’anno 2020. Questo significa che la Germania fino a metà marzo era ben lontana dallo svolgere test a tappeto e che ha avuto un notevole incremento di tamponi nelle ultime due settimane.
Quanti sono invece i tamponi effettuati in Italia? Se cominciamo il calcolo dal primo bollettino emanato dalla Protezione Civile il 24 febbraio 2020, dopo una settimana nel nostro Paese erano stati effettuati 21.127 tamponi, 49.937 alla fine della seconda settimana e 124.899 alla fine della terza. In data 28 marzo 2020, dopo cinque settimane esatte, in Italia sono stati effettuati 429.526 tamponi: una media di circa 86.000 a settimana.
Fare un gran numero di tamponi e averli fatti fin da subito, prima cioè che l’epidemia prendesse il sopravvento, permetterebbe quindi di individuare anche i contagi con pochi sintomi o addirittura asintomatici. Questo produce due effetti importanti. Il primo riguarda il riuscire ad individuare la malattia ad uno stato iniziale, così da fornire tempestivamente cure e assistenza ai pazienti malati e ridurre così la probabilità di decesso. Il secondo effetto riguarda i pazienti asintomatici, che vanno a gonfiare il numero dei casi positivi rilevati e che non muoiono, riducendo così il tasso di letalità della COVID-19.
I POSTI IN TERAPIA INTENSIVA
Circa il 60% dei morti in Italia per la COVID-19 sono cittadini della Lombardia. Sulla pagina Facebook Coronavirus — Dati e Analisi Scientifiche ho già analizzato in altri articoli e video le enormi difficoltà del sistema sanitario lombardo e pubblicato le testimonianze dei medici di Bergamo sulle condizioni in cui si trovano ad operare e sull’impossibilità di fornire le opportune cure a tutti i pazienti. I medici e gli infermieri lombardi lo gridano da tempo: il sistema sanitario della Lombardia ha raggiunto e superato la sua capacità di ricezione massima, i posti in terapia intensiva sono agli sgoccioli, molte persone muoiono in casa senza riuscire nemmeno ad arrivare in ospedale e a molte non viene nemmeno fatto il tampone (dunque non rientrano nei decessi certificati da coronavirus). Tutto ciò non può non incidere sul computo totale dei morti italiani.
Ma quanti posti letto in terapia intensiva ci sono nei due Paesi? In Germania hanno 29,2 posti letto ogni 100 mila abitanti e nel mondo sono secondi solo agli Stati Uniti, con 34,7 posti letto. L’Italia dispone di 12,5 posti letto ogni 100 mila abitanti, meno della metà della Germania (Figura 4).
Se la Lombardia non avesse visto un’espansione così veloce e prepotente del virus, e se avesse avuto gli stessi posti letto in terapia intensiva della Germania, forse adesso il computo dei morti lombardi e quindi italiani sarebbe diverso.
IL NUMERO REALE DEI CASI POSITIVI IN ITALIA
Ne ho parlato sulle colonne de Il Fatto Quotidiano, e non sono stato il solo: il numero reale dei casi in Italia è tra le 5 e le 10 volte quello conteggiato attraverso i tamponi. Borrelli in un’intervista ha dichiarato che “600 mila casi positivi è un numero verosimile”. I fisici Giorgio Parisi, Enzo Marinari, Federico Ricci-Tersenghi e Simone Franchini, attraverso un’analisi basata sul confronto con i dati cinesi, hanno ipotizzato che i casi reali sono almeno 4 volte di più quelli rilevati [5]. E la Fondazione Gimbe ha stimato che i casi reali sono circa il 65% in più, ovvero intorno ai 208 mila [6].
Non sappiamo quale sia tra queste la stima più attendibile ma partiamo dalla più bassa, quella della Fondazione Gimbe. Se consideriamo i casi positivi italiani pari a 208 mila ecco che in un attimo la letalità scenderebbe dal 10,8% al 4,8%. E se prendiamo per buono il numero di 600 mila casi positivi fornito da Borrelli, lo stesso dato scenderebbe all’1,7%.
COME VENGONO CONTEGGIATI I DECESSI
I dati esposti fin qui influenzano il conteggio finale dei decessi da COVID-19 ma da soli non è detto che riescono a giustificare l’abissale differenza della letalità tra Italia e Germania. Si ritorna allora al punto che in molti hanno posto in queste settimane: come vengono conteggiati i decessi nei due Paesi?
C’è chi sostiene che in Germania non considerano nel computo dei morti da coronavirus coloro che già presentavano patologie pregresse. Conteggiano quindi solo i morti «di» coronavirus, cioè il decesso di chi ha contratto il virus quando era perfettamente sano, e non quelli «per» coronavirus, ovvero coloro a cui il virus ha aggravato una patologia già esistente. Ad ipotizzarlo è stato anche il capo della Protezione Civile Borrelli durante la quotidiana conferenza stampa.
A porre il dubbio è stato anche Signorelli che nella stessa intervista al Corriere della Sera afferma:
“La verità è che in Italia abbiamo deciso di segnalare tutti i morti portatori di coronavirus a prescindere dalle patologie pregresse. Per questo il numero è così alto. Nella scheda di morte di una persona ci sono di solito tre voci: causa iniziale, causa intermedia e causa finale. Prendiamo il caso di un malato di tumore che muore con il coronavirus. La causa iniziale resta il cancro. Se non c’era quello, la persona non moriva. Ora, tra qualche tempo, quando sarà possibile distinguere i casi, sono sicuro che i morti che hanno avuto per causa iniziale, unica, il coronavirus, vedrete che non saranno molti. Rispetto ai numeri che abbiamo oggi, direi un centinaio forse. La Spagna e la Francia stanno facendo come noi, la Germania invece credo che li stia contando così: su 21 mila casi, si registrano appena 75 decessi. Evidentemente, cioè, considerano solo i morti di coronavirus come causa unica. Non mi do altre spiegazioni”.
Dello stesso parere è Carlos Arija Garcia, giornalista d’inchiesta che collabora con importanti media in Spagna e Italia tra cui la Rai. Garcia il 26 marzo scriveva:
“La Germania ad oggi ha registrato circa 37.300 casi, ma i decessi si fermano a 206. Quando l’Italia aveva più o meno lo stesso numero di contagi (35 mila circa) i morti erano quasi 3 mila. Una sproporzione abissale. I tedeschi stanno depurando dalle loro statistiche i casi di chi aveva già contratto una patologia che rientra tra quelle che incidono sull’indice di mortalità nel Paese. Tengono conto, cioè, solo di chi si ammala dopo aver contratto il coronavirus, non di chi aveva già un quadro compromesso prima del contagio.” [7]
Io ad oggi ancora non ho trovato conferme ufficiali che dimostrino che la Germania ha un differente metodo di conteggio dei decessi “da” o “per” coronavirus. Sempre attraverso il Robert Koch Institut apprendo che:
“The reporting data also includes all deaths that are associated with COVID-19 disease: both people who died directly from the disease (“died from”) and patients with underlying diseases who were infected with COVID-19 were and for whom it cannot be clearly demonstrated what ultimately caused the death (“died with”). Deceased persons who had not been tested for COVID-19 during their lifetime but who are suspected of having died of COVID-19 can be examined for the virus post mortem. As of March 25, 2020" [8].
In sostanza dicono che non esiste alcuna differenza e che tutti i morti positivi al nuovo coronavirus rientrano nel computo dei decessi da COVID-19. A far sorgere qualche dubbio è quel “As of March 25, 2020” che indica la data in cui è stato inserito questo aggiornamento all’interno di una pagina i cui primi aggiornamenti risalgono addirittura a fine gennaio. Come mai il Robert Koch Institut specifica in maniera così tardiva il metodo di conteggio dei morti? È possibile che questo metodo sia stato cambiato in corsa?
I numeri ci dicono che il 25 marzo 2020 i casi positivi confermati in Germania erano 37.323 e i decessi dichiarati 206, con un tasso di letalità allo 0,55%. Cinque giorni dopo i casi totali sono saliti a 63.929 e i decessi a 560. In questi cinque giorni la letalità è stata dell’1,3 %, più del doppio rispetto al periodo precedente ma comunque ancora molto bassa rispetto alla media mondiale e a quella di tanti altri Paesi.
Tra la percentuale di letalità italiana e quella tedesca c’è infatti quella degli altri Stati: quasi all’8% in Spagna, oltre il 6% in Francia e Olanda, oltre il 4% la media mondiale, 4% in Cina e oltre il 3% in Giappone. Percentuali più basse dell’Italia, certo, ma ben più alte dello 0,7% della Germania (Figura 5). Ma andiamo oltre.
Secondo uno studio del Chinese Center for Disease Control and Prevention (China CDC) pubblicato l’11 febbraio 2020, su 44.672 casi positivi al virus SARS-CoV-2, la percentuale di incidenza della letalità è del 39,7% per chi soffre di ipertensione, del 19,7% per i diabetici, del 22,7% per chi soffre di malattie cardiovascolari, del 2,4% per problemi respiratori cronici e dello 0,5% per i pazienti oncologici. Come sarà possibile quindi verificare un differente metodo di conteggio dei decessi in Germania come negli altri Paesi? Sarà molto semplice farlo, perché se vengono sottostimati i morti da Covid-19 allora saranno sovrastimati quelli per altre patologie. Basterà allora andare a guardare tra qualche tempo in Germania i dati relativi ai decessi di quest’anno e confrontarli con la media degli anni passati. Il confronto non sarà difficile da fare e potrà darci ulteriori e importanti elementi di analisi.
PER CONCLUDERE
Età media delle persone positive più bassa. Maggior numero di tamponi. Maggiori posti letto in terapia intensiva. Sottostima dei casi reali in Italia. Metodo di conteggio dei decessi forse differente. Ecco spiegato il differente tasso di letalità del nuovo coronavirus tra Italia e Germania.
Giorgio Sestili, fisico e comunicatore scientifico, ha ideato e coordina la pagina Facebook Coronavirus — Dati e Analisi Scientifiche, un vero e proprio caso di successo dell’informazione scientifica ai tempi dell’emergenza coronavirus in Italia con oltre 70.000 follower raggiunti in appena 3 settimane e collaborazioni avviate nello stesso periodo con l’ANSA, Il Fatto Quotidiano e Open, il giornale diretto da Enrico Mentana.
[1] Istituto Superiore di Sanità, Report 28 marzo 2020 COVID-19
https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/bollettino/Infografica_28marzo%20ITA.pdf
[2] Coronavirus Disease 2019 (COVID-19), Daily Situation Report of the Robert Koch Institute, 28/03/2020
[3] Mossong et al., “Social Contacts and Mixing Patterns Relevant to the Spread of Infectious Diseases”
https://journals.plos.org/plosmedicine/article?id=10.1371/journal.pmed.0050074
[4] https://www.agi.it/estero/news/2020-03-20/coronavirus-germania-morti-dati-7724363/
[5] Simone Franchini, Enzo Marinari, Giorgio Parisi, Federico Ricci Tersenghi, Ma quanti sono gli ammalati di Covid-19 in Italia?