Il nonno e il treno — racconto

Il nonno non ha mai preso la patente. Era stato un ferroviere, sin da giovanissimo: era sceso dalle montagne veronesi ed era entrato in Ferrovia e, tra vari spostamenti regionali, un matrimonio e due figli, ci era rimasto fino alla pensione. Io lo ricordo sempre in giro, dalla città al suo orto in campagna. In treno.

L’Italia del dopoguerra era intessuta di binari che collegavano le città e i più piccoli paesi delle province, giù fino in Sicilia, dove il nonno e la famiglia avevano trascorso quasi cinque anni.

Il nonno viaggiava gratis e così la moglie e i figli fino alla maggiore età. Questo il motivo per cui non aveva mai avuto bisogno di prendere la patente.

I racconti dei treni si inseguono nella mia famiglia paterna: il nonno perché ferroviere lo era stato tutta la vita; mio padre aveva rischiato di entrarci a sua volta e aveva deviato all’ultimo istante, ma i suoi racconti prevedevano sempre un treno come mezzo di spostamento: durante la scuola e il militare, nei viaggi con gli amici, per venire a trovare la mamma durante gli anni di fidanzamento.

La storia della mia famiglia è così legata alla ferrovia. Almeno fino ad un certo punto: con me questo legame sembrava essersi interrotto. Io, generazione low cost fin dall’Erasmus.

Ci ripenso mentre mi accingo a salire sul mio vagone OBB per questi pochi giorni di vacanza.

Una nuova personale sfida legata alle letture sul cambiamento climatico mi ha portato ad pronunciare ad alta voce l’impegno ad evitare voli per spostarmi in Europa, fatto a voce alta durante le festività natalizie. Ogni vacanza, per quanto breve, negli ultimi due decenni aveva infatti sempre previsto un aereo.

- E come pensi di viaggiare? In auto? — mi avevano chiesto durante la cena festiva in risposta alla mia uscita.

- O hai pensato di smettere di viaggiare? — aveva punzecchiato qualcun altro.

- In treno! — avevo esclamato trionfante, preparata grazie alla recente lettura di un reportage che parlava di questa nuova tendenza in Europa e delle molte tratte già a disposizione o in procinto di essere rimesse in circolazione. Treni notturni, nuovi collegamenti internazionali: se si dispone di tempo viaggiare in Europa sui binari è facile, comodo e spesso anche economico.

Un mese dopo questo scambio mi ero trovata a visitare per la prima volta il sito delle ferrovie austriache, e a scoprire che le destinazioni a disposizione non erano moltissime, ma puntavano verso un paese che, pur vicino, non avevo mai visitato. Dopo alcuni inspiegabili tentennamenti, avevo acquistato un biglietto per Monaco di Baviera.

Due cose mi tornano in mente mentre preparo la valigia per questo viaggio: il nonno non aveva mai preso la patente; e non amava la Germania.

Ricordo questo astio verso i tedeschi emergere dalle sue parole durante le nostre partite a briscola della domenica mattina quando i miei genitori mi portavano a trovarlo. Il nonno, accogliente e sornione, pronto a dedicarsi a me e ad intrattenermi insegnandomi le carte e chiacchierando.

Di tutte le chiacchiere fra noi, mi accorgo che l’unico tema a rimanermi impresso è quello dei suoi ricordi del campo di prigionia in Germania e dei sui due anni trascorsi lì. Giovane soldato, all’indomani dell’armistizio era stato fatto prigioniero e trasportato — in treno, sempre treno per lui — in Germania in un campo di lavoro. Le difficoltà della vita in prigionia, le umiliazioni subite da lui e dai compagni, le privazioni, la fame, i rischi per portare del cibo la sera a quelli rimasti nelle baracche perché rispetto a loro aveva avuto la fortuna di essere assegnato a un mulino: il nonno raccontava tutto e la sua voce, solitamente pacata com’era lui nella quotidianità, conteneva una nota amara, risentita, astiosa. Non li perdonava e questo mi aveva forse condizionato e mi aveva portato a covare un sordo e ingiustificato risentimento verso quel paese che di fatto non avevo mai visitato.

Germania, patria dell’efficienza. Il mio treno arriva a Verona con 5 minuti di ritardo e riparte ormai in ritardo di 15 sulla tabella di marcia. Un inspiegabile moto di soddisfazione si affaccia nel mio pensiero nonostante l’evidente svantaggio per me. Una rivincita per il nonno?

La carrozza di prima classe non è nuova, ma piacevole: poltrone ampie in pelle, poggiabraccio spazioso e comodo. Piccoli scompartimenti da 6 posti come nei vecchi intercity che vedevo da bambina. I miei compagni sono al momento solo due ma controllo le prenotazioni agganciate alla porta: uno di loro scenderà presto, a Trento; la signora sportivamente elegante alle prese con un libro mi accompagnerà fino a Monaco.

La corsa lungo la Val d’Adige mi affascina: il panorama mi è noto, visto a ripetizione nelle gite in montagna. È la prima volta però che la vedo da questo lato: la ferrovia corre affiancata ai monti della sinistra Adige, una prospettiva inusuale. Rovereto. Trento. Bolzano. Viaggiare in treno significa entrare in città mentre le autostrade le toccano nelle periferie tutte simili, distinguibili solo dai cartelli di uscita.

La signora bionda è rimasta la mia unica compagna di viaggio. Dopo la comune ritrosia iniziale abbiamo iniziato a parlare e ne ho scoperto piano piano la storia, tra studi matematici e lavori nell’arte, piccoli stralci della sua vita a Monaco e le vacanze in Italia, sempre in treno.

- è così comodo — mi dice — Arrivo poco prima della partenza e scendo in centro. E poi fuori dal finestrino c’è sempre qualcosa di interessante da osservare — continua indicando i larici alti e scuri che ci accompagnano in questo tratto.

Brennero. Il treno si ferma alla grande stazione del passo. Si lascia l’Italia. Il tratto perde la direttrice dritta e e il treno è costretto a rallentare scorrendo fra valli strette, larici sottili e scuri, il sole si incaglia in alto fra le pareti, illumina solo l’azzurro ma non il fondovalle. Innsbruck. Kufstein. E poi è Baviera. Il panorama si allarga, i pascoli arrivano e lo sguardo può spaziare, scorrendo in avanti tra il verde e i campanili aguzzi, i prati illuminati e i tetti coperti da pannelli solari.

Ultimo tratto: Munich. Scendo dal treno e improvvisamente è Germania. Andiamo a completare la spedizione. Andiamo a fare pace con il ricordo del nonno.

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