Medio Cielo in Sagittario

Mia nonna era una cartomante esperta e si racconta avesse avuto episodi di percezioni extrasensoriali sin da bambina: quando la famiglia si radunava attorno al tavolo per giocare a carte, passatempi dell’epoca come sorchetta o briscola, veniva solitamente allontanata perché riconosceva le carte anche da girate, e nessuno voleva averla tra i piedi. A casa mia i Tarocchi, e più tardi l’astrologia, ci hanno da sempre aiutati a dipanare l’inesplicabile, a filtrare il presente con uno sguardo più consapevole e preparato al futuro. Spesso, probabilmente, anche a giustificare l’ingiustificabile.

Personalmente mi sono fatta leggere le carte da mia nonna una sola volta e prima dei miei vent’anni. Non mi sentivo a mio agio con uno strumento che a quei tempi consideravo principalmente divinatorio, e sapendo che mia nonna ci azzeccava sempre, non avevo la minima intenzione di sapere prima cosa mi sarebbe accaduto poi. Nonostante da brava Toro quale io sono non ami particolarmente le sorprese, o comunque qualunque avvenimento venga a turbare il piano mentale e pratico che ho strutturato, la vita mi sembrava soprattutto allora una scoperta continua, un corollario di opportunità talmente diverse tra loro che non avevo voglia di vedermele spiattellate da una stesa di carte su un tavolo. Ho sempre avuto un debole per il nuovo, per l’inesplorato, per il segreto, e mentre mia nonna oltrepassava i confini del tangibile senza spostarsi dal suo studio, avvicinando dimensioni altre sempre più introspettive, io dimostravo invece una precoce inclinazione al viaggio. Quello geografico. Quello dei treni e delle cartine, quello dei racconti di luoghi e popoli lontani. Non mi importava come, quando e con chi, una volta che la fascinazione di un luogo prendeva il sopravvento, tutta la mia vita si direzionava naturalmente verso un solo e unico scopo: scoprirlo. E viverlo.

Mia madre aveva una spiegazione per tutto questo.

“Denise ha il Medio Cielo in Sagittario. Non poteva che essere così.”

Sono curiosa e avventurosa, ai limiti dell’incoscienza. Trovo assolutamente insopportabili le attività di routine e sento di non vivere appieno se non esploro contesti sempre nuovi. Inoltre, ho una naturale inclinazione alle lingue, certamente di grande ausilio quando viaggio. A quanto pare, la disposizione dei pianeti nell’ora della mia nascita così ha decretato e io, sotto sotto, sono sempre stata molto fiera del mio Medio Cielo, e mi abbandono pacificamente a quello che gli astri hanno deciso per me.

“Mamma, siamo mai andate alle Gole del Sagittario?”

Il Sagittario. Il grande viaggiatore, il centauro esploratore dello Zodiaco, colui che tende frecce.

Ultimamente ammetto di aver vissuto una sorta di bulimia astrologica, fatta di oroscopi, quinconce e congiunzioni planetarie. Non accade spesso, ma quando sento la terra mancarmi sotto i piedi mi conforto in questa panacea cosmica che riesce a darmi almeno una direzione.

“No, non ci siamo mai state, ma ne ho sentito parlare tante volte. Perché me lo chiedi?”

“Strano! A te piacciono quelle cose…”

Quelle cose. Sophia, mia figlia, tredici anni e mezzo di pragmatismo e scetticismo, mi guarda tra il sorpreso e il provocatorio. Non so bene se si riferisca più al nome di un luogo che evoca scenari stellari o alle innumerevoli escursioni dove è stata suo malgrado trascinata da quando è piccola. Ad ogni modo ha ragione, è strano che io non ci sia ancora mai stata. Il click è immediato e la fascinazione di un luogo per me inesplorato mi ha già annebbiata.

Decidiamo di partire nel primo pomeriggio di sabato per Ovindoli e raggiungere Letizia, un’amica di famiglia, per trascorrere lì la notte e raggiungere le gole la mattina successiva. Lei e il figlio sono in settimana bianca e credo abbiano avuto la fortuna di intercettare una rara finestra di temperature quasi invernali. Letizia, irrimediabilmente Toro come me, è sempre stata una compagna di viaggio eccellente. “L’organizzazione è tutto” mi scrisse una volta, mentre mi costringeva a prenotare con undici mesi di anticipo uno chalet in Val d’Aosta per festeggiare insieme la fine dell’anno. Vorrebbe rimanessimo a sciare con loro ma ho già prenotato l’escursione con una guida locale e l’appuntamento è ad Anversa degli Abruzzi, da dove cominceremo il nostro cammino lungo le rive del fiume Sagittario.

Scegliere il percorso dell’escursione non è stato facile, che per traslato è esattamente la metafora della mia vita. Il Medio Cielo è, astrologicamente, uno dei quattro punti cardinali che inquadrano il tema natale di ognuno, ne è il punto più alto, quasi ad indicare la direzione stessa del destino, la nostra visione di vita, il lavoro al quale aspiriamo. Il mio destino non è che mi sia ancora chiarissimo, e pare proprio abbia a che fare con un arciere mezzo uomo e mezzo cavallo che scocca frecce in più direzioni. Mi sarei sdoppiata o triplicata per percorrere tutti in una volta i cinque sentieri che si snodano dal fondo delle gole dove scorre il fiume fino ai prati in quota, che poi è più o meno come ho affrontato il mio percorso di studi non appena finito il liceo: tanto, tutto, troppo.

Ad Anversa incontriamo la nostra guida: un ragazzo abruzzese esperto di osservazione faunistica che ci mostra subito sul suo telefono un’invidiabile galleria di foto di feci di animali. Non sapevo che le deiezioni d’orso assomigliassero ad un muesli di frutti rossi, così come ignoravo che quelle di lupo fossero costituite principalmente dai peli dell’animale predato, tali da non sembrare nemmeno cacca. Ad ogni modo riconosco la sorpresa nei suoi occhi quando cominciamo a parlare, nonostante quello strano stavolta sembrerebbe essere lui. Questo curioso connubio tra l’apparire indubbiamente come un essere selvatico e il fatto che io lavori per un Ministero suscita sempre particolare attenzione. Ma lui ignora il mio Medio Cielo, altrimenti non sarebbe così meravigliato.

Mentre ci addentriamo nella riserva rifletto sulla potenza e la determinazione dell’acqua che, per millenni, ha eroso queste gole calcaree dando vita ad un canyon spettacolare, e penso a come la tenacia e la perseveranza di un atto o di un’idea sappiano creare meraviglie. Focalizzarsi su un’unica direzione è quello che ho sempre ammirato in tante persone, perché a me non è mai riuscito. “Poco” dovrebbe essere anche sinonimo di buono, immagino. Ma il mio Sagittario non è mai quieto, ha frecce incontenibili che vanno da tutte le parti. Perché non divento come questo fiume? Come mia figlia, che sta disquisendo sul campionamento sistematico di specimen biologici con la guida, lei che vuole fare il medico e ha già cominciato ad erodere la sua personale forra con la fermezza di un timoniere.

“Sapete che tipo di bosco stiamo attraversando?”

Mesofilo, penso tra me e me, ma non voglio rubargli il mestiere. La fatica della camminata sotto il sole sembra rendere più lucidi i miei pensieri, e il contatto visivo con gli alberi e le rocce ha sempre avuto su di me un potere radicante. Raggiungiamo il Girone Escher, l’ultimo tornante dedicato all’artista prima dell’ingresso al paese di Castrovalva. Proprio da quel punto osserviamo l’abitato dalla stessa angolazione e prospettiva di una sua famosa litografia, che ritrae il paese abbarbicato su uno sperone roccioso a precipizio sulle gole. Mi torna subito alla mente quel suo disegno che raffigura delle scale che non sembrano portare da nessuna parte o che, forse, ci conducono in qualsiasi direzione. Eppure, percorrendole, si rischia di ritrovarsi sempre al punto di partenza. Penso a questa ennesima allegoria della mia vita quando la guida interrompe il mio flusso di coscienza.

“Aspettate, voglio farvi una foto”

Ci fermiamo in prossimità di un trampolino roccioso proteso sulla valle sottostante, mentre il sole ci colpisce in pieno volto. Il nostro accompagnatore ci invita ad abbracciarci ma non sa che lo spirito adolescenziale aleggia da ormai più di un anno sui nostri sporadici contatti fisici, e dopo essersi arreso all’evidenza ci mostra soddisfatto la nostra istantanea che interferirà con l’apparente monotonia di una galleria di feci animali. Sophia è in primo piano, coi piedi ben saldi a terra, e guarda decisa l’obiettivo accennando un sorriso. Io vengo subito dietro, parzialmente coperta ma più alta rispetto a lei perché sono salita sulla sporgenza rocciosa. Ho gli occhi persi nel paesaggio e sono vicina allo strapiombo.

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Quando mia figlia aveva appena sei mesi andammo a vivere per un breve periodo a New York. Sarebbe stata la prima di una lunga serie di partenze, dal momento che il mio compagno all’epoca aveva aperto proprio lì un’attività, e la Grande Mela sarebbe diventata per anni la nostra seconda casa. La sera prima della nostra partenza mia madre organizzò una delle sue consuete cene di commiato e invitò mia nonna, che ad un certo punto della serata mi prese da parte e mi portò in una delle camere da letto.

“Noi non ci vedremo più”, disse laconica e in lacrime.

A me venne da sorridere, riconoscevo in quelle parole l’apprensione e le preoccupazioni di una donna che aveva viaggiato poco e che allo stesso tempo ci amava profondamente. La abbracciai e le promisi che al nostro rientro saremmo andate subito a trovarla, ma non riuscii nell’intento di tranquillizzarla, e questo è l’ultimo ricordo che ho di lei: lo sconforto e l’accettazione di qualcuno che già sapeva quello che sarebbe successo. Mia nonna, infatti, ci avrebbe lasciati improvvisamente nemmeno un mese dopo la nostra partenza.

Cominciamo a ridiscendere e abbandoniamo i ghiaioni e le rupi in quota. Percorro la strada del ritorno mano nella mano con Sophia cullandomi in queste memorie, cercando di immaginare quanto sia pesante il dolore della preveggenza, strette vicino alla nostra guida che si è fatta di colpo silenziosa, quasi a rispettare inconsapevolmente un momento sacro. Mia nonna, ai tempi dei giochi di carte, aveva di certo già decifrato il suo daimon, penso. Anche la nostra guida ha ascoltato il suo e vive già il suo destino, felice. Come una voce che da segreta si rivela, e da muta diventa argentina.

Torniamo a sentire di nuovo il suono rilassante e ostinato dell’acqua. Prendo il mio taccuino e comincio a scrivere velocemente una lista. Mia figlia mi guarda e alza gli occhi al cielo, non sa mai quanto potrebbe durare questa operazione.

- Scrivere un racconto.

- Diventare cartomante.

- Tornare a New York.

Il mio Sagittario ha scoccato di nuovo le sue frecce.

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