La Compagnia dell’Anello- La versione di Fatica

Paolo
Cose che leggo
Published in
7 min readNov 16, 2019

La nuova traduzione del Signore degli Anelli è ormai un caso letterario e — ovviamente — politico. In questo piccolo intervento dò i miei due centesimi da profano delle questioni tecniche e da frequentatore incallito delle polemiche politiche. Prima, però, una parentesi personale che giustamente si può saltare al grido di “ma che me frega a me di cosa leggevi?”!

Il professore e io

Ho letto e riletto ISdA un numero imprecisato di volte, insieme al resto della produzione tolkieniana. Credo di aver letto per la prima Lo Hobbit nel ’98 e a seguire ISdA. In quegli anni ho scoperto anche l’esistenza dei newsgroup degli appassionati in cui scoperto per la prima volta che la traduzione non è esattamente apprezzata universalmente.
Poi è seguita l’orgia della trilogia cinematografica di Jackson fino ad arrivare alla pubblicazione de I Figli di Hurin nel 2007. Letto quest’ultimo, pensavo di aver concluso con l’opera di Tolkien. Avanti veloce, autunno del 2011, durane un quadrimestre in Cina, a Guangzhou, trovo una bancarella di libri in inglese tra cui gli acquisti più papabili per una lettura leggera sono The Lord of the Rings, Das Kapital di Carlo Marx (!) e , la saga di Harry Potter. La scelta ricade su LotR, torno nel mio gated compound e mi perdo nella festa di compleanno di Bilbo Baggins nel giardinetto finto-zen.

Illuminazione: LotR è magnifico come e più di quanto mi ricordassi. Ma non solo, non è il testo pesante che ricordavo. Certo è difficile, ma non ritrovo quel testo in cui la pesantezza delle descrizioni era diventata mitologica.

Torno in Italia (rischiando di perdere l’aereo perché ero troppo concentrato a leggere in areoporto The Return of the King!) e torno a ri-scoprire anche il resto del legendarium tolkieniano. Nel 2013 esce Difendere La Terra di Mezzo di Wu Ming 4 (e che gioia poter avere una pezza d’appoggio contro chi rompe i maroni col ritornello del romanzo fascista-tradizionalista, soprattutto contro i compagni che rompono i maroni) e nel 2014 viene fondata l’Associazione Italiana di Studi Tolkieniani (di cui seguo le attività senza farne parte, col dovuto rispetto e la dovuta distanza dovuta al fatto che il loro livello di discussione è davvero alto).

Morale della favola: quando viene annunciata la nuova traduzione del Signore degli Anelli ad opera di Ottavio Fatica con la collaborazione dell’AIST per me è come dire che Natale arriva in anticipo. Poi Natale in effetti arriva con un anno di ritardo, nel senso che la nuova versione viene rinviata dall’autunno 2018 all’autuno 2019. Ma alla fine, al Day-1 ho in mano l’ebook della Compagnia e posso finire questo pippone.

La Poesia dell’Anello. O, dell’immaginario collettivo. O dell’immaginario nerd.

Il primo impatto con la nuova traduzione mi lascia perplesso. Quando leggo

Tre Anelli ai Re degli Elfi sotto il cielo
Sette ai Principi dei Nani nell’Aule di pietra,

resto stranito. Mi ci vuole un momento per capire che il problema non è solo la differenza con la versione ormai classica di Alliata-Principe e neanche con la versione originale. Il problema è che mi ricordo la canzone dei Blind Guardian con

Three for the Kings
Of the elves high in light

e con

Seven rings to the dwarves
In their halls made of stone

Mi rendo conto di una cosa: questa nuova traduzione sfiderà il mio stesso immaginario, ormai composto da un miscuglio del testo originale, della traduzione Alliata-Principe, di canzoni, giochi, videogiochi, film in inglese e doppiati in italiano. Provo lo stesso smarrimento quando l’indovinello su Aragorn recita

Non tutto quel che è oro poi risplende

Evidentemente sono stato tratto in inganno dai Led Zeppelin con

There’s a lady who’s sure
All that glitters is gold

Il vortice di commenti che si lamentano della nomenclatura — per il momento non parlo di quelli palesemente in malafede — appoggia proprio su questo: un immaginario collettivo rispetto a cui le scelte di Fatica sembrano stonate indipendentemente dalla correttezza filologica. Molti commenti in effetti insistono su un punto: sono stati i film a forgiare nell’immaginario collettivo determinati nomi e non sarebbe quindi giusto togliere quest’abitudine al pubblico. Questo riguarda ovviamente la forza che opere derivative come i film di Jackson assumono rispetto al testo originale, indipendentemente dalla bellezza o meno dei film.

E segnala un grosso problema della “cultura nerd”: l’immobilismo. La cultura nerd si auto-descrive come aperta alla discussione minuziosa dei propri oggetti di interesse. La discussione minuziosa diventa però spesso e volentieri conservazione minuziosa della “conoscenza ereditata”. Poco importa se quella conoscenza proviene dal doppiaggio dei film e non dal testo originale. Poco importa, in effetti, anche se quella conoscenza tradisce il significato originale o comunque riporta il testo molto lontano da quello che Tolkien ha effettivamente scritto.

La versione di Fatica

Il punto della nuova traduzione sta qua: la traduzione Alliata-Principe è stata fatta in un’altra epoca di traduzioni, quando era moneta corrente cercare di riportare tutti gli stili di scrittura a quelli che venivano considerati come modelli di buona letteratura. È così che nei romanzi di Faulkner e di Fitzgerald tradotti in Italia tra gli anni ’30 e ’50 i buzzurri del midwest e i borghesi di New York finiscono tutti a parlare come italiani che hanno fatto un buon liceo classico. Ed è così che nella versione di Alliata-Principe la lingua di Tolkien viene piegata ad alcune caratteristiche tipiche del “buon italiano”: frasi molto lunghe in cui vengono accorpate più frasi del testo originale, raddoppiamento degli aggettivi per far suonare il testo più vicino alle costruzioni dantesche a cui sono abituati gli italiani (questo per stessa ammissione di Alliata, in mezzo alle polemiche dell’ultimo anno).

La versione di Fatica invece cerca di essere più vicina al testo originale. Col risultato — a mio avviso — di una traduzione nel suo complesso più fedele e più scorrevole. A mio avviso perché non ho ovviamente la competenza critica per ergermi ad autorità e nel suo complesso perchè non vuol dire che ogni singola scelta di traduzione sia di per sè più fedele e scorrevole.

Una cosa però è incontrovertibile: la variazione nei registri. Finalmente i contadini parlano in maniera diversa dai re, gli hobbit in maniera diversa dagli elfi, gli osti in maniera diversa dai maghi. Questo peraltro incide sicuramente anche sull’alternanza tra alto e basso del testo originale. E probabilmente è un elemento di straniamento per il lettore italiano abituato all’idea che ISdA fosse un tutto alto.

E i nomi? E Samplicio? E labbboldrini?

Internet è ovviamente piena di polemiche un tanto al chilo che si concentrano principalmente sulla nomenclatura. Come si sa, Tolkien stesso deluso dalle prime traduzioni stilò una lunga guida alla traduzione dei nomi. Alliata cercò di seguirla per la prima versione pubblicata da Astrolabio, Principe nela sua revisione per Rusconi se ne fregò altamente mentre Fatica torna ora a seguirla. Il lettore abituato alla nomenclatura Alliata-Principe non può non essere estraniato da quella nuova ma è inevitabile e tutto sommato secondario.

È forse un poco più interessante notare che una buona parte dei siti nerd abbia optato per il puro click-baiting, spingendo la polemica su Samplicio, forestali e la Montagna Fiammea. Internet è abbastanza pieno di discussioni per farsene un’idea senza che sprechi altro tempo sulla nomenclatura. Certo è che questa polemica conferma come l’auto illustrazione del mondo nerd come attento al dettaglio sia una falsa coscienza per coprire tanto il conservatorismo quanto lo stuzzicamento dei peggiori istinti a fini di aumento delle visite.

La versione di Fatica — 2

Una traduzione ovviamente non può essere perfetta per definizione. Una traduzione è un lavoro svolto da un professionista (in questo caso, un professione di altissimo livello) ma pur sempre un essere umano soggetto alla fallibilità. In accademia si scherza sul fatto che l’unica maniera per scoprire i typo nelle mail è premere il tasto invia. Questo vale ovviamente anche per i refusi (oggettivamente pochi) presente nella nuova Compagnia dell’Anello.

Un discorso a parte sono invece alcune scelte di traduzione. Andando oltre alla polemica sulla nomenclatura, è vero che a volte Fatica usa dei termini piuttosto desueti anche in mezzo a frasi dove stonano un po’ (vedi il piancito). E a mia ricezione personale, alcuni passaggi descrittivi dell’ambiente naturale che mi risultano pesanti. Come esempio maggiore porto i passaggi nella Vecchia Foresta.

Sono però problemi che nel complesso dell’intero volume costituiscono poche eccezioni.

La versione di Bompiani

Portare un traduttore di primissimo livello a ritradurre completamente un romanzo come ISdA è certamente un investimento notevole per la casa editrice. Soprattutto considerando che la Bompiani non aveva mostrato grande cura dei prodotti editoriali tolkieniani fino all’acquisizione da parte di Giunti. Il prezzo di copertina è piuttosto alto (24 euro il libro, 15 l’ebook) e l’assenza della mappa all’interno è fastidiosa. La copertina in sè non mi fa caldo nè freddo, non vedo nessun motivo di scandalo per la foto dal pianeta Marte.

In conclusione

L’opera di ri-traduzione porta per me un segno nettamente positivo. Al di là di polemiche extra letterarie e problemi letterari, La Compagnia dell’Anello è finalmente tornata in una versione che rende più giustizia al lavoro di Tolkien e forse — quando saranno placati i pianti del mondo nerd per l’inestimabile perdita di gaffieri e puledri impennati — toglierà dal Signore degli Anelli quella polvere di libro verboso e interminabile.

Ulteriori letture

Gruppo di lettura — La Compagnia dell’Anello (su Facebook)

Studi Tolkieniani — Gruppo dell’AIST (su Facebook)

Guerra e querela alla traduzione di Tolkien: un riassunto equilibrato sulle polemiche pre-pubblicazione

Ancora uno sforzo: un intervento sul sito dell’AIST in cui si chiarisce, tra le altre cose, la leggenda urbaa dell’approvazione di Tolkien alla traduzione Alliata e/o alla traduzione Alliata-Principe

La vicenda editoriale di Tolkien in Italia secondo Quirino Principe

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