Il mio Open Summit (e la storia di uno scantinato caldissimo affollato di reporter)

Alessandro Frau
Serendipity (for a better world)
4 min readDec 15, 2015

#Pensieri #Esperienze #Vita

Per misurare il successo di un evento non bisogna giudicare la grandezza di una sala (e fidatevi, il Palazzo del Ghiaccio di Milano è un posto enorme) ma quanta distanza si riesce ad annullare tra le persone che vi partecipano. E ieri, all’Open Summit di Startupitalia, gli spazi li abbiamo riempiti tutti. No, non sto parlando delle sedie e dei tavoli, sempre occupati, e neanche del palco, che ha ospitato personaggi fantastici. Parlo di quei vuoti che nessuno nota ma che, alle conferenze o agli eventi, stanno esattamente tra quelle sedie e quei tavoli. Muri invisibili che, il più delle volte, non siamo in grado di infrangere perché non sappiamo che esistono.

Seguitemi, non è difficile. È una questione di traiettorie e direttrici che si creano quando si rivolge l’attenzione verso qualcosa o qualcuno. Di solito sono linee dritte, tutte uguali, silenziose. Partono dalla persone seduta in sala per arrivare a chi, in quel momento, sta usando il microfono. Linee che ignorano tutto quello che sta intorno e che hanno intensità e resistenza diversa. Ieri, invece, c’erano solo trottole impazzite che continuavano a girare formando mulinelli, vortici e cambiando continuamente l’oggetto a cui prestare la loro attenzione. Trottole in grado di creare connessioni, di sviluppare reti, di incrociare esperienze.

Come? con le parole e gli scambi di opinioni; con i racconti e gli aneddoti; con i bigliettini da visita e le presentazioni; con le strette di mano e gli abbracci.

Soprattutto con i sorrisi, quelli curvi che scoprono i denti, e quelli tondi, di tanti colori, che scavano più in profondità e leggono tutto.

Connessioni, reali. Passate, presenti e future. Ed è per questo che non ho dubbi. L’Open Summit è stato un successo per quello che ciascuno di noi si è portato a casa: la percezione dell’altro, il suo contatto, il suo esempio, la sua vicinanza, la sua somiglianza. Far parte di qualcosa, sapere di avere qualcosa in comune con lui. Il valore più importante di una comunità, per l’appunto.

Quello che non avete visto, ovvero uno scantinato pieno di meravigliosi reporter

Alla destra del palco però si consumava un’altra storia. Se eravate lì e non l’avete vista non vi preoccupate. Era una luce visibile solo a tratti ma che è stata tutto tranne che intermittente. Una luce viva, piena di passione. «Piena di vita» come direbbe Jovanotti. Una luce che ha espanso il suo calore in uno degli scantinati del Palazzo del Ghiaccio, senza fermarsi mai. Calore sì, perché in quel luogo appartato c’era una temperatura altissima (e non è una metafora stavolta). Lì, Claudio Sforza, il fotografo dell’Open Summit, e il college di Reporting della Scuola Holden hanno allestito un set fotografico e una piccola redazione. Un Lab, come lo ha definito giustamente qualcuno. Un’altra piccola comunità. Coesa, bella, determinata.

Cosa hanno fatto in quello scantinato? Semplice, hanno immortalato una gran parte dei protagonisti scelti da Startupitalia per l’ebook di fine anno. Startupper che sono stati accompagnati in questo luogo nascosto per essere fotografati, intervistati, osservati. Startupper a cui è stato chiesto di raccontare quale fosse la loro storia. Ed è lì che ho avuto la certezza che qualcosa di importante stava nascendo.

Ho visto penne che scrivevano veloci, smartphone che registravano accumulando numeri e frazioni di tempo, sedie che si spostavano e macchine fotografiche che scattavano alla velocità della luce. E poi, dopo 6 ore di lavoro continuo e ininterrotto, ho visto quei 16 giovani reporter che si mettevano in posa per farsi foto tra di loro, che scherzavano, ridevano, vivevano intensamente quei momenti. Senza paura. Con le guance rosse per il caldo e una stanchezza che si cancellava, risata dopo risata. Ho visto volti consci di aver fatto un ottimo lavoro e di aver passato una bella giornata. Insieme.

Perché vi dico questo? Perché anche lì, in quello scantinato dal soffitto basso e dalle pareti bianche, ho assaporato la forza dirompente di chi ci mette passione in quello che fa, di chi ha voglia di mettersi in gioco e dimostrare quello che vale. Nonostante l’età, l’inesperienza. Per questo mi ricorderò a lungo di questo Open Summit. Perché ho avuto la fortuna di essere circondato da persone che rendono migliore il (mio) mondo. Un mondo privo di muri ma ricco di connessioni, sorrisi e abbracci. Pieno di umanità, unità e condivisione. I valori di una comunità, per l’appunto. Una comunità che, nel 2016 e non solo, farà grandi cose. Potete scommetterci.

Alessandro Frau

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Alessandro Frau
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Giornalista @agenzia_italia (desk digital). Sport, radio, tech, books (and other things) addicted