Scintilla. Ecco perché dico grazie al TEDx Lecce

Alessandro Frau
Serendipity (for a better world)
5 min readNov 10, 2015

Sapevo che non sarei rimasto deluso. Era bastata una scintilla per capire ciò che poi avrei vissuto con i miei occhi. Dal vivo; sulla pelle. Sì, perche quella scintilla la conoscete tutti: si accende solo quando riportate alla mente un ricordo, un momento, un volto. Spesso solo una storia. Dura un attimo, ma illumina tutto. Occhi, zigomi, labbra. Improvvisamente è luce. Una luce sprigionata dal calore umano.

Beh, quella particolare scintilla, era già comparsa negli sguardi di tutte quelle persone a cui confidavo che sarei andato in Salento. «Sai, vado al TEDx Lecce questo weekend. Tu ci sei stato vero?». Eccola. Puntuale. «Sì! Vedrai che non te ne pentirai!». Scintilla.

Una famiglia (allargata)

Un evento di successo si costruisce solo grazie a un team affiatato. E un team così e poco meno di una famiglia. A Lecce funziona proprio in questo modo. Ci sono talenti che mettono a disposizione le loro competenze; volontari che, una volta accolti, si ritagliano lo spazio più congeniale alla loro indole, al loro percorso di vita. Giornalisti, storyteller, professionisti che si mettono a disposizione calandosi nell’atmosfera che avvolge tutta la città (sono 10 i luoghi che vengono coinvolti in 4 giorni di incontri, dibattiti, storie).

E tutto si condivide, comprese le risate, gli sguardi. Alcuni non si dimenticano, credetemi. Che sia TEDx o XOff (gli eventi collaterali) poco importa. È l’insieme a contare, un insieme fatto di tanti piccoli pezzi. Pezzi che combaciano e non si mollano. Ed è stato un onore potersi sentire parte di questo, anche solo moderando qualche incontro e provando a raccontare, semplicemente, delle storie. A volte, tremando un poco. Forse, ripensandoci, troppo poco.

Cosa mi porto dentro dal TEDx Lecce 2015

Un’edizione che ha preso per mano le 1300 persone presenti al Teatro Politeama di Lecce e le ha condotte in strade inesplorate, a volte impervie, strette, tortuose e fatte di dislivelli così forti da scombussolare cuori e cervelli. Strade rivoluzionarie, in cui si avanza tra nebbia e palpitazioni. Strade da cui sono emerse voci da catturare e conservare. Ecco cosa resta di una eco che non sbiadisce.

«A volte gli ostacoli sono opportunità. Credere in noi stessi vuol dire poter fare le cose. La vita è una corsa testarda. La mia è bella e piena. Degna di essere vissuta»

Mi porterò lo spirito e la voglia di vivere di Sammy Basso. Cercherò di ricordamene quando, sulla mia strada, avrò la pretesa di sentirmi sfortunato e, soprattutto, quando mi ritroverò a pensare che non c’è nulla per cui valga combattere, nulla per cui rischiare, nulla in cui credere, nulla in cui riporre fede e speranza.

«Se l’obiettivo è grande non ci si arrende»

Sognare non è difficile. Trasformare i sogni in realtà molto più complicato. Almeno così insegna Massimo Moretti. Sulla strada servono motivazioni, volontà, anche un pizzico di malinconico timore. Il primo passo per spingersi oltre, il secondo per capire che non si cammina mai soli. A volte trattenendo il respiro ma con le maniche sempre rimboccate.

«Dobbiamo tornare a essere umani. Essere umani significa essere rivoluzionari»

Impappinarsi nel parlare di fronte a qualcosa, o qualcuno, che non ci permette di essere forti. Anche lontano dallo spettacolo. Avere i birividi, gioire, applaudire, alzarsi in piedi con il cuore che sembra scoppiare. Ho applicato il consiglio di Max Casacci per quasi tutto il weekend. E non so se questa cosa mi abbia fatto sentire davvero rivoluzionario. Ma una cosa è sicura: non mi sono mai sentito così fragile e forte, allo stesso tempo, come in quei giorni di sole in Salento…

«La mafia non appena vede una mosca bianca la schiaccia. La società non deve lasciare solo chi denuncia»

Candida, intonsa come un tappeto innevato. Una denuncia, una prova di coraggio, una scelta. Tutto parte da una pagina bianca. E l’inchiostro, quel particolare inchiostro, è indelebile. Nulla si cancella, tutto rimane. Ma, grazie a Lirio Abbate, ho imparato che ciò che non si può cancellare si può riscrivire, ricopiare, diffondere. A volte non serve scrivere per sentirsi rivoluzionari: basta solo leggere, approvare, condividere. Dare voce.

Questa è solo la punta dell’iceberg. Poi ci sono tutti gli altri…

Foto profilo facebook TEDx Lecce

XOff, e il cuore che si riempie..

Quando gli organizzatori mi hanno chiesto di moderare degli incontri non pensavo che, nel farlo, mi sarei emozionato così tanto. Domenica, al Must (Museo Storico) di Lecce, abbiamo parlato di disabilità facendo intervenire dei veri eroi. E non è un’esagerazione. Perché sono persone che hanno compiuto, stanno compiendo, delle vere e proprie imprese. Non solo per loro. Ma per tutti. Anche per noi “normodotati”.

Eravamo in cinque intorno ad un tavolo: Paolo Gorrasi, papà maker che ha costruito un tutore per Roberta sua figlia malata di SMA; Vincenzo Rubano, ragazzo di 21 anni, non vedente, che denuncia e smaschera i siti web non accessibili ai non vedenti; Vincenzo Deluci, trombettista che dopo un terribile incidente («per i medici sarei rimasto un vegetale per tutta la vita») è tornato a suonare; Marinella Levi, la prof, che con il suo +Lab del Politecnico di Milano sviluppa soluzioni per chi vuole superare gli ostacoli che la vita ha imposto. Claudia Melissa Barbarito di Città tra le mani, un progetto che vuole promuovere la cultura e la fruizione del patrimonio artistico, rendendolo accessibile a tutti.

E poi c’ero io. A dar parola, a fare domande, a cercare di trovare uno spazio da occupare, piccolo, senza disturbare troppo. Alla fine ci siamo emozionati. Tutti. Noi a parlare e il pubblico ad ascoltare. Cercando delicatezza tra quei buchi che la voce spezzata, inevitabilmente, creava. Ne siamo usciti con il cuore gonfio e gli occhi velati. Più forti. Più consci. Più noi. Pronti a vivere i nostri giorni in maniera diversa.

E ora ho una scintilla in più..

Sono tornato a Torino da due giorni e già in tanti mi hanno chiesto di Lecce, del TEDx, di come fosse andata e se avessi intenzione di ritornarci. «Sì, ovviamente. Non vedo l’ora». E nel dire queste parole sono sicuro che le mie pupille, i miei zigomi, le mie labbra sono state avvolti da una luce. Senza che potessi fare niente è comparsa una scintilla. Perché c’è un momento, uno sguardo, un incontro, una grande storia che mi porterò dentro il cuore e dentro la memoria. Grazie Lecce. Ci vediamo l’anno prossimo. Per far nascere un’altra scintilla.

Alessandro Frau

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Alessandro Frau
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Giornalista @agenzia_italia (desk digital). Sport, radio, tech, books (and other things) addicted