Teoria dei giochi: sulla massimizzazione dei profitti e sulla cooperazione

Le scienze sociali sono un campo interessante, ma è un campo che presenta un grande problema: la soggettività.

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Non esiste una verità universale, poiché il modo in cui percepiamo il mondo è soggettivo; pertanto, trovare regole universali come la gravità o la termodinamica risulta difficile. Lo abbiamo visto nell’ultimo articolo quando abbiamo esaminato il dilemma del prigioniero: non esiste un modo universalmente razionale di risolvere il problema, poiché a seconda dei valori dei giocatori, della loro percezione del gioco e così via, la scelta più razionale può variare. Abbiamo anche accennato brevemente al problema dei pascoli comuni, che è una versione multiplayer del dilemma del prigioniero: qui entra in gioco l’ambiente e, coincidentalmente, anche Cosmos for Humanity.

Sulla necessità delle mucche

La teoria dei giochi ha molti “giochi”, e non sono stati creati solo per il gusto di far dibattere gli accademici, ma per spiegare perché le persone agiscono in determinate situazioni. Ad esempio, il problema dei pascoli comuni è una metafora creata da Garrett Hardin per spiegare come la sovrappopolazione alla fine avrebbe portato a una scarsità di risorse poiché avrebbe messo a dura prova l’ambiente.

Sabra Field, Hay Day (Valley Suite 3)

Per coloro che non sono familiari con il problema dei pascoli comuni, ecco un riassunto. Abbiamo un villaggio con un campo comune dove le persone lasciano pascolare le loro mucche, e dieci contadini ognuno dei quali possiede una mucca e le fa pascolare nello stesso pascolo. Alla fine alcuni contadini diventano abbastanza ricchi da poter comprare un’altra mucca, quindi non appena hanno abbastanza soldi per farlo, iniziano tutti ad averne un’altra. Non sorprendentemente, tutte le mucche iniziano a dimagrire e ad avere fame, perché il numero di mucche sta aumentando ma la quantità di terreno disponibile no (qualcosa che nel passato si è cercato di risolvere con il colonialismo). Quando il decimo contadino compra una mucca, tutte le altre sono morte di fame: tutti si sono comportati razionalmente, eppure ora tutti stanno morendo. Secondo Hardin, “ecco la tragedia. Ogni uomo è intrappolato in un sistema che lo costringe ad aumentare il suo gregge illimitatamente — in un mondo limitato. La rovina è la destinazione verso la quale tutti gli uomini si precipitano, ciascuno perseguendo il proprio interesse migliore in una società che crede nella libertà dei beni comuni” (Hardin 1968).

Qui si sostiene che ogni uomo sia costretto ad aumentare il suo gregge illimitatamente, e questa è ciò che la teoria dei giochi definirebbe come un comportamento razionale. La teoria della scelta razionale, che è anche la base dell’economia, afferma che compiere scelte razionalmente significa per gli individui considerare le proprie preferenze e scegliere ciò che li avvicinerà ai loro obiettivi. Il problema è che spesso ciò viene equiparato a “massimizzare il proprio guadagno”, e qui è dove otteniamo l’idea che massimizzare i propri guadagni sia una cosa naturale che ogni individuo razionale farà, ma sappiamo che questo non è stato il caso ovunque e per tutti. La tragedia dei beni comuni come descritta nell’esempio non avrebbe potuto verificarsi, ad esempio, nelle popolazioni indigene delle Americhe: non era consuetudine per loro prendere dall’ambiente più di quanto avessero bisogno, e la sovraproduzione non era una cosa.

Inoltre, la situazione non è immutabile per il nostro gruppo di contadini: potrebbero in qualsiasi momento rendersi conto che comprando troppe mucche rischiano di distruggere il loro appezzamento di terra e potrebbero decidere di cambiare strategia. Questo è ciò che la lotta per invertire il cambiamento climatico sta cercando di fare, ed è anche ciò che Cosmos for Humanity vuole fare per quanto riguarda le risorse spaziali. Non siamo ancora al punto di non ritorno, e l’esito non è ancora determinato. Inoltre, la formulazione di Hardin fa sembrare che il problema sia anche la “società che crede nella libertà dei beni comuni”. Il problema potrebbe benissimo essere radicato nella società, ma non è la libertà dei beni comuni che spinge le persone a sfruttare eccessivamente l’ambiente quanto piuttosto la necessità di sovraprodurre, sovraconsumare e una cecità strutturale agli effetti che le azioni presenti avranno sul futuro.

Infine, ecco una visione più realistica di questo problema: uno o due contadini diventano abbastanza ricchi da comprare altre mucche e lo fanno. Questo li fa diventare più ricchi più velocemente, e prima che gli altri contadini riescano persino a comprare una seconda mucca, loro ne hanno già comprate una terza e una quarta. Il decimo contadino non riesce mai a comprare la sua seconda mucca. Il risultato è lo stesso, il terreno non è sufficiente e le mucche stanno tutte morendo di fame, ma se lo esponiamo in questo modo diventa chiaro che è stata l’avidità dei pochi a causare la rovina dei molti. Potremmo discutere se sia importante attribuire la colpa, sia in questo esempio che quando si tratta di cambiamento climatico e sfruttamento eccessivo dell’ambiente. Alcuni direbbero che non è rilevante sapere chi abbia fatto cosa, perché il risultato è lo stesso. Possiamo presumere tranquillamente che se ponessimo questa domanda al decimo contadino, non sarebbe d’accordo.

Il problema delle risorse comuni

Hardin credeva che una società con libertà dei beni comuni fosse destinata a distruggersi e quindi avere un governo centralizzato è necessario per controllare queste risorse comuni. Altri studiosi pensavano che l’istituzione dei diritti di proprietà sulle risorse comuni fosse l’unico modo per evitare che la tragedia dei beni comuni si verificasse. Non tutti erano d’accordo con queste opinioni, in particolare Elinor Ostrom. Nei suoi lavori, in particolare in “Governing the Commons”, cercò di smantellare l’idea che “gli individui che condividono un bene comune siano inevitabilmente intrappolati”, ma sostenne invece che “la capacità degli individui di uscire da varie tipologie di situazioni di dilemma varia da situazione a situazione” (Ostrom, 1990).

Era convinta che la privatizzazione delle risorse comuni avrebbe potuto essere teoricamente possibile nel caso di terreni, ma quando si tratta di risorse “non stazionarie” come acqua, aria e persino risorse ittiche, “non è chiaro cosa significhi l’istituzione della privatizzazione” (Ostrom, 1990). In generale, si chiedeva se privatizzazione e centralizzazione fossero le uniche soluzioni disponibili ed è per questo che la sua ricerca si concentra su casi empirici di risorse comuni autogestite, auto-organizzate e a lungo termine in tutto il mondo. Inoltre, criticò il problema dei pascoli comuni e il dilemma del prigioniero: quando si riferì a questi modelli della teoria dei giochi, disse che riteneva fossero pericolosi “quando vengono usati metaforicamente come base per formulare politiche” perché “i vincoli che per scopi di analisi vengono ritenuti immutabili nel gioco sono poi teorizzati come tali anche nei contesti empirici, a meno che autorità esterne non li cambino” (Ostrom, 1990).

Lo spazio come bene comune

Comprendere la teoria dei giochi e le discussioni riguardanti i beni comuni è importante quando si tratta di gestione delle orbite. Non solo il problema dei pascoli comuni è rilevante per le risorse che troviamo sulla Terra come acqua, aria, terra e cibo, ma si applica anche alle orbite.

Quando noi esseri umani lanciammo i nostri primi satelliti, pensavamo di aver appena guadagnato accesso a risorse illimitate. Successivamente scoprimmo che non era così: le orbite sono una risorsa limitata e comune. Poiché chiunque può andare nello spazio se ha i mezzi per farlo e sempre più aziende stanno iniziando a farlo, se vogliamo continuare a godere dei benefici che le orbite e quindi i satelliti ci offrono, dobbiamo cambiare radicalmente il nostro comportamento nello spazio. C’è già troppo detrito nello spazio che occupa spazio in orbita, causando incidenti e mettendo a rischio persone e infrastrutture. I satelliti vengono utilizzati per monitorare i cambiamenti climatici e le catastrofi naturali in tutto il mondo: se smettessero di funzionare a causa dei detriti, o se non potessimo permetterci di metterne altri in orbita perché non c’è più spazio, la nostra lotta contro il cambiamento climatico ne soffrirebbe. Proteggere le orbite significa proteggere la Terra.

Uno dei modi in cui Cosmos for Humanity intende farlo è creando un “Outer Space Footprint” (OSF), che funzionerebbe un po’ come l’ “impronta di carbonio”. Incentiverebbe gli attori spaziali ad adottare comportamenti più sostenibili nello spazio e consentirebbe agli utenti di fare scelte responsabili quando si tratta dei loro fornitori di servizi. In questo modo, potrebbero scegliere di sostenere aziende con un buon OSF, che rispettano le orbite e agiscono in modo responsabile nello spazio. In altre parole, dal punto di vista della teoria dei giochi, l’OSF è destinato a diventare un “punto di Schelling” per la sostenibilità dello spazio esterno.

L’OSF apparirebbe così sui vostri prodotti

Conclusione

La teoria dei giochi è spesso stata utilizzata come base per formulare politiche o informare le scelte degli attori economici. Ecco perché è importante non dare per scontati questi giochi, ma analizzarli in modo critico e smontarli. Abbiamo esaminato nello specifico il dilemma del prigioniero e il problema dei pascoli comuni poiché sono stati utilizzati per spiegare la mancanza di cooperazione e il degrado dell’ambiente naturale. Questi aspetti sono stati considerati “naturali” e “irreversibili”, ma altri studiosi dimostrano che ciò non è vero.

Mentre esaminiamo il problema dei pascoli comuni, agiamo come se la sovrapproduzione fosse un sottoprodotto di un comportamento razionale, come se l’acquisto di un’altra mucca fosse un dato di fatto, qualcosa che tutti farebbero con un po’ di denaro extra, quando non è così. In così facendo, dimentichiamo che è semplicemente una caratteristica delle società capitalistiche, sedentarie e agricole caratterizzate da un governo centralizzato che riscuote tasse. Se teniamo presente questo, improvvisamente ci rendiamo conto che la tragedia dei beni comuni potrebbe essere evitata in molti modi. Gli agricoltori potrebbero decidere che l’acquisto di un’altra mucca non è necessario, o potrebbero cercare soluzioni per utilizzare meglio la risorsa collettiva senza esaurirla completamente. Non siamo ancora al punto di non ritorno: possiamo ancora agire per preservare le nostre risorse comuni ed è controproducente guardare a questi giochi e pensare di essere condannati.

Non è troppo tardi per proteggere le nostre orbite. Tutti abbiamo il dovere di risolvere il problema dell’inquinamento spaziale, che è una risorsa comune tanto quanto l’acqua o l’aria: questa è la missione di Cosmos for Humanity e questo è ciò che pianifichiamo di fare con la creazione dell’Outer Space Footprint.

Rebecca Franzin

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