È l’anno di Levan

Crampi Sportivi
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8 min readDec 22, 2016

Se Laocoonte a Troia avesse goduto di almeno un centesimo del credito che ha Levan Mchedlidze a Empoli, molto probabilmente non avremmo mai sentito parlare dell’Iliade. Nella cittadina toscana ormai è dato per scontato: Levan Mchedlidze è un fenomeno e questo è il suo anno, quello buono. In qualsiasi discussione calcistica riguardante gli azzurri a un certo punto salta fuori lui, pronto a sbocciare nella partita immediatamente successiva. Mchedlidze per gli empolesi è come la rivoluzione, state pur certi che accadrà prima o poi, ma con i suoi tempi.

La domanda, per chi chiama da fuori Empoli, sorge quindi spontanea: perché gode di tutta questa stima incondizionata? Un quesito razionale, se così si può definire, visto che i numeri non sono dalla parte del georgiano. La risposta però è molto più semplice di quanto sembri, anche se può suonare ironica. Perché è realmente fortissimo.

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Il classe ’90 Levan Mchedlidze è di proprietà dell’Empoli dal 2006, anno in cui l’osservatore Gianni Carnevali lo pescò in Belgio al campionato europeo U-19, giocato sotto età di tre anni buoni e con ottimi risultati. A quei tempi l’attaccante militava nel Dila Gori — squadra di una città cara al Partito Comunista, a Gori infatti è nato Josif Stalin — e aveva suscitato le simpatie del Bayern Monaco. Carnevali fu più abile a prenderlo e l’Empoli lo portò a settembre in Primavera, che detta così sembra una delle tante contraddizioni che delineano questo giocatore.

L’arrivo in Toscana è più traumatico per i tifosi che per lui. Un popolo che non sa dire ‘bar’ e ‘camion’ non può non avere problemi con Mchedlidze (che, tra l’altro, andrebbe scritto Mch’edlidze ma lasciamo perdere): in men che non si dica diventa, a seconda dell’interlocutore, Mecelìzze o Micelìzze oppure Levan, molto più facile da pronunciare. E dopo i primi passi con Ettore Donati e il florido vivaio dell’Empoli inizia la sua carriera vera e propria, il 2007–2008 è già il suo anno.

Mecelìzze ha solamente diciassette anni e sbalordisce. Al centro sportivo di Monteboro attendono che il ragazzo si ambienti e lo osservano fare molto bene in Primavera: alto e dinoccolato, si destreggia tra le difese avversarie sempre a testa alta. A ottobre 2007 la Georgia lo chiama in nazionale maggiore e, ironia della sorte, Toppmöller lo fa esordire proprio contro l’Italia a Genova. Tre giorni dopo segna contro la Scozia e gioca una delle migliori gare in carriera, nonché la seconda partita in assoluto, ma soprattutto dà una grossa mano all’Italia nelle qualificazioni a Euro 2008. In quell’annata l’Empoli retrocede in Serie B e lui non gioca mai, nelle gerarchie della prima squadra davanti a lui ci sono Rey Volpato e Salvatore Caturano.

Ma il 2008–09 sarà il suo anno, lo sa anche Walter Sabatini che lo prende a Palermo. Unico georgiano nella storia rosanero, viene pagato quasi otto milioni di euro in tutto. A Empoli si fregano le mani, hanno perso un fenomeno ma, come spesso accade agli azzurri, lo hanno mandato via con un bacetto sulla guancia e augurandogli il meglio. Senza rancore. Levan a Palermo incanta. Esordisce in Serie A contro il Napoli a settembre e, dieci giorni dopo Ballardini, lo manda in campo contro una scalcagnata Juventus. Segna il 2–1 decisivo, battendo Buffon in contropiede e guadagnandosi gli elogi dei quotidiani sportivi.

Lo paragonano a chiunque ma lui, sornione, mantiene un beffardo sorriso sulla faccia e si stringe nelle spalle, un gesto che in quel periodo è quasi un tic. Non rilascia interviste, parla un italiano imperfetto e sogna di rubare il posto a Miccoli o Cavani. Da loro studia i segreti del mestiere ma non fa in tempo a metterli a punto: iniziano i primi infortuni e il Palermo cambia i soliti due-tre allenatori in un mese.

Con Zenga il 2009–10 si preannuncia come l’anno di Levan. Lo è almeno inizialmente, quando il suo potenziale pare definitivamente esploso. Poi arriverà Delio Rossi e Mchedlidze tornerà in Georgia, nella bellissima Tbilisi che d’inverno ha un fascino degno di una canzone di Franco Battiato. Sabatini lo definirà il suo più grande fallimento. Dietro alla rottura col Palermo c’è un rapporto mai sbocciato con Rossi, il quale preferiva mandarlo nelle squadre di Eccellenza il giovedì per far numero piuttosto che farlo giocare con la prima squadra. Le troppe tribune lo fanno tornare a casa e a fine stagione rescinde coi rosa.

Nel calciomercato arriva il colpo a sorpresa, torna a Empoli. Lì lo hanno coccolato, lo hanno aspettato e si dicono pronti a farlo ancora. D’altronde Mchedlidze ha solamente vent’anni e, lo dicono tutti, il 2010–11 sarà il suo anno. In Serie A ha fatto bene, si ripeterà anche in B. Segna poco ma non importa, il 2011–12 sarà la stagione buona per Levan. E invece si dimostra la peggior annata nella storia dell’Empoli, salvo solo al play-out con un gol del buon Mecelìzze in rimonta col Vicenza, una partita che meriterebbe un libro a parte. Anche con Sarri si dice che sia il suo anno: lo è il 2012–13, il 2013–14 non fa eccezione e nemmeno il 2014–15 — quello del ritorno in A e della doppietta all’Inter — si sottrae a questa logica.

È sempre l’anno di Levan. Nelle case del popolo, allo stadio, per le strade, chiunque parli di Empoli ne è certo. Perché Mchedlidze ha dei colpi da fuoriclasse però, poverino, ha Maccarone e Tavano davanti, e poi spesso si infortuna, e poi non viene utilizzato da punta centrale, e poi le voci di mercato lo assillano. In pochi storcono il naso, dicono che è lento e sembra svogliato, ma sono un’esigua minoranza pronta a scomparire appena entra in campo. Il georgiano a Empoli è un idolo.

Si arriva a oggi, stagione 2016–17, l’anno di Levan. Sarri lo ha lanciato in Serie A e lui ha segnato una doppietta all’Inter ma soprattutto un gol da record contro il Sassuolo, entrato da nemmeno dieci secondi. Giampaolo non se l’è goduto per via di una serie di infortuni muscolari da rabbrividire. Martusciello invece è colui che lo conosce meglio. Bello Guaglione c’era quando lo spilungone arrivò dalla Georgia, ha sempre avuto fiducia in lui e pure adesso, a solamente ventisei anni e mezzo, sa che Levan è molto più forte di quanto si pensi.

Maccarone, Gilardino e Pucciarelli rimangono a guardare, perché la quarta punta nelle gerarchie di inizio stagione sta facendo faville in campionato, assieme all’altra sorpresa Marilungo, accomunato a Levan dalla nomea di eterna promessa sfortunata e infortunata. Grazie alla doppietta al Cagliari, Mchedlidze mostra tutto il suo repertorio. La prima rete è un saggio di movimenti da attaccante, con l’aggressione del primo palo sullo sfondamento di Marilungo. In quel caso viene fuori la furbizia di Mchedlidze, il quale tutto sommato spinge col destro in porta una palla facile facile, ma si toglie dalle spalle un peso enorme.

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Il raddoppio è da centravanti vecchio stampo, da pennellone anni novanta di quelli col paraocchi: grandissima difesa del pallone e sassata col sinistro all’angolino. Potenza e precisione, c’è tutto. Nella lista dei pregi non va dimenticata anche l’eleganza perché nonostante il metro e novantadue il georgiano è aggraziatissimo, tanto da esser paragonato a Ibrahimovic.

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I puristi storceranno il naso ma, nonostante la grevità morfologica, hanno ambedue una tecnica che su di loro pare quasi decontestualizzata. Fanno giocate all’apparenza semplici perché il loro cervello ragiona in maniera diversa, non tanto più veloce di quello degli avversari, bensì in modo migliore. Sopperiscono a un deficit di rapidità fisica con un ingegno superiore alla media. Poi è ovvio che siano due punte differenti.

Ibra ha segnato spesso di tacco e anche quando lo ha fatto in amichevole si è preso le copertine dei giornali, Levan ha fatto lo scorpione in Coppa Italia col Genoa e ne hanno parlato i quotidiani locali. E in molti bar empolesi c’è ancora il poster di questa prodezza. Se il paragone con Ibra può apparire come una provocazione, non lo è affatto dire che i due caratterialmente sono agli antipodi.

Levan solo a Palermo era sbruffone, voleva giocare a tutti i costi e si sentiva un fenomeno. A Empoli ha capito che a calcio si gioca in undici e ha cambiato il suo modo di vivere e di giocare. Come certi attori-bambini a cui è stata tolta l’infanzia, Mchedlidze è stato portato dalla sua Georgia a sedici anni e catapultato in un mondo diverso, con l’amata famiglia a migliaia di chilometri di distanza. Una timidezza fuori luogo per un omaccione come lui, tanto potente in campo quanto fragile fuori.

Sono serviti anni di Monteboro e l’affetto di una città piccola ma calda per dargli fiducia, ma soprattutto il cambiamento è dovuto alla moglie Khatia Khvadagiani. I due si sono sposati giovanissimi e hanno due figli, Ghio e Sofia, e non è difficile vederli in giro per il centro sorridenti. Una famiglia felice, senza dimenticare i parenti in Georgia, paese in cui i due sposini si sono uniti con rito rigorosamente ortodosso. Ora Levan è pronto per fare grandi cose, anche se un po’ le ha già fatte intravedere.

L’ultima sfida con l’Atalanta ha consacrato ulteriormente il suo stato di forma ma soprattutto vederlo lottare su ogni pallone e allargarsi — come fa Ibra… — per far spazio agli inserimenti oppure sbattersi per proteggere palla a cinquanta metri dalla porta ha sicuramente fatto brillare gli occhi dei tifosi empolesi. Martusciello ha trovato il suo centravanti titolare e non a caso Levan è già il capocannoniere azzurro. Difficile che possa arrivare in doppia cifra, più facile che possa aver trovato quella continuità venuta a mancare finora. Basti pensare che, qualora segnasse un’altra doppietta, avrebbe battuto già il suo record di gol in una stagione (con cinque reti all’attivo, per assurdo avrebbe messo a segno un quarto dei suoi gol in carriera).

L’Empoli ha cominciato a girare proprio con l’inserimento di Levan da titolare. A Bologna si è comportato bene, col Cagliari ha fatto il fenomeno, a Bergamo ha tenuto la squadra in vita prima della rimonta più dolorosa degli ultimi anni. Riuscirà a salvare gli azzurri? Forse quello è chiedere troppo, ma non è peregrino pensare che possa dare una grossa mano. Gli azzurri stanno leggermente cambiando la muta dato che in queste stagioni di bel calcio e (pochi) complimenti non hanno mai rischiato così seriamente di retrocedere. La difesa è meno alta, il centrocampo gira in maniera peggiore e l’attacco è abulico, nonostante il 33% della squadra titolare sia sempre composto da giocatori spiccatamente offensivi.

Levan è la chiave di volta per provare almeno a cambiare l’andazzo. La sua fisicità si sposa di più con la necessità di avere un uomo in grado di tener palla avanti e reggere la squadra nei momenti duri. La sua tecnica poi, per quanto anche gli altri attaccanti non siano male, non è paragonabile a quella dei compagni di reparto. E allora cosa manca? Si potrebbe dire la testa giusta, ma non è mai stato uno scapestrato: uno che nel tempo libero si dedica anima e corpo alla pesca non può esserlo, e non è possibile cambiare idea per un video in cui gioca a morra con Tonelli o per la sua barba hipster (le barbe sono da sempre materiale per definire un calciatore estroso anche quando non lo è, ma anche questa è un’altra storia).

https://www.youtube.com/watch?v=BpqWHvdwn88

La verità è che davvero adesso Levan non può deludere, non ha alibi e sta bene fisicamente, per di più si è sbloccato e ha dimostrato di essere da Serie A. Sono lontani i tempi in cui si ventilava un suo passaggio al Perugia e i tifosi lanciavano hashtag per trattenerlo. Sono lontani anche quei momenti nei quali si pensava a lui come a un’incompiuta, un giocatore in grado di fare solo cose non normali e di disputare sì e no dieci partite buone l’anno.

Articolo a cura di Gianmarco Lotti

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