10 canzoni per raccontare la Formula 1 2015

Crampi Sportivi
Crampi Sportivi
Published in
14 min readMar 11, 2015

Domenica partirà da Melbourne la nuova stagione di Formula 1. La sensazione diffusa è che questo sia uno sport dal quale molti appassionati vanno sempre più distaccandosi. Se la sensazione corrispondesse a verità non ci sarebbe da biasimarlo, questo disamore: in fondo le più alte cariche dirigenziali pare si stiano sforzando per mandarlo in malora. E pensare che la Formula 1 è sempre stata una delle discipline più amate. Icone culturali come Gilles Villeneuve, Senna o Schumacher sono prodotti di questo mondo e saranno sempre legati a esso.

La realtà odierna invece parla di uno scenario più povero, anche nel senso letterale: di un’organizzazione a cui mancano i soldi per andare avanti. di uno sport pensato per pochi e non più per far partecipare il maggior numero di scuderie possibile. Di un establishment che pensa soprattutto a trasferirsi dall’Europa per muoversi verso mercati poco suggestivi a livello sportivo, a dispetto di quello economico. E di un campionato che rischia di essere ancora un affare a due, una questione esclusiva tra macchine d’argento.

Pure i Daft Punk attendono.

Proviamo a raccontare in musica questa stagione 2015 di F1, con dieci canzoni (più una ghost track) che vi riassumeranno quanto ci aspetta.

1. “Money” — Pink Floyd

Di solito la prima traccia imposta il tema dell’album. Mai come quest’anno l’argomento principale in Formula 1 sono i soldi. I team — specie i più piccoli — soffrono la mancanza di risorse finanziarie. Ci sono così pochi soldi che il limite di power unit è sceso quest’anno da cinque a quattro.

La Catheram ha mollato tutto. La Marussia stava per iniziare l’asta per il fallimento e ha comunque lasciato andare molti dipendenti. La Force India ha disputato solo una piccola parte dei test di Barcellona. E neanche Sauber e Lotus se la passano benissimo.

«Mi spiace, non ho spicci. Sono uno studente, zio».

L’arrivo della Manor ha salvato il Patto della Concordia, l’accordo tra i team di F1 secondo il quale ci debbano essere almeno 20 vetture sulla griglia per questo campionato. Ciò non toglie il fatto che i problemi permangono.

La Force India, soprattutto, rischia di non arrivare a fine anno (50 milioni di debiti solo nel 2014) e avrebbe chiesto un “anticipo” a Bernie Ecclestone, capo del circus. Inoltre, una redistribuzione dei proventi appare inevitabile: le big four — Ferrari, Mercedes, McLaren e Red Bull — si spartiscono 520 dei 1060 milioni per i team.

L’ambizione della Force India? Arrivare a fine stagione.

L’anno scorso in Brasile qualche scuderia aveva persino pensato di non correre, per farsi ascoltare. Ma gli ascolti sono in calo un po’ ovunque e né la Fia, né la Fom hanno fatto molto per rivitalizzare una stagione che partirà inevitabilmente in sordina.

Forse avevano ragione i Pink Floyd.

«Money, so they say | Is the root of all evil today»

2. “Move Along” — The All-American Rejects

In uno scenario così povero, fa piacere sapere che un paio di scuderie abbian rialzato la testa. Una di queste è la Sauber, che rischia di non potersi iscrivere alla stagione 2016, ma che almeno può sopravvivere in quest’annata.

La ragione è nei fondi che gli svizzeri si sono portati a casa firmando due piloti come Marcus Ericsson e Felipe Nasr. Se lo svedese porta con sé un patrimonio da quasi 10 milioni di euro, il brasiliano — supportato dal Banco do Brasil ed ex collaudatore Williams — garantisce una cifra attorno ai 20 milioni.

L’altra è la Lotus, reduce da un 2014 tremendo. Se nel 2013 la casa di Enstone aveva raggiunto il quarto posto nei costruttori, l’anno scorso Maldonado e Grosjean hanno messo insieme appena 10 punti in tutta la stagione.

Quest’anno la grande novità è rappresentata dal fatto che la Lotus abbia mollato il motore Renault e stretto una partnership con la Mercedes, ereditando di fatto i motori che la McLaren ha lasciato per firmare con la Honda.

Hanno pure assunto una nuova collaudatrice. Dopo Susie Wolff alla Williams, tocca a Carmen Jordá, classe ‘88.

Le novità si sono notate subito. La Sauber ha concluso un numero impressionante di giri (Nasr ne ha fatti 649 in tutti i test invernali: sono 2976 chilometri), mentre la Lotus ha pure strappato qualche tempo interessante (con Grosjean ottimista).

Tutto ciò a dimostrazione di come questa sarà una stagione di rimescolamento per queste due scuderie, che potranno far meglio del 2014. Una rinascita bella, da aiutare e supportare, da non perder di vista. Per tornare ai tempi che furono…

«When all you got to keep is strong | Move along, move along like I know ya do

And even when your hope is gone | Move along, move along just to make it through | Move along»

3. “After The Storm” — Mumford & Sons

In McLaren non se la passano bene. Se c’è una squadra — Manor a parte — che partirà dal fondo della griglia fin da subito, è proprio quella di Woking. Ron Dennis e soci hanno concluso l’accordo con i motori Mercedes e ora non scoppiano di salute.

Questi i risultati della McLaren negli ultimi due anni: zero vittorie, due podi, 303 punti (meno della metà di quelli fatti dalla Mercedes nel 2014…), quinti in classifica costruttori sia nel 2013 che nel 2014. Tutt’altra gloria rispetto a quella vissuta dal 1997 al 2012, quando sono arrivati tre titoli piloti e due costruttori (uno revocato), nonché 77 vittorie.

Nel maggio 2013, la Honda ha annunciato il ritorno in Formula 1. Stavolta i giapponesi non hanno formato una propria scuderia, ma semplicemente hanno deciso di fornire i motori ibridi alla McLaren. Peccato che i giapponesi non abbiano fatto bene i conti.

Le difficoltà sono state notevoli fin da subito: nonostante i tanti soldi offerti per avere Fernando Alonso (si parla di un ingaggio da 30 milioni di euro), le prestazioni sono state deficitarie. Solo 1751 chilometri percorsi, tempi lenti e pochi riscontri. In più il caso Alonso (ma attendiamo a parlarne).

Il giovane, il cattivo e il fascinoso.

La prima parte di stagione sarà una sofferenza e la McLaren affronterà i primi GP come fossero altri test. Si spera che dopo questa tempesta ci sia ancora qualcosa effettivamente da salvare.

«Well I’m scared of what’s behind and what’s before | And there will come a time, you’ll see, with no more tears»

4. “I Believe I Can Fly” — R. Kelly

Il 2014 è stato l’anno nero della Ferrari: partita ancora una volta per vincere, senza però poterselo permettere, la F14 T si è impantanata fin da subito. Motore affidabile, ma poco veloce. Un’aerodinamica poco competitiva, tanto che persino la Red Bull — nonostante i motori Renault — è stata davanti tutta la stagione.

Risultato a fine anno: quarto posto nei costruttori, nessuna vittoria, due podi con Alonso (in Cina 3°, in Ungheria 2°) e tanta, tanta fatica. La Ferrari non aveva una stagione senza vittorie dal 1993 e ha rischiato persino di farsi superare dalla McLaren.

Tutto è cambiato dal novembre scorso. Via Alonso, da sempre lodato e ora trattato come uno che spacca le squadre e lavora da solo. Un po’ tardi per capirlo (ma in Spagna hanno celebrato il suo saluto alla Ferrari). Raikkonen, invece, è rimasto, nonostante i tanti musi lunghi dei tifosi.

I tre cambi più importanti sono arrivati tra dirigenza, muretto e pista. Maurizio Arrivabene, che ha lavorato in Philipp Morris, è il nuovo team principal dal novembre scorso. Inoltre, Sergio Marchionne è pronto a trasportare la Ferrari via dall’Italia (stile Fiat) e a riportare il Mondiale a Maranello.

Il gatto e la volpe.

Ma la novità più importante è in pista. Sebastian Vettel ha lasciato l’amata Red Bull dopo un anno nel quale ha realizzato di non essere il più forte. Doveva mettersi alla prova altrove e il tedesco ha così scelto la Ferrari, conquistandosi subito i favori del team e buoni tempi durante i test invernali.

Come Schumacher nel 1996, 19 anni dopo Vettel arriva in scuderia per dare uno scossone. Nonostante l’ultima stagione, dopo i test invernali l’ottimismo è alle stelle. Per raccontare il 2015, sento un paio di note a firme Robert Sylvester Kelly che ci possono venir utili.

«If I can see it, then I can do it | If I just believe it, there’s nothing to it»

5. “Power” — Kanye West

Se c’è qualcosa che non cambia in questa F1, è la Mercedes. Dopo i test di Jerez e Barcellona, le frecce di Stoccarda sono accreditate di otto decimi di vantaggio al giro sulle immediati inseguitrici, ovvero le Williams (anch’esse confermate ad alti livelli).

Se cercate un campione del mondo per il 2015 che non guidi un mostro di macchina, fermatevi ora. Arrendetevi. La Mercedes avrà in mano il pallino anche per quest’anno e gli effetti di qualche terremoto tecnico potranno vedersi solo nel 2016.

Insomma, anche per quest’anno non ci sarà storia. Il titolo sarà una questione tra il campione uscente Lewis Hamilton e il teutonico Nico Rosberg, voglioso di riprendersi dalla delusione di Abu Dhabi.

Sembra di esser tornati ai tempi delle McLaren-Honda di fine anni ’80, quando la casa anglo-giapponese aveva la macchina più forti e i migliori piloti (Senna & Prost). In Mercedes giocano a fare i modesti, ma è un attimo che si sentano swag come Kanye West.

«I’m living in the 21st century doin’ something mean to it | Do it better then anybody you ever seen do it

Screams from the haters, got a nice ring to it | I guess every superhero need his theme music»

6. “Teenager” — My Chemical Romance

Tra le squadre che attireranno l’attenzione anche dei non-appassionati, c’è la Toro Rosso. Da sempre pronta ad accogliere piloti dalla giovane età, quest’anno la sussidiaria della Red Bull ha decisamente esagerato.

Già, perché i due piloti della casa di Faenza saranno Carlos Sainz jr. e Max Verstappen, entrambi figli d’arte. La questione però è che lo spagnolo ha vent’anni, l’olandese 17. Insieme fanno 37 anni, quasi l’età di Kimi Raikkonen, il più “anziano” sulla griglia quest’anno. Il tutto bidonando l’ottimo Jean-Eric Vergne, che forse si sarebbe meritato la riconferma.

Cappellini più grandi della testa dei piloti — done.

Ci sono state diverse polemiche relative a entrambi. Sainz è stato accusato di essere in F1 solo per il nome del padre (ex campione del mondo nei rally). Verstappen, nato il 30 settembre del 1997, è figlio di Jos, ex pilota F1 a cavallo tra gli anni ’90 e 2000.

Il giovane olandese ha già corso in qualche test della passata stagione, ma c’era chi non voleva dargli la super-licenza per correre in F1. Poi ha passato il test e la Fia ora si è adeguata, alzando i limiti d’età per correre in questa categoria.

Se hanno quest’età, significa che i due non erano ancora nati ai tempi delle McLaren-Honda e delle Williams-Renault vincenti. Dicono che la gioventù sia una virtù, speriamo.

Del resto, è la stessa Toro Rosso ad aver fatto esordire il pilota più giovane in F1 (Algersuari in Ungheria nel 2009, a 19 anni e 125 giorni). E sarà la stessa scuderia italiana a batter questo record con Verstappen in Australia.

Ma non chiamateli inesperti, che poi s’arrabbiano.

«They say all teenagers scare the living shit out of me».

7. “Basket Case” — Green Day

Alonso-gate.

Non c’è altro nome per definire quanto successo a Barcellona il 22 febbraio scorso, mentre la F1 svolgeva i test invernali al Montmelò. Sono passate tre settimane e la stessa McLaren ha fornito una poco convincente versione di quanto accaduto quel pomeriggio.

Secondo la scuderia inglese, Alonso sarebbe stato spiazzato da una forte raffica di vento che ha avuto luogo a qualche chilometro dal punto dell’impatto. In realtà, la macchina dello spagnolo è sembrata andare in automatico verso la curva 3, sbattendo a velocità moderata contro il muretto. Da lì, l’intervento dei commissari, con lo spagnolo addirittura sedato, come se fosse stato scosso dall’impatto.

Nessuno ha dato spiegazioni convincenti e anche la possibilità di una scossa a causa del Kers appare improbabile. Anzi, molti vorrebbero sapere nel dettaglio cosa è successo, perché non è detto che ciò che è capitato ad Alonso non possa capitare ad altri. Ciò che però sappiamo è che Alonso è rimasto incosciente per qualche momento.

Alla fine persino il team principal della McLaren, Eric Boullier, è stato costretto ad ammettere che Alonso ha temporaneamente perso la memoria. Ma le spiegazioni continuano a non arrivare. E le preoccupazioni, di conseguenza, sono oltre il livello di guardia.

Mentre non c’è ancora una persona della McLaren che voglia spiegare cosa sia accaduto allo spagnolo durante i test di Barcellona, la Fia non ha dato ad Alonso il lasciapassare per l’Australia, e infatti lo spagnolo non parteciperà al GP di Melbourne.

È stato persino rivelato come Alonso fosse convinto — durante la perdita di memoria — di essere nel 1995, quando era ancora un pilota di kart. Inutile dire che il fatto ha scatenato l’ironia della rete. La cosa preoccupante è che lo stesso spagnolo ci abbia scherzato su. Se fossimo veramente nel 1995, questi signori andrebbero per la maggiore e sarebbero adatti al contesto.

«Sometimes my mind plays tricks on me | Am I just paranoid? | Or am I just stoned»

8. “42” — Coldplay

I team più piccoli continuano a morire, e se ne parla sempre meno. La viviamo come una selezione naturale, dimenticandoci di una cosa importante: le piccole scuderie hanno fatto — a modo loro — la storia della Formula 1.

La Minardi ha ospitato gli inizi di Fernando Alonso. L’HRT ha avuto per qualche gara Daniel Ricciardo. L’ultima casa ad andarsene — la Catheram, ex Lotus — ha comunque avuto nei suoi ranghi discreti piloti come Kobayashi. Per risalire fino a scuderie come la Arrows, che ha avuto a sua disposizione addirittura il primo Riccardo Patrese.

Arrivederci, Catheram, ciao.

In compenso, la Marussia è sopravvissuta. Non sembrava un’ipotesi possibile a novembre: era stata addirittura indetta un’asta per vendere tutti gli asset della casa anglo-russa. Poi il salvataggio di febbraio, l’asta annullata e la vendita a un magnate nord-irlandese, nonché la nuova denominazione Manor-Ferrari.

Sono stati portati a termine anche i crash-test della Fia e quindi la scuderia ha potuto salpare per Melbourne in tutta fretta. Per ora c’è solo un pilota ufficiale, quel Will Stevens che ha corso un solo GP nella sua vita e ha fatto già amicizia con Alonso ad Abu Dhabi. L’altro sedile è in attesa di assegnazione.

Insomma, qualche barlume di speranza c’è ancora. Ma il problema dei team piccoli permane. Perché in fondo portano qualcosa alla Formula 1, come hanno dimostrato a pieno le piccole storie degli anni ’90 e 2000. Come la disperazione di Luca Badoer per un punto mancato al Nurburgring con la Minardi o la straordinaria corsa di Damon Hill con la Arrows in Ungheria nel 1997 (con gufata di Mazzoni).

E poi è un peccato esserci persi uno come Max Chilton.

«Those who are dead, are not dead | They’re just living in my head

You thought you might be a ghost | You didn’t get to heaven but you made it close»

9. “Speed” — Avicii (feat. Lotus F1 Team)

Al di là dei crono registrati delle singole squadre, la novità più clamorosa dei test invernali è stata la velocità sul giro secco. Uno o due secondi il tempo guadagnato sul giro secco: una sorta di rivoluzione rispetto al 2014. Un gap che potrebbe aumentare usando le soft o le super-soft (ovvero le gomme più veloci).

A questo ha contribuito la Pirelli, che ha dato vita alle P-Zero con le quali correranno le monoposto del 2015. Paul Hembery può esser soddisfatto: in questo periodo nero per la F1, la Pirelli sembra esser l’unica azienda che abbia mantenuto un appeal duraturo (nonostante i dubbi di Hamilton).

Se c’è un massimo intreccio di F1 e musica avvenuto in questi anni, dobbiamo tirar fuori ancora una volta la Lotus. Niente parole, ma la casa di Enstone ha collaborato con Avicii per un pezzo dal titolo semplice, ma efficace: speed.

Le Pirelli non faranno volare le monoposto del 2015 come le astronavi del video, ma il miglioramento sarà notevole.

10. “The Wrong Direction” — Passenger

Quando è uscito il calendario del 2015, qualche piccolo sospiro si è levato dalla platea dei tifosi. Ancora niente GP dell’India, ancora fermo per contrasti tra la Fia e il governo indiano, nonché addio al GP di Corea, dove gli spalti sono vuoti ed entrano le jeep durante le gare.

Quest’anno il calendario prevede 20 GP: alcuni circuiti storici resistono, ma altri sono in dubbio. Torna la tappa messicana dopo 23 anni, mentre l’Europa ha sempre meno GP (quest’anno solo nove fermate nel Vecchio Continente).

E il futuro non appare migliore. Notizia di questi giorni è il destino di Monza, sempre più appeso a un filo e all’attività del governo. Non ci sono i soldi e l’accordo con la F1 scadrà a breve. Intanto, Ecclestone — pur di raccattare qualche quattrino — apre a mete improbabili.

Ad esempio, dal 2016 il GP d’Europa si terrà a Baku, Azerbaigian. Cos’abbia di europeo questa piccola terra al di là della Turchia è un mistero irrisolvibile. Il circuito non è memorabile (per esser gentili).

Grandi emozioni.

Intanto negli ultimi anni la F1 ha perso un sacco di circuiti storici. In ordine: Imola, il Fuji (peccato per le sole due edizioni corse), Jerez, Magny Cours. E ora rischia anche il Nurburgring.

Ormai le corse sembrano scelte più da una guida turistica che dalla passione per i motori. Una strategia discutibile.

«’cause all I want to do is try to make a connection | It seems I’ve been running in the wrong direction»

Ghost Track: “von” — Yoko Kanno feat. Arnór Dan

Jules Bianchi continua a vivere. O a sopravvivere, dipende dai punti di vista. Sono passati cinque mesi dal tremendo botto di Suzuka, quando la sua Marussia non riuscì a rallentare sotto la pioggia incessante e finì a sbattere contro un mezzo meccanico.

Vi risparmio il video, ma è stato un botto avvenuto a 212 km/h contro una gru, subendo una decelerazione da 92 G in 20 millesimi di secondo. Un impatto catastrofico. Così grande che viene da gridar al miracolo solo pensando che Jules Bianchi sia ancora tra noi.

#ForzaJules

Da quel giorno, sono passati poco più di sei mesi. Nel 2015 non ci sono state novità sulle condizioni del pilota francese, che è stato in coma indotto per diverse settimane fino a uscirne, senza però riprendere conoscenza. Un danno assonale diffuso gli impedisce di risvegliarsi.

Un peccato non solo per l’uomo, ma anche per il pilota. Nel 2014 Bianchi aveva centrato i primi due punti della sua carriera a Monaco, nonostante una penalizzazione. E il team ama(va) questo ragazzo.

Se oggi la Manor F1 — erede della Marussia — può continuare la sua avventura, è proprio grazie al nono posto conquistato nella classifica costruttori del 2014: 45 milioni con i quali si sono pagati diversi debiti con i fornitori.

Per Bianchi si parlava addirittura di Ferrari al posto di Alonso. I progressi erano sotto gli occhi di tutti. Oggi ci accontenteremmo di vederlo nuovamente cosciente. Sappiamo che è difficile, ma la speranza è l’ultima a morire (mai detto fu più veritiero come in questo caso).

«Allt er hljótt, kviknar von (All that heals, hides hope)»

Articolo a cura di Gabriele Anello

--

--