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Crampi Sportivi
Crampi Sportivi
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5 min readMar 29, 2016

Il 3 gennaio 2016 resta a suo modo una giornata storica: al minuto numero 110, mentre oramai son vicini i rigori, un imbarazzante disimpegno della difesa dell’Afghanistan permette a Sunil Chhetri di infilare il definitivo 2–1.

L’attaccante del Mumbai, nonché uno delle 100 persone più influenti in ambito nazionale secondo il Times, ha permesso hai suoi di sollevare la SAFF Cup, la Coppa delle Federazioni dell’Asia Meridionale.

È il settimo sigillo nella competizione della nazionale allenata da Stephen Costantine, ma al solito sembra una vittoria di Pirro in tutti i suoi crismi.

Tutta la partita: la visione di questo video evidenzia vostri fortissimi problemi d’interazione sociale e l’altrettanto povera prova offerta dall’arbitro, colto da delirius tremens.

Il contesto di base è quello di uno sport che avrebbe davvero un bacino ricchissimo, ma che soffre la continua contrapposizione con quello che è forse il maggior lascito dell’occupazione inglese elevato a culto nazionale, il cricket.

La passione per lo il calcio è presente in forma tangibile: nei bar sovraffollati di Mumbai, Delhi e Calcutta ci si affolla per vedere i match di cartello della Premier League.

Il background di chi tifa è di solito variegato, ma è trova una solida base nel tifoso prevalentemente giovane, che ha iniziato a seguire il calcio sul finire degli anni ’90, con l’esplosione della Premier League come primo vero campionato globalizzato in tutti i poli, in un filo conduttore che unisce derby con il Laos, la Thailandia e, come detto, l’India.

Proprio per questo Oltre Manica s’è voluto dare una spinta commerciale alla nascita della Indian Super League. La formula è adatta e spendibile per raggiungere il maggior numero di fan: una lega a otto squadre, della durata di due mesi, con partite quasi quotidiane.

I risultati son stati buoni: la stagione inaugurale che ha visto trionfare l’Atletico Kolkata ha segnato una media di 24 mila e rotti spettatori, mentre la media televisiva è stata di 29 milioni per match: una media ha portato l’ISL a essere la quarta lega nel mondo per numero di paganti allo stadio.

La sensazione è che si sia svegliato un interesse nello spettatore medio indiano, attirato anche dalla connection con il cricket: alcuni dei più famosi campioni locali, come l’ex capitano della nazionale Sourav Ganguly, mantengono quote come azionisti di maggioranza.

Il modus agendi per la selezione delle squadre ricorda vagamente quello della NASL americana nei primi anni ’70: sono stati chiamati giocatori dalla visibilità internazionale per dar spinta al movimento, riempiendo i campi della penisola con nomi altisonanti come quello dei vari Pires o del Piero in campo, nonché Zico e Roberto Carlos in panchina (nel doppio ruolo di giocatore/allenatore dei New Delhi Dynamos).

Quello che non è stato fatto è un lavoro che integrasse l’esperienza delle stelle con il (poco) talento dei giocatori locali. Nella classifica dei marcatori della passata ISL, dobbiamo scorrere fino alla quarta posizione per trovare il primo goleador indiano: l’inossidabile Chettri a quota 11 reti è sopravanzato dal colombiano Mendoza, dal canadese Hume e dal brasiliano da Cruz Oliveira. Se però si scala fino alle occasioni da gol, il primo indiano (Robin Singh) occupa soltanto la settima posizione.

https://www.youtube.com/watch?v=fwRPAKnde2c

Sono esemplificative a riguardo le parole di un giovane Thomas Muller, che visitò l’India nel 2011 per una tournée con la squadra U-20 del Bayern Monaco: alla domanda dei cronisti al termine della sfida contro la prima squadra dell’East Bengal, l’imberbe Thomas candidamente ammise che gli avversari avrebbero potuto qualificarsi per la quinta divisione tedesca (la non proprio eccelsa Regionalliga).

Gli fa eco Freddie Ljunberg, che, al netto di aver giocato solo sessanta minuti nella prima edizione della ISL, ha sprezzantemente dichiarato che i giocatori indiani manchino di capacità di intendere il gioco, restando tra le “tre-quattro” mosse dietro i loro pari ruolo europei e sud americani.

L’aspetto paradossale è che — per la maggior parte — mina le capacità di sviluppo del calcio indiano, è che l’ISL non è l’unica lega del paese: il dualismo con l’I- League destabilizza le possibilità di sviluppo, come è da subito risultato chiaro al c.t. della nazionale Stephen Costantine, ugualmente critico di fronte alla possibilità di far tornare dal ritiro calciatori che aumenterebbero la sindrome da “Circo Barnum”.

«Abbiamo bisogno che il concetto di lega torni sotto un unico aspetto singolo: non possiamo avere due leghe nella stessa stagione. Per i primi tre mesi i giocatori sono alle dipendenze di un coach (per la Indian Super League), per i restanti cinque alle dipende di un altro coach (nella I-League) e alla fine si riuniscono tutti sotto la mia guida per i camp della nazionale. È qualcosa di incredibile, qualcosa a cui nessun giocatore al mondo può adeguarsi».

Il risultato è evidente nel cammino di qualificazione ai Mondiali del 2018 in Russia: l’India è fuori da ogni discorso, con tre soli punti ricavati (risicata vittoria su Guam) e la corsa da fare per non finire come cenerentola nel girone sulla stessa Guam.

https://www.youtube.com/watch?v=0Iq8WkNnHp8

Discorso qualificazione che resta aperto per la Cina, vittoriosa 4–0 sulle Maldive e ancora in corsa per il terzo turno: l’inizio difficile, conciso con la sconfitta in Qatar, sembra alle spalle, anche se servirà un’impresa di livello contro la nazionale del Golfo per passare alla fase successiva tra le migliori seconde e tentare di affiancare negli almanacchi la nazionale di Bora Milutinovic, l’ultima (e unica) a qualificarsi ai Mondiali nel 2002.

Seppur ricorrendo alla tradizionale boutade dell’invenzione del calcio (sembra testimoniato da fonti scritte già durante la dinastia Han nel 200 a.C.), la Cina ha sofferto da sempre il fatto che se da un lato fosse veicolo di propaganda del Partito, dall’altro non avesse una adeguata preparazione tecnico-tattica.

Mao pensava che il calcio potesse essere uno strumento di scambio con i paesi del blocco sovietico e non solo, invitando il Madureira per un tournée, la prima di una squadra brasiliana nel paese asiatico nel 1963. Ma per parecchio tempo il campionato rimase un puro esercizio di facciata, adagiato su un flaccido dilettantismo.

Il modello adottato negli ultimi anni è teso a riavvicinare tanti fan, delusi dall’endemico proliferare della corruzione a qualsiasi livello e che per poco non ha portato alla morte della Chinese Super League qualche anno fa.

Il campionato cinese ha aperto letteralmente il portafoglio e solo nell’ultima sessione di mercato ha speso un totale di 300 milioni di euro, arruolando nelle sue fila campioni internazionali come Ramires, Jackson Martinez, Lavezzi e Gervinho. Non parliamo di vecchi elefanti pronti a svernare in un campionato dal basso ritmo, ma giocatori attirati da una nuova esperienza di vita (e da svariati milioni di yuan).

I club stanno diventando una certezza a livello continentale, affacciandosi sulla copertina e imponendosi nelle maggiori competizioni.

https://www.youtube.com/watch?v=vqdc1CCDEhw

S’è evoluto quindi a livello globale il capitalismo aggressivo fagocitante, che caratterizza gran parte della politica di relazioni internazionali cinesi: il calcio è il veicolo per espandersi nel mondo e attualmente la progettazione sta avendo inizio anche a livello di nazionale maggiore.

Visto il ritmo imposto a velocità supersoniche dalla Cina Xi Jinping e il bacino d’utenza, potrà forse essere sfatato il vecchio adagio popolare per il quale «Ci sono solo due cose che impediscono ai cinesi di diventare una potenza mondiale nel calcio: il loro piede destro e il loro piede sinistro».

L’auspicio è che possa essere un tramite per risvegliare anche l’altro gigante dormiente del calcio mondiale, l’India, visto che un minimo di raziocinio potrebbe aprire la possibilità alle due potenze di aprire un ciclo vincente a livello internazionale.

https://www.youtube.com/watch?v=WYubP22fuNU

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