7 giocatori della Roma che sarebbero stati migliori sindaci dei candidati reali

Crampi Sportivi
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5 min readOct 9, 2015

Una Capitale prima commissariata, poi dimissionaria, poi di nuovo al centro di indagini, scandali, corruzione, forever again, e ancora troppo segnata dalle cicatrici di Mafia Omonima. Con Ignazio Marino ok, è andata come è andata, la fortuna di incontrarsi ancora, con Virginia Raggi non si decolla e anzi si sarebbe potuti partire meglio. Ed è qui entriamo in ballo noi.

Dice, ma Crampi Sportivi mette bocca sulla politica? Neanche per idea, qui si parla di sport, ma che non si dica che in momenti difficili come questi non facciamo delle controproposte serie e concrete.

Ecco perché abbiamo pensato a 7 ex giocatori della Roma — uno per ogni colle — che sarebbero migliori sindaci di quelli che sono stati i candidati reali al Campidoglio. Calcisticamente parlando, s’intende, ma perché porre limiti alla provvidenza.

*premettiamo che in questa lista sono stati considerati solo calciatori viventi, che potrebbero insediarsi fisicamente al Campidoglio — altrimenti questo sarebbe un lungo articolo monografico su Agostino Di Bartolomei senza bisogno di primarie di sorta — e sono stati esclusi giocatori che ricoprono già ruoli istituzionali superiori. Tipo Totti.

1. Giovanni Cervone, per un Campidoglio reduce del Vietnam

Cervone Giovanni nato a Brusciano, nell’entroterra napoletano, è alto 192 cm e ha uno sguardo che farebbe accartocciare da sole le macchine pronte a sfrecciare di nuovo su via dei Fori Imperiali. E una manona che le potrebbe accartocciare davvero, con una leggera pressione delle dita. Di ruolo era portiere, quindi abituato a respingere le offensive avversarie. E infatti il suo mandato sarebbe di quelli a prova di sfiducia. Orfini non si sognerebbe mai di dirgli “dimettiti”, il Papa lo inviterebbe volentieri a Philadelphia, anzi gli chiederebbe di dare un pugno a chi parla male della sua mamma.

E Cervone lo farebbe, ma non solo per il Papa. Per me, per te, per tutti i cittadini di Roma.

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2. Simone Perrotta, per un Campidoglio da fuorisede

Ci sono vari tipi di fuorisede calabresi che puoi incontrare a Roma. C’è il festaiolo che si esalta per il trambusto di Campo de’ Fiori come se fosse in erasmus per le vie di Marrakech, c’è quello che vive Piazza Bologna come se fosse il centro di Vibo Valentia, quello che prende la macchina per andare a comprare le sigarette. Simone Perrotta non è nessuno di questi tipi. Innanzitutto non è juventino, in secondo luogo è un Campione del Mondo, e poi ha tutti i pregi della Calabria migliore: è un lavoratore infaticabile, la quintessenza del fairplay, un uomo squadra allergico agli individualismi, è uno che raggiunge risultati anche a prezzo di grandi sacrifici. Insomma, il perfetto erede di Ugo Vetere, primo calabrese a salire al Campidoglio dall’81 all’85. E poi è un fattore statistico: i calabresi che vivono a Roma sono circa quattrocentomila. Ci sarà pure qualcuno che dovrà rappresentarli. Voglio dire, sono comunque più delle persone che voterebbero direttamente la Meloni.

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3. Hidetoshi Nakata, per un Campidoglio zen

Dello Scudetto 2000/2001 si parla solo in riferimento a Totti-Batistuta-Montella, magari Cafu-Candela, Emerson, Samuel e compagnia cantando. Non si parla mai di Hidetoshi Nakata. Perché NESSUNO PARLA MAI DI HIDETOSHI NAKATA? Perché era zen. Giocava poco, parlava anche meno. Solo due stagioni a Roma, poi tanta Italia e poco estero, prima di ritirarsi a 29 anni. Prestissimo, perché da allora ha deciso di girare il mondo da viaggiatore, e da allora è sempre sorridente. Prima di scoprire la vocazione per l’interrail, è entrato nella storia giallorossa non soltanto per essersi guadagnato una pagina wikipedia in latino, ma soprattutto per essere stato decisivo nella storia dell’ultimo scudetto romanista. A Torino contro la Juve, sotto di due a zero, inventa un bolide da fuori area per accorciare le distanze e subito dopo tira un’altra notevole stecca che il portiere respingerà e Montella trasformerà in rete. Silenzioso, zen e decisivo. Avercelo, un sindaco così. “Se si viaggiasse di più ci sarebbero meno pregiudizi idioti”, ha detto, a proposito dei suoi viaggi. Io ti seguirò ovunque, Hide, e diverrò pescatore di Anime. Cioè, di fatto, Sampei.

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4. Damiano Tommasi, per un Campidoglio con Gesù come assessore

Sindaco Tommasi Damiano da Negrar, in provincia di Verona. Ma dai. Veramente c’è da convincere qualcuno? Sembra così naturale. Immagino il mandato di Tommasi come una puntata di Don Camillo, con lui che discute continuamente con Gesù ad alta voce, e insieme risolvono i problemi più disparati. Poi finalmente Gesù torna in Vaticano e fa una cazziata di quelle come si deve, e tutti zitti, nessuno che fiata, perché comunque quello è Gesù. E poi immagino su Repubblica le foto di Tommasi a cena con Gesù e Totti, amici e colleghi. Io cinque anni di Damiano Tommasi vorrei vederli. E voi?

5. Rodrigo Taddei, per un Campidoglio alla Frankenstein Junior

Non esattamente fotogenico, probabile. Non proprio una pronuncia comprensibile dell’italiano nonostante 15 anni di residenza da noi, forse. Ma la dedizione, il cuore, la versatilità, l’umiltà. Un sindaco tutto fare, un sindaco ovunque, sempre a lavorare, sempre a correre e a mettere pezze, a risolvere problemi, a fare numeri per i suoi cittadini. Basta chiacchiere, basta retorica e paroloni: Rodrigo si presenta a Ballarò e si mette a palleggiare, senza dire una parola, con i suoi classici pantaloncini arrotolati sulle cosce. Poi va da Lilli Gruber e BAM, aurelio in diretta. Il giorno dopo va da Vespa e BUM, retro-busta di suola. TADDEI PER ROMA — NUMERI E CUORE (messaggio elettorale).

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6. Sebino Nela, per un Campidoglio alla The Avengers

Nela Sebastiano da Rapallo, alto una quindicina di centimetri in meno di Cervone ma largo il doppio, non era soprannominato a caso l’incredibile Hulk, e non a caso la curva gli cantava “Picchia, Sebino”. Il Campidoglio con lui sarebbe meno chucknorrisiano rispetto a Cervone, ma di sicuro impatto sulle caviglie dei poteri forti di turno. Immaginatelo mentre recupera il pallone dall’opposizione in consiglio comunale, o sistemare le buche su via di Portonaccio sradicando il resto dell’asfalto per livellare tutto il percorso. Noi ci siamo riusciti, e un pensierino ce l’abbiamo fatto.

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7. Aldair, per un Campidoglio campione morale

[storia vera] 13:30, uscivo da scuola. Ero ragazzo e sulle mia spalle gravava il fardello dei libri, della vita, delle relazioni, del futuro, tutto sulle mie spalle. Con quel fardello, a capo chino e con le scarpe slacciate, mi incamminavo verso casa. Quand’ecco che all’altezza del fruttivendolo — un semplice banco di frutta all’aperto, con una tenda per il sole, e le mamme che imbustavano i meloni bianchi — lo vidi: Aldair! Oddio! Campione del Mondo e Campione d’Italia che compra la frutta al banco, con le mamme e le nonne! E subito tutto diventò uno spot elettorale. Un capannello di ragazzi che gli chiede la firma o la mano. L’uomo del popolo, eppure mai populista. Deciso e fermo, ma mai violento. Il leader saggio con cui vorresti confidarti. Una scivolata contro la criminalità. Un anticipo di testa contro le mafie. VOTA PLUTO.

Articolo a cura di Simone Vacatello e Valerio Coletta, da un’idea di Lorenzo Bottini.

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