A cena con Roberto Sedinho — Breve guida ai mondiali in Brasile — Gironi E-F
GRUPPO E
Svizzera, gli svizzeri
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Illustrazione di Martin Haake[/caption]
La Squadra: ogni volta che sta per partire una competizione calcistica per nazioni si parla della Svizzera come di una possibile sorpresa, ovvero come di nazione che non può vincere, ma può stupire. Questa volta l’ingrato compito è toccato al Belgio, con il quale la Svizzera condivide l’archetipo di nazione rigorosa. Nessuno parla della Svizzera, neanche nei loro bar. Chissà se questo andare a fari spenti li aiuterà ad andare avanti più del solito. Una particolarità della Svizzera è quella di avere il centrocampo del Napoli: i rapporti tra svizzeri e De Laurentiis sono molto buoni (querela) e non potendo comprare l’attacco che costava troppo hanno ripiegato sul centrocampo dopo aver visto giocare Maggio in difesa. Come quasi tutti, si dispongono con un 4–2–3–1 ordinato (il DNA non mente) pieno di agonismo e giocatori naturalizzati di paesi improbabili.
La Storia: volendo rispettare quello che tutti pensano di loro, la storia della Svizzera ai mondiali è abbastanza noiosa, di quelle che passano sotto traccia. I migliori risultati li hanno ottenuti mentre gli altri paesi erano impegnati a testare i regimi totalitari e loro, invece, avevano parecchio tempo libero per giocare a pallone.
La Stella: Stephan Lichtsteiner. L’unico veramente svizzero tra gli svizzeri, deve la sua fama al fatto di essere il classico giocatore stronzo che però ci mette l’anima in ogni partita. Se non gioca per la tua squadra, non sai se disprezzarlo e basta oppure disprezzarlo, ma sotto sotto (non lo diresti mai agli amici) apprezzarlo per tutte le volte che gli vedi fare su e giù per la fascia.
La notizia inutile che non vi rivenderete davanti al televisore: io, per dire, non sono mai andato in Svizzera.
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Ecuador, alpinisti
La Squadra: l’Ecuador occupa un irreale 26esimo posto nel ranking Fifa, che la collocherebbe diverse categorie sopra il Cisco Collatino. Il che mi rende un po’ dubbioso sul concetto di ranking perché non lo so come finirebbe una partita tra le due squadre in casa del Cisco. Infatti la peculiarità dell’Ecuador è quella di essere fortissimo in casa propria, quando gioca ai 2850 metri di Quito, e scarsissimo quando gioca altrove. Purtroppo per loro il mondiale si gioca altrove e parlare di tattica ha poco senso. Quando riusciranno a corrompere la FIFA e fare Ecuador 2086, saranno una seria candidata al titolo.
La Storia: la storia mondiale dell’Ecuador si risolve nell’aver preso due gol da Bobo Vieri e a casa! Nel 2006 passano il turno, come sia successo nessuno è stato in grado di capirlo.
La Stella: sarebbe Antonio Valencia, ma è troppo noioso e allora Jefferson Montero. Nonostante quello che abbiamo pensato tutti, Jefferson Montero è molto lontano da Paolo Montero, proprio agli antipodi: Jefferson è il classico clone inconcludente di Cristiano Ronaldo, ovvero mille dribbling, mille tacchi, ma se poi non fai 50 gol l’anno viene fuori l’inutilità del tuo lavoro. Rimane comunque interessante guardare i suoi video su youtube e di certo verrebbe utile averlo nella propria squadra di calcetto, anche se credo sia uno di quelli che non la passa mai.
La notizia inutile che vi rivenderete davanti al televisore: la nazionale dell’Ecuador ha richiesto che in ogni stanza del ritiro ci fosse un casco di banane, l’obiettivo è tirarle tutte a Dani Alves per creargli un indigestione.
Honduras, bho
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Illustrazione di Wilmer Murillo[/caption]
La Squadra: i mondiali creano delle storture conoscitive del tipo che io mi devo mettere a cercare informazioni sulla formazione dell’Honduras.
La Storia: la storia mondiale dell’Honduras è simile a quella del Movimento 5 stelle: hanno partecipato due volte, non hanno mai vinto una partita, ma ci mettono sempre l’anima e ogni volta sono convinti di poter far bene. Questi mondiali ci diranno se provando e riprovando prima o poi si vince.
La Stella: la stella dell’Honduras è il collettivo. Uso questo stratagemma perché davvero non saprei chi indicare come miglior giocatore, ma infondo c’è un po’ di verità: per far parte dell’Honduras devi essere pronto a sacrificarti per i compagni e dare un po’ di calci anche tu, quindi le prime donne non sono benvenute.
La curiosità inutile da Wikipedia che vi rivenderete davanti al televisore: ai Mondiali 2010 l’Honduras è la prima squadra in cui figurano nella rosa 3 fratelli: si tratta di Wilson Palacios, Jerry Palacios e Johnny Palacios; tuttavia essi non hanno giocato insieme nemmeno un minuto al mondiale.
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Francia, svolta a destra
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Neil Steven illustra il Tour de France (per chi non lo sapesse si corre in Francia)[/caption]
La Squadra: sulla carta, la formazione francese è una delle più competitive: il centravanti della squadra che ha vinto l’ultima Champions, il terzo classificato al pallone d’oro, il centrocampista con la quotazione di mercato più alta, i difensori che giocano tutti in squadre di alto livello. Poi se guardi bene vedi che Benzema è un fenomeno, ma che combatte ogni partita con i propri demoni; Ribery è out a causa della schiena, Pogba ha 20 anni e la tendenza a tenere troppo il pallone e la difesa, per quanto fisicamente dominante, ha parecchie lacune nelle qualità dei singoli. Deschamps sembra diviso tra un 4–3–3, il modulo che gli ha permesso di rifilarne 3 all’Ucraina e raggiungere gli altri in Brasile, e il 4–2–3–1 che se non lo provi almeno una volta sei come gli sfigati che alle Iene dicono di non essersi mai fatti una canna.
La Storia: l’epopea 1998 sta ancora lì, come se fosse solo il 1999. Per il resto la Francia e i mondiali hanno sempre avuto storie di odio e amore: disfatte nel 2002 e nel 2010, super torneo fino al rigore di Trezeguet nel 2006. Tornando più indietro c’è Platini, poteva essergli andata peggio.
La Stella: Paul Pogba. Stile da stella NBA, fisico da stella NBA, piedi da stella del calcio. Il giocatore 3.0, potenzialmente il primo prototipo del calciatore moderno moderno, ovvero l’evoluzione del calciatore moderno, tipo l’homo sapiens e l’homo sapiens sapiens. Il difetto è che c’ha solo 20 anni, beato lui.
Il fatto palese che vi potete rivendere davanti al televisore: non so se l’avete mai notato, ma le francesi mediamente sono proprio carine.
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GRUPPO F
Argentina, nelle mani di una pulce
La Squadra: un vecchio adagio U.S.A. dice che l’attacco vende i biglietti mentre la difesa vince le partite. L’Argentina, possiamo scommettere, venderà un sacco di biglietti: non si è mai visto tanto sbilanciamento tra talento offensivo e boh difensivo. Sabella, complice la nuova vena da interno di centrocampo di Angel Di Maria, sembra orientato verso un 4–3–3 con Messi, Aguero e Higuain davanti. Dietro sembra regnare la staticità, con difensori rocciosi, ma non eccelsi. Lasciato a casa Tevez, sembra non si pigli alla grande con Leo; peccato: a mio avviso, la coppia Tevez — Higuain sembra nata per giocare insieme.
La Storia: ahí la tiene Maradona, lo marcan dos, pisa la pelota Maradona, arranca por la derecha el genio del fútbol mundial, deja el tendal y va a tocar para Burruchaga. ¡Siempre Maradona! ¡Genio! ¡Genio! ¡Genio! Ta-ta-ta-ta-ta-ta-ta. ¡Gooooool! ¡Gooooool! ¡Quiero llorar! ¡Dios santo, viva el fútbol! ¡Golaaaaaazooo! ¡Diegoooool! ¡Maradona! Es para llorar, perdónenme. ¡Maradona, en recorrida memorable, en la jugada de todos los tiempos! ¡Barrilete cósmico! ¿De qué planeta viniste? ¿Para dejar en el camino a tanto inglés, para que el país sea un puño apretado gritando por Argentina? ¡Argentina 2 — Inglaterra 0! ¡Diegol, ¡Diegol! ¡Diego Armando Maradona! Gracias Dios, por el fútbol, por Maradona, por estas lágrimas, por este Argentina 2 — Inglaterra 0.
La Stella: volente o nolente, Lionel Messi. Viene dal suo anno più difficile: i 0 titoli con il Barca, i malesseri in campo, le prime piccole accuse dovute al fatto di aver segnato solo 41 gol quest’anno. Da un punto di vista biologico dovrebbe essere nel momento migliore della sua carriera: compirà 27 anni durante il mondiale, l’età della piena maturità calcistica. La storia, di cui sopra abbiamo narrato un passaggio, gli chiede di emularla, l’Argentina anche. Se vince, si siede in braccio a Diego.
La notizia inutile che vi rivenderete davanti al televisore: l’Argentina è la formazione più vecchia di questo mondiale. L’età media (calcolata per la data della finale) sarebbe di 28 anni e 336 giorni. Abbiamo controllato e tra i convocati non è presente Javier Zanetti.
Bosnia, daje!
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Illustrazione del padiglione bosniaco all’esposizione universale[/caption]
La Squadra: la rosa è competitiva, per cui non si affaccia al torneo come Cenerentola, ma piuttosto come il topino cacacazzi ma simpatico Gas. I titolari giocano tutti nei maggiori campionati europei (eccezion fatta per Zvjezdan Misimović che è andato a svernare in Cina). Su tutti spiccano un paio di elementi di assoluto valore come Dzeko e Pjanic. Vicino a questi 3 correranno come pazzi 7 onesti giocatori capitanati da Lulic che nel 4–2–3–1 della Bosnia fa l’ala offensiva.
La Storia: la Bosnia è l’unica debuttante di questo mondiale, per cui di storia mondiale zero. La nazionale nasce nel 1996, dalle ceneri di quella Jugoslava e prima della qualificazione per questi mondiali non aveva ottenuto risultati di rilievo. Se invece parliamo di storia universale, allora questo pezzo di terra infilato nei Balcani ne ha da dire a palate. Considerata una porta tra Oriente ed Occidente, non sto qui a tediarvi con i dettagli, ma vi consiglio “Il ponte sulla Drina” di Ivo Andric che ripercorre la storia di questo popolo.
La Stella: Miralem Pjanic. Senza dubbio il centrocampista più tecnico della serie A, quando è in palla è uno spettacolo per gli occhi. Le sue lacrime dopo la vittoria qualificazione sono lo specchio dell’impresa della Bosnia. Lo vedremo sicuramente lottare e predicare come non sempre gli è riuscito nella Roma.
La nozione geografica inutile che vi rivenderete davanti al televisore: la Bosnia ha un piccolissimo sbocco di circa 25 chilometri sul mare Adriatico che spezza in due la Croazia e le permette di mandare al mare i suoi abitanti senza dover portare il passaporto. La cosa crea qualche guaio ai Croati appena entrati nell’UE, per i quali è necessario passare la frontiera putacaso volessero risalire tutta la propria costa.
Iran, soprannomi pesanti
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L’illustratore iraniano Fereshteh Najafi[/caption]
La Squadra: soprannominata Tim Mellì, l’Iran è allenata da Queiroz, famoso per aver allenato Portogallo e Real Madrid e che molto probabilmente in questo momento si sta chiedendo come è finito ad allenare l’Iran. Tuttavia, a discapito della mia simpatia, l’Iran è una solida nazionale, tutti grossi e abbastanza cattivi come li descriverebbe un film TV americano, con un fiorente movimento giovanile tra cui spicca Karim Ansarifard (classe ‘95), detto il Messi iraniano. Quindi se siete iraniani e Messi è il vostro giocatore di riferimento, sappiate che il nome è già stato preso.
La Storia: la storia mondiale dell’Iran si risolve in 3 patecipazioni e una sola vittoria. Che però è un 2 a 1 sugli USA ottenuto a Francia ’98 e che quindi acquista tutto un valore sociopolitico che non sto qui a dirvi.
La Stella: Ali Karimi non è stato convocato. Chiamato il Maradona d’Asia, Ali va molto fiero di questo suo soprannome. Infatti l’Asia è un continente molto grande e con molta gente, esserne l’unico Maradona è un grande onore, più di essere Messi come il ragazzino di cui parlavo sopra. Ormai 36enne era l’unico Iraniano che ricordavo insieme ad Alì Daei e Mehdi Mahdavikia. A questo punto la stella è un certo iraniano dal nome complicato detto anche “Gucci” che quest’anno ha segnato un gol in 15 presenze col Charlton.
La chicca di moda inutile che vi rivenderete davanti al televisore: in Iran non vengono utilizzate le cravatte, proprio zero, nada.
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Nigeria, questo non è PES
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Artista nigeriano che potete vedere qui[/caption]
La Squadra: il calcio africano viene accolto ai mondiali sempre con un senso di vorrei, ma non posso. Tutti ne tessono le lodi, ma poi le cose spesso vanno da un altra parte. Bene, a questa Nigeria riesce difficile anche tessere le lodi. Il momento di massimo splendore è andato ed ora la squadra si regge su Obi Mikel e la velocità delle ali. Purtroppo questo non è uno dei primi Pes e se Moses e Musa corrono 99, gli altri parametri sono bassini.
La Storia: le super aquile hanno dato il meglio di se ai mondiali raggiungendo due volte gli ottavi su quattro partecipazioni: nel 1994, quando ci hanno fatto tremare prima che Baggio iniziasse a fare Baggio, e nel 1998 dove vengono battute 4 a 1 da una straripante Danimarca in cui segna addirittura Helveg.
La Stella: vogliamo rendere onore a Vincent Enyeama, il portiere. Reduce da una grande stagione con il Lilla, si inserisce in una mitologia di portieri africani pazzi dal cuore grande, il fisico bestiale e una tecnica rivedibile. La sua particolarità è di aver segnato un gol in Champions League, ovvero uno in più di Tevez negli ultimi 5 anni.
La notizia inutile che ho trovato su yahoo answer dopo aver scritto Nigeria curiosità su Google che vi rivenderete davanti al televisore: uno sparo nell’aria e poi via, tutti di corsa verso il fiume. Chi in un’ora di tempo agguanta il pesce più grosso si aggiudica l’equivalente di 7500 dollari. È quello che succede al Festival della Pesca di Argungu, in Nigeria, che si tenne per la prima volta nel 1934 per festeggiare la pace raggiunta tra due fazioni rivali, il Califfato di Sokoto e il Regno di Kebbi. Da allora tutti gli anni più di 30 mila pescatori mettono alla prova le loro abilità utilizzando le reti tradizionali o le sole mani (nude). Nel 2005 il pesce della vittoria pesava ben 75 chilogrammi, e ci vollero quattro uomini per sollevarlo.
A cura di Marco D’Ottavi