All-Star Game, ma nel calcio: boutade o realtà?

Crampi Sportivi
Crampi Sportivi
Published in
6 min readApr 5, 2018

Parliamoci subito chiaro: la Premier League è l’unico campionato di calcio che potrebbe essere paragonato alla Nba. Né la Liga spagnola del clasico Real Madrid-Barcellona, né la Serie A degli scontri campanilistici potrebbe competere con una lega fatta di campioni e i cui stadi, a dir poco da screensaver, fanno invidia ai migliori club di altri paesi. Quindi non c’è da scherzare sulla proposta di un All-Star Game in stile Nba, perché se lo potrebbero permettere e ne avrebbero le competenze. Quello pronosticato da Lukaku qualche settimana fa (“Perché non fare un All star Game come la Nba?”) è un’idea che, utopicamente e microfoni spenti, è venuta fuori già a qualche critico e giornalista.

Eppure, non sarebbe tanto male: la Premier League ha un fatturato annuo di oltre cinque miliardi e le famose big six del campionato inglese, pur non vincendo molto in Europa, sono una garanzia di spettacolo. Quindi un All-Star Game in stile LeBron James e Stephen Curry si potrebbe fare anche nel calcio: con l’ineccepibile organizzazione inglese e un cospicuo giro di sponsor, l’idea potrebbe funzionare e crescere negli anni fino ad acquisire un blasone tipo quello cestistico. Lanciata da Romelu Lukaku, già a inizio marzo la BBC aveva pronosticato un’idea simile.

C’è persino un precedente storico. Tralasciando gli imbattibili Best XI o Team Adidas di Fifa, nel 1997 a Marsiglia si giocò un match alquanto ambiguo tra Europa contro il Resto del Mondo, in cui giocarono addirittura Ronaldo e Batistuta. Roba fantascientifica. Una pazza quanto innovativa idea per lo sport più mainstream di tutti, che senza dubbio proporrebbe il miglior prodotto commerciale figlio del miglior campionato del mondo. Ma come sarebbe?

Non malissimo, ecco.

Lo stadio

L’Inghilterra non è come l’America, anzi, è un paese terribilmente più piccolo e la differenza East-West è praticamente impensabile. Un piccolo esempio per sottolineare l’enorme dimensione del campionato americano di Basket: la squadra di Orlando, nel nord della Florida, per arrivare a Boston nel Massachussets deve percorrere 1.796,06 km in volo, mentre in Inghilterra la distanza tra Bournemouth e Newcastle è di “appena” 473,4 km. Ed è la trasferta più lunga del campionato. Quindi la dimensione Nord-Sud è quella obbiettivamente dai tratti più marcati e ribaditi, a differenza di un est ovest in cui tra Londra e Manchester corrono appena tre ore e trenta di autostrada.

A questo punto, la divisione nord-sud sarebbe quella più ovvia, come anche aveva proposto Lukaku. L’incontro potrebbe svolgersi a Wembley — alla fine è il primo, il “pilota” — anche se è un impianto po’ troppo commerciale: in Inghilterra, tutto quello che è importante ed è calcistico si unisce sotto il segno di Wembley. Il punto, però, è un altro: l’impianto si riempirebbe? Quanti sarebbero gli spettatori?

Forse all’inizio, come “numero zero”, Wembley ci potrebbe anche stare: non è così esagerato, le persone potrebbero accorrere per vedere Pogba che finalmente fa numeri da circo senza l’asfissia del rigore degli allenatori. Sarebbe intelligente proporre delle sfide iteranti, prima nell’impianto londinese, poi all’Etihad di Manchester, poi al Celtic Park di Glasgow e così via. Perchè alla fine, includere un po’ di Scozia non sarebbe certo controproducente.

E poi qualcuno ha pure proposto che il Celtic giochi in Premier League, quindi…

North Club

Il club del Nord d’Inghilterra comprenderebbe la linea che arriva fino a West Bromwich, non molto lontano da Birmingham, escludendo la gallese Swansea e tutto il resto dei club nei borroughs a nord di Londra. Qui verrebbero compresi i grandi campioni di Liverpool, Manchester United, Manchester City, Everton, Newcastle, Burnley e Leicester, senza accantonare più di troppo le operaie Stoke City, WBA, Huddersfiled Town. Quindi, in sostanza, il nucleo di campioni verrebbe fuori dal Nord-Ovest, dalle parti della contea di Manchester, dove Pogba palleggerebbe con Salah nel pre-partita, con Ederson e Vardy impegnati nel testare de Gea.

E nella seduta d’allenamento, magari nella avanguardistica e innovativa sede del Newcastle voluta da Benitez, l’allenatore scelto… un momento, quale allenatore? Anche qui c’è l’imbarazzo della scelta, perché fra Guardiola, Mourinho, Klopp, Benitez c’è un po’ di confusione, ai limiti dell’ansia. Probabilmente la Lega sceglierebbe Mourinho, più iconico di Guardiola, più navigato nella comunicazione di Klopp e magari più disposto alla partecipazione a un evento simile, mainstream e dannatamente esclusivo. Forse Mou non esiterebbe a premiare i suoi assistiti allo United: neanche a dirlo, fra Lukaku e Aguero manderebbe in campo il primo (e magari avrebbe pure ragione).

Di fatto, sarebbe impossibile e ingiusto costruire un undici esclusivamente formato da giocatori delle due di Manchester e del Liverpool: ci sono anche Mahrez e Vardy del Leicester, Rooney e Pickford dell’Everton, Shaqiri dello Stoke e Gueye del Newcastle. Insomma, almeno uno di questi qua va fatto giocare, in nome della rappresentatività. Inoltre, per i calciatori che si frequentano fuori dal campo sarebbe un modo per divertisti dentro l’evento, come se Smalling andasse al club con Walker, con la possibilità di cambiarsi — per una volta — nello stesso spogliatoio. O Rooney che incontrerebbe nuovamente alcuni suoi vecchi compagni, sedendosi vicino nel pullman della squadra. Se ipotizzassimo l’undici di una regione che comprende tre delle prime quattro dell’attuale classifica, potrebbe venire fuori una roba così:

South United

A opporsi allo straordinario undici del North Club, ci sarebbe una squadra comandata probabilmente da Arsenè Wenger. Inutile dirlo: sarà vecchio, sarà ripetitivo, ma non esiste un manager più rappresentativo di Wenger per il campionato inglese. E se poi dall’altra parte c’è Mourinho, impossibile non farsi altre risate sulle provocazioni tra i due. Semper hostilis. Di fatto, Wenger avrebbe anche qui l’imbarazzo della scelta tra i suoi giocatori, quelli di Pochettino (magari suo assistente, sempre che a Tottenham Court Lane non facciano storie per la subordinazione ai rivali) e quelli di Conte. In effetti non è per niente messo male il nucleo londinese, che magari, come per quelli del Nord, potrebbe portare nello spogliatoio giocatori vicini di casa, ma perennemente in conflitto.

Stavolta invece sarebbe tutto molto più divertente, anche se il rischio di mini faide interne — quasi scolaresche — fra il gruppo di quelli del Tottenham e dirimpettai urbani dell’Arsenal potrebbe essere un problema. Magari la stessa situazione si potrebbe presentare nel North Club con quelli di Manchester, eppure tutti sanno che alla fine i giocatori sono ragazzi, umanamente molto meno complessi di quello che si vede in campo. Con un evento come l’All-Star Game, sarebbe prevista una pioggia di tweet e una marea di foto su Instagram impensabili senza tale evento: un potpourri quasi nauseante di gossip e sfide improbabili. In sostanza, il tanto atteso taglio di capelli di Bellerin potrebbe essere eseguito dal barbiere Hazard, per esempio. A parte gli scherzi, tutto ottimo materiale da web.

Per quel che riguarda l’aspetto tecnico, come per il North Club, sarebbe impossibile includere tutti gli ottimi talenti delle squadre di medio-bassa classifica presenti nel sud. Quindi un sfilza di “sorry, but…” per il Chicharito Hernandez (West Ham), Richarlison (Watford), Zaha (Crystal Palace) o il nostro Gabbiadini (Southampton). Inevitabile il grande spazio ai top player della Londra bene, quella degli Özil e Kane, di Courtois e Hazard. Un realistico quanto improbabile Ultimate Team in salsa londinese disegnato su un 4–2–3–1 in favore di Eriksen. Perché effettivamente, con tutti questi campioni insieme, il dubbio che sia tutto una realtà virtuale potrebbe sorgere. Che la EA Sports faccia da sponsor dell’evento?

Articolo a cura di Riccardo Belardinelli Incastrato negli studi letterari, tra i Talking Heads e Philip Roth c’è tempo anche per le cose serie: il calcio.

--

--