Analisi dei gironi della Champions League e previsioni future — parte I

Crampi Sportivi
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15 min readDec 18, 2014

Girone A di Matteo Serra (@masegu_92)

Atletico Madrid 14 p.ti

Juventus 10 p.ti

Olympiakos 9 p.ti

Malmoe 3 p.ti

Juventus e Atletico. Atletico e Juventus. Queste si pensava potessero passare il turno e puntualmente il pronostico si è avverato. Attenzione però, non tutto è andato secondo i piani, anzi.

I vice-campioni in carica (campioni se qualche genio del male non avesse inventato i minuti di recupero) esordiscono ad Atene, nel fortino dell’Olympiakos e prendono tre inaspettate sventole da una squadra, quella greca, che mette subito le cose in chiaro: per il passaggio del turno può dire la sua. La partenza dei bianconeri invece è rassicurante, con una solida doppietta casalinga alla banda svedese del Malmoe, e finalmente con un Tevez presente nel tabellino dopo secoli di digiuno in CL. Già alla seconda giornata però il quadro si ristabilisce, con l’Atletico che ritrova compattezza e cinismo e stende in casa la Juventus, e l’Olympiakos che scivola su svariate bucce di banana e rientra dalla Svezia con le ossa rotte: tutti a 3 punti e si ricomincia da capo. L’Atletico si rimette a macinare quel gioco pragmatico ed efficace che l’ha portato ai vertici, vincendo bene e ovunque; la Juve rivede i fantasmi dell’anno scorso, con un gioco propositivo ma inconcludente e con le solite amnesie che mandano all’aria tutti i piani: ad Atene perdono, di nuovo, 1 a 0. La faccenda si complica maledettamente, e mentre per gli uomini di Simeone va tutto a gonfie vele (goleade e clean sheets) per quelli di Allegri ogni partita è una sofferenza immane: vittoria risicata sul campaccio del Malmoe e 3–2 thrilling in casa contro i greci, con la possibilità di chiudere il discorso qualificazione con il rigore di Vidal, elegantemente buttata al cesso. All’ultima giornata l’Olympiakos fa il suo, strapazzando, se pur con qualche imbarazzo, gli svedesi, ma dall’altra parte Atletico e Juventus giochicchiano per il pareggio e vanno a braccetto agli ottavi.

Quelle che si presentano tra le migliori sedici squadre europee possono tranquillamente dire la loro, ma occhio, perché le due tedesche pescate dall’urna hanno caratteristiche pericolose.

L’Atletico Madrid che ha vinto il girone è una squadra coatta. Ha conservato le stesse prerogative della scorsa edizione, perdendo un po’ di qualità e sopperendo con le armi di casa: aggressività e organizzazione. La squadra di Simeone è quella che ha preso più cartellini gialli tra quelle passate agli ottavi (16), con un giocatore, Raul Garcia, che guida la classifica dei malandrini con 3.3 falli fatti a partita. Come gestisca la gara la squadra di Madrid è ben chiaro snocciolando un paio di statistiche: la squadra non vuole il pallone tra i piedi, ha una media del 47.7% di possesso a partita superiore solo a quello Monaco tra quelle che hanno passato il turno. Non ha necessariamente la passione per il contropiede, non avendo particolari velocisti nell’undici titolare. Sfrutta al massimo i calci piazzati ed è fortissima nei duelli aerei (ne vince 20.3 a partita), e porta offensive efficaci grazie alla qualità dei due registi avanzati Arda e Koke (quest’ultimo guida la classifica assist) e alla spinta dei terzini, specie di Juanfran. Il resto poi lo fa in mezzo all’area Mario Mandzukic, 5 gol nel gironcino tutti “di prima”, cioè senza stoppare il pallone. Un maiale.

Agli ottavi trova il Leverkusen di Roger Schmidt, colui che fino all’anno scorso faceva giocare abbastanza bene il Redbull Salisburgo per intenderci. Le aspirine escono fuori da un girone molto equilibrato in cui hanno dato sfoggio delle loro qualità maggiori, che guarda un po’ sono aggressività (27 contrasti con 17.8 falli a partita), abilità nel gioco aereo (22 duelli aerei vinti a partita), organizzazione difensiva (appena 7.2 tiri concessi a partita).

Penso che il Cholo avrebbe preferito trovarsi di fronte un altro tipo di squadra, una che magari avesse velleità di fare gioco, lasciandogli la libertà di difendere con ordine e attendere il momento giusto per colpire.

Il piano tattico del Cholo Simeone in un Vine.

L’Atletico, chiariamoci, parte con i favori del pronostico e per la grandissima capacità difensiva e il cinismo e la praticità di cui sopra, in scontri andata e ritorno può vedersela con chiunque, ma agli ottavi si troverà di fronte un osso bello duro. Quello che mi aspetto è un doppio confronto giocato sull’agonismo, su quella garra che ha portato in finale Simeone e i suoi lo scorso anno, ma che non è proprietà esclusiva degli spagnoli e potrebbe rappresentare un bello scoglio da trovarsi di fronte qualora i tedeschi dimostrino di averne di più.

Ora la Juventus: quella di Allegri è una squadra visibilmente diversa da quella che lo scorso anno, vuoi per sfortuna, vuoi per scarsa concretezza, non è riuscita a superare il girone. Ha conservato la caratteristica di voler controllare la gara, mantenendo sempre un possesso palla importante (con il 61,1% è terza tra tutte le squadre della CL), creando tante palle gol (15.5 tiri in porta a partita), dettando i ritmi e facendo gioco. Quello che è venuto meno è certamente l’atteggiamento difensivo, con lo smarrimento di quell’aggressività per cui si distingueva la squadra di Conte, basti pensare che quest’anno la Juve è la squadra che fa meno contrasti nella competizione (14.5 a partita con Bonucci a 0.2 a partita, ultimo tra i difensori).

L’atteggiamento difensivo naif di Ogbonna che sarebbe piaciuto moltissimo ad Antonio Conte.

I bianconeri giocano in maniera compassata e paziente, portando tanti uomini in attacco, e accendendosi negli ultimi 30 metri grazie alle giocate di Tevez e Pogba, alla verticalità di Pirlo e alle sgroppate di Lichtsteiner.

Il Borussia Dortmund di questa stagione è un enigma: 15 punti in sedici gare in campionato, 13 in sei in Champions League, per altro in un girone tutt’altro che confortevole. Quando gioca con la palla con le stelline la banda di Klopp si fomenta, esprime quel calcio splendido e indifendibile che le ha permesso di essere l’unica rivale del Bayern Monaco in Germania negli ultimi anni. Il Borussia è la squadra che ha segnato di più in contropiede (4 gol), che commette meno falli (appena 2 a partita) e perciò velocizza al massimo il gioco e che ha trovato in Sokratis Papastathopoulos un pilastro importante della difesa, viste le prestazioni altalenanti di Subotic e i frequenti infortuni di Hummels. Davanti la qualità di Marco Reus non si discute e Klopp potrebbe puntare sulle grosse motivazioni del ragazzino napoletano che gli fa da centravanti (4 gol per Immobile in Champions fin qui).

Per la Juventus può trattarsi di una sfida maledettamente complicata, specialmente se non si fa il salto di qualità a livello di agonismo e concretezza sotto porta: i bianconeri creano molto e sprecano di più, e il Borussia non è una squadra che concede seconde chance. Inoltre, la squadra di Allegri, anche in campionato, ha dimostrato di soffrire la velocità degli avversari(dice niente un certo Ruben Peres?) e i gialloneri sono una squadra che la mette proprio sul ritmo e la rapidità nel ribaltare l’azione. Tra queste due squadre non c’è una favorita, ma la Juventus in questo momento appare più solida e potrebbe approfittare delle incertezze che potrebbero avere gli uomini di Klopp. Incertezze che deriverebbero dalle disastrose prestazioni in campionato e dalla valanga di infortuni che da un anno e mezzo a questa parte decimano i gialloneri. D’altro canto la partita di andata si gioca il 24 di febbraio, e in due mesi le situazioni potrebbero cambiare parecchio.

Girone B di Emanuele Atturo (@Perelaa)

Real Madrid 18 p.ti

Basilea 7 p.ti

Liverpool 5 p.ti

Ludogorets 4 p.ti

Con la vittoria della scorsa settimana sul Ludogorets il Real Madrid ha inanellato la sua diciannovesima vittoria consecutiva e i 18 punti con cui ha chiuso il girone sono un numero talmente inequivocabile che diventa difficile capire di cosa sia interessante discutere.

Possiamo accontentarci di ritenere interessante il campionato parallelo di egotismo che stanno disputando Messi e Cristiano Ronaldo contro i numeri?

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è difficile star dietro ai record di Ronaldo, e infatti a questo video mancano gli ultimi tre gol. Rimane interessante osservare l’evoluzione dei modi di far gol, delle esultanze, delle pettinature di Ronaldo. E anche come, in settanta gol, seppure raramente non venuti da una sua giocata individuale, ringrazi una sola volta il compagno che gli ha fornito l’assist (Benzema). Disclaimer: con questo non voglio sostenere nessuna tesi sullo spessore umano di Ronaldo, che tutti dicono notevole.

In questo girone colpisce soprattutto l’involuzione drammatica del Liverpool, che non è riuscito a qualificarsi nonostante il Basilea abbia lasciato tre punti sul campo del Ludogorets.

L’ultima partita contro gli svizzeri doveva assumere le solite tinte epiche sul palcoscenico glorioso di Anfield, e a un certo punto sembrava dovesse anche andare proprio così. Quando Gerrard ha messo quella deliziosa punizione e ha pareggiato in dieci contro undici. Ma sarebbe stato tutto troppo sceneggiato e incredibile.

L’espulsione di Lazar Markovic nella stessa partita spiega molto bene l’impatto sconfortante dei nuovi acquisti del Liverpool in questa stagione. E quando parlo di “impatto sconfortante” vi è venuto subito, più o meno preciso, in testa Mario Balotelli.

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Balotelli è ancora a zero gol in campionato e mi piace immaginare che chiuderà l’intera stagione con questo unico gol all’attivo. A cui ripenseremo con tenerezza e nostalgia quando il prossimo anno vincerà la scarpa d’oro.

Dentro tutta questa depressione reds il Basilea ha fatto il proprio lavoro onestamente. Per una volta si ritrova a non essere deportato in Europa e si potrà godere gli ottavi contro il Porto. Che spero personalmente che li elimini senza pietà, un po’ perché dopo la partenza di Yakin (che faceva giocare il Basilea a flipper) non vedo negli svizzeri nessuna cosa positiva oltre al fatto che a tifarli è Roger Federer. Un po’ perché nel Porto sta giocando (pare benissimo, mi dicono persone informate) Josè Angel, cioè uno che non è che non ha la forma mentis per giocare a calcio, ma proprio per stare al mondo. E quindi lo vorrei più vincente possibile.

Josè Angel gioca alla play in mutande.

Resta da capire con quale scarto il Real distruggerà lo Schalke 04 — solita presenza grigia della Champions, per il resto la vittoria finale è una roba che gli riguarda e con questo non vi ho detto nulla di così interessante. Forse volete che mi sbilanci. Vi accontento e vi faccio una mia personale classifica di favorite per la vittoria champions, in un misto di obiettività e sentimenti:

5. PSG (con Ibra che elimina mou agli ottavi e vince ogni singola partita da solo e il prossimo anno conquista il pallone d’oro)

4. Borussia Dortmund (che vince la CL retrocedendo però in serie B)

3. Chelsea (con la consacrazione definitiva di Josè Mourinho che a fine stagione lascerà il calcio e diventerà presidente delle nazioni unite)

2. Real Madrid (seconda CL consecutiva e Carlo Ancelotti che si tatua sul braccio l’esultanza di CR7 con un tratto super tamarro)

1. Bayern Monaco (il trionfo della concettualità astratta)

1 bis. Porto (con Josè Angel che solleva il trofeo e il giorno dopo lo fotografa sul divano di casa mentre sta giocando alla play).

Girone C di Gabriele Anello (@nellosplendor)

Monaco 11 p.ti

Bayer Leverkusen 10 p.ti

Zenit 7 p.ti

Benfica 5 p.ti

Il girone C è il più particolare tra quelli della Champions League 2014–15: le squadre qualificatesi da questo gruppo sono Monaco e Bayer Leverkusen, che hanno eliminato Zenit San Pietroburgo e Benfica. Eppure, i monegaschi e i tedeschi erano rispettivamente in quarta e terza fascia. Nell’applicazione pratica alla Champions del principio darwiniano della legge del più forte, 14 squadre sulle 16 arrivate agli ottavi sono di prima e seconda fascia. Tranne, appunto, le due qualificate del girone C.

Eppure alla vigilia lo Zenit era favorito. La squadra allenata da André Villas-Boas (che rischia di diventare l’incompiutezza fatta manager) aveva tutte le carte in regola per passare il girone, tanto che in Russia sta dominando il campionato. Nonostante questo, lo Zenit è retrocesso in Europa League (dove ha buone possibilità di trionfo). Il Benfica sta conducendo la Primeira Liga, ma forse ha venduto troppi giocatori quest’estate per restare in alto anche in Europa.

Il Monaco di Jardim ha sorpreso tutti. Vi avevamo parlato qui delle difficoltà dei monegaschi, pronti a smantellare tutto per i problemi del patron russo Rybolovlev, impegnato nel divorzio più esoso della storia. Per tre giocatori acquistati quest’estate — Abdennour e i prestiti di Fabinho e Stekelenburg — ne sono partiti ben 22, con l’obiettivo di incassare più soldi possibili. Solo così si possono spiegare le cessioni di James Rodriguez al Real Madrid (80 milioni di euro) e di Radamel Falcao al Manchester United (per ora prestito, ma il riscatto è fissato a 55).

Ciò nonostante, Leonardo Jardim non si è scomposto e ha fatto ciò che sa far meglio: sopravvivere. Il modulo è il 4–3–3 o 4–1–4–1, affidandosi alle spalle larghe ed esperte di Dimitar Berbatov come centravanti. Ad assisterlo ai lati i giovani Ferreira-Carrasco e Ocampos: quest’ultimo viene spesso alternato a Dirar. A centrocampo le chiavi della regia sono (fortunatamente) rimaste in mano al duo d’esperienza Toulalan-Moutinho, mentre dietro si è deciso di confermare la linea a quattro con Kurzawa, Raggi, Abdennour e Fabinho.

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Una dimostrazione abbastanza precisa di “provato in allenamento”.

I risultati sono stati buoni: i monegaschi si sono qualificati grazie al loro rendimento casalingo, dove hanno ottenuto due vittorie contro Bayer e Zenit. La partita decisiva è stata certamente il trionfo della Bay Arena, ottenuto con un gol di Ocampos. A quel punto, la partita con lo Zenit è diventata più facile e il 2–0 finale ai russi ha consentito al Monaco di tagliare il traguardo della qualificazione.

Discorso diverso per il Bayer Leverkusen, che invece è una delle squadre che gioca il calcio più bello in questo 2014–15. Anche le Aspirine hanno cambiato l’allenatore: dopo il duo Hyypiä-Lewandowski della passata stagione, è arrivato Roger Schmidt. Il tecnico è reduce dall’esperienza con il Red Bull Salisburgo, dove ha creato un calcio spettacolare. Tanto per dire: il club austriaco ha realizzato un discreto bottino di 164 gol (!) nell’ultima stagione.

Il compito è stato quello di trasferire questo marchio di calcio anche in Germania, dove la Bundesliga è già di per sé un campionato spettacolare. A questo, va aggiunto il mercato dai grandi botti: le partenze di Sidney Sam ed Emre Can sono state ben colmate. Dietro sono arrivati Jedvaj in prestito biennale dalla Roma e il gigante greco Papadopoulos dallo Schalke 04. Sulla trequarti, spazio al ritorno di un Bellarabi finalmente maturato e all’arrivo di Hakan Çalhanoğlu dall’Amburgo. Davanti, il Bayer si è fidato della grande stagione di Josip Drmić, 17 gol con il Norimberga nel 2013–14.

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Il tutto è coniugato con il mantenimento della spina dorsale della squadra: Leno in porta, Donati e Toprak dietro, capitan Rolfes e Lars Bender in mezzo, l’intramontabile Kiessling e un maturato Son Heung-Min in attacco. La squadra è pronta per il doppio impegno. Schmidt si è affidato al suo consueto 4–2–3–1: Gonzalo Castro arretrato sulla mediana, il trio Son- Çalhanoğlu-Bellarabi dietro l’unica punta. Un potenziale offensivo da far spavento persino al Bayern, che ha vinto “solo” 1–0 contro le Aspirine.

In Champions il cammino è stato tranquillo. Il Bayer partiva dai preliminari, ma il Copenhagen è stato asfaltato con sette gol tra andata e ritorno. Nel girone è filato quasi tutto liscio: a parte la doppia e strana sconfitta con il Monaco di Jardim (a secco tra andata e ritorno!), il Leverkusen ha travolto lo Zenit e asfaltato il Benfica in casa. La qualificazione agli ottavi è arrivata pure con una giornata d’anticipo, nonostante la sconfitta contro il Monaco.

Entrambe le squadre sono arrivate al sorteggio con un po’ di timore. Il Monaco affronterà l’Arsenal, un ostacolo difficile (anche quello attuale). I Gunners potrebbero anche rinforzarsi a gennaio, cosa che non accadrà dalle parti del Principato. Il Bayer invece ha qualche chance in più. L’Atlético Madrid ti fa giocare male, ma se i tedeschi imbroccassero la giornata giusta, potrebbero travolgere l’armata di Simeone. In fondo, i Colchoneros sono solidi, ma non sembrano gli stessi che hanno vinto la Liga l’anno scorso. E i ragazzi di Schmidt vogliono sorprendere tutti.

Girone D di Emanuele Atturo (@Perelaa)

Borussia Dortmund 13 p.ti

Arsenal 13 p.ti

Anderlecht 6 p.ti

Galatasaray 1. pto

Questo era senz’altro il girone più hipster, anche se non è semplice dare una definizione di cosa sia una squadra o un calciatore hipster.

La squadra hipster appartiene alla prima fascia ma è tra le più scarse della prima fascia. È quella affermata ma non al punto da far sì che il suo glamour si sporchi di mainstream. L’Arsenal di Wenger, soprattutto quello dei primi ’00, è un esempio abbastanza preciso di squadra hipster.

La spigolosità alsaziana di Arsène Wenger, l’iconicità omosessuale di David Seaman, lo swag totale del trio di mezze punte Pires-Ljungberg-Bergkamp, la coolness infinita e rarefatta della propria stella, Thierry Henry. Quell’Arsenal ha avuto soprattutto il merito di vincere poco ma con grande senso estetico, fermarsi prima che le vittorie diventino troppe, e ti rendano quindi antipatico (cosa è vincere troppo spesso se non un’insopportabile mancanza di tatto?).

Da dieci anni l’Arsenal occupa una porzione abbondante del cuore hipster un po’ come gli Animal Collective, ma negli ultimi anni ha dovuto fare un po’ di posto al Borussia Dortmund, il cui calcio viene definito dal suo allenatore pazzo “heavy metal”. Il BVB degli ultimi anni è bello e competitivo in un modo piuttosto underground: deve subire ogni anno il saccheggio dei propri campioni dalla grande multinazionale Bayern Monaco, ha a che fare con sfighe notevoli (il topos della sfiga è tra i più irrinunciabili nell’estetica indie), ha dei tifosi favolosi e due giocatori che sono, rispettivamente, il Damon Albarn e il Joey Bada$$ del pallone: Marco Reus ed Erick Aubameyang (oltre a Michytaryan, fantasista armeno così esotico da suonare come una sperimentazione no-wave).

“Darklands meglio di Psychocandy?!?! Ma voi siete pazzi!!!”

Curioso come queste due squadre si siano trovate nello stesso girone di Champions League per due anni consecutivi, l’anno scorso addirittura insieme ad altre due squadre culto come OM e Napoli, a formare un girone che avrebbe potuto competere tranquillamente in un campionato parallelo organizzato da Pitchfork.

Così come lo scorso anno sono passate entrambe, e di nuovo a pari punti (13, uno in più della scorsa stagione). Quest’anno però non c’è stato un vero contenders come lo fu il Napoli; Anderlecht e Galatasaray si sono limitate a fare le comparse e a rendere il girone uno show interessante come lo può essere un unplugged dei My Bloody Valentine (fico ma non è così che facciamo sul serio). L’Anderlecht ha fatto all’incirca quello che gli si chiedeva di fare mentre il Galatasaray, sempre rognoso da affrontare, ha disputato forse la peggiore performance europea della sua storia.

Anche gli scontri diretti sono stati spaventosamente simili a quelli dello scorso anno, con la differenza che l’anno scorso ci fu una doppia vittoria della squadra in trasferta e quest’anno una doppia vittoria di quella in casa: una coppia di due a zero secchi che ci chiariscono poco chi fosse davvero migliore dell’altra.

Le due partite hanno evidenziato in modo quasi manieristico soprattutto i pregi e i difetti dei giallo neri, tra le due squadre senz’altro quella con l’identità di gioco più esasperata.

Nella gara d’andata si è vista bene l’impressionante intensità che in alcuni momenti il BVB riesce ad esprimere in campo, l’efficacia e la rapidità con cui i suoi giocatori si lanciano in contropiede. Ma anche l’imprecisione sotto porta, derivante per lo più dall’assenza, rispetto allo scorso anno, di Robert Lewandowski.

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Immobile fa il gol dell’uno a zero, in un piccolo saggio di quanto può essere efficace nel gioco del Borussia, almeno idealmente. Ma la partita sarebbe potuta finire anche sette od otto a zero con un filino di lucidità davanti a Sczezny.

Al ritorno l’Arsenal in realtà non ha giocato una grande gara, ma ha sfruttato bene i limiti palesi del Borussia di fine novembre, che poi sono gli stessi di quelli attuali e che l’hanno relegata all’ultimo posto in bundesliga (ultimo. ultimo). Cioè una sbadatezza difensiva tanto nell’attenzione dei singoli quanto nell’organizzazione dei reparti, che fanno fatica a sostenere il pressing sgangherato con cui il reparto offensivo allunga sempre la squadra.

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A 1:07 Ciro Immobile sbaglia un gol che Ciro Immobile avrebbe dovuto segnare.

Il gol di Sanchez viene da una super giocata individuale, e okay; e il primo di Sanogo è in fuorigioco, okay anche qui. Ma in generale i centrali del Borussia fanno fatica a leggere le situazioni e pare che il miglior centrale, ovvero Mats Hummels, sia in partenza, come vi avevamo raccontato qui.

Una squadra dall’andamento così ambivalente tra Champions e campionato — ma davvero ambivalente — è difficile da inquadrare. L’idea che mi sono fatto è che il gioco del Borussia è così esasperato, aggressivo e offensivo che in un momento come questo, nel quale la squadra sembra risentire di una crisi strutturale — con molti giocatori che forse si sentono a fine ciclo -, non si è capaci di sostenere. Il Borussia non sembra in grado di poter recuperare del tutto la propria identità, anche se naturalmente rimane pericoloso nella partita secca.

Sarà forse il miglior test per provare la tenuta internazionale della Juventus, oltreché senz’altro la partita più interessante degli ottavi di finale — per certi versi anche più interessante della mattanza di milioni di PSG-Chelsea, di sicuro più interessante della già decisa City-Barça

La Juventus dovrà dimostrare di reggere l’intensità di una delle squadre fisicamente più forsennate del panorama europeo: dovrà stare bene in campo, magari lasciando anche il gioco in mano ai tedeschi, negandogli la possibilità di attaccare con tanto campo avanti.

Probabilmente questa Juve non ha la qualità tecnica e l’intensità di gioco per permettersi di gestire il pallone nella metà campo del Borussia senza scoprirsi a transizioni pericolose.

Ad ogni modo credo sia una di quelle situazioni per cui se la Juve ha davvero migliorato la propria competitività europea ha ora tutte le possibilità per dimostrarlo, in un test che non c’entra con lo spigoloso Galatasaray dello scorso anno o con una squadra del tutto fuori portata che poteva toccare nel sorteggio.

Mettiamola così: non è tecnicamente e tatticamente l’avversario migliore da affrontare per la Juve, ma è l’unico avversario che è, al contempo, un test probante e tutto sommato superabile.

L’Arsenal è ancora un enigma poco scioglibile. Negli ultimi anni ci ha abituato a grandi partenze e a flessioni drammatiche nei momenti fondamentali della stagione. Questo in parte giustifica l’impressionante dato di diciassette qualificazioni in champions consecutive con rendimento sempre positivo. L’Arsenal è la squadra che ha vinto più partite in CL senza mai vincere il trofeo. E questo ha naturalmente a che fare con il discorso sulla fuga dal mainstream che facevamo prima.

Dunque i tifosi dell’Arsenal avranno certamente sviluppato una forma mentis piuttosto paranoica e sapranno benissimo che anche quest’anno ci sarà da star male. Il sorteggio è stato più che benevolo, considerando l’arrivo al secondo posto nel girone.

La partita contro il Monaco non dovrebbe dare troppi problemi ma già dai quarti la situazione dovrebbe farsi complicata. Resterà da capire la fisionomia di una squadra che cambia continuamente undici e che a gennaio dovrà muoversi più delle altre sul mercato per coprire delle crepe — soprattutto offensive — apparse preoccupanti.

A domani con la seconda parte.

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