AS Bari: storia di un fallimento

Crampi Sportivi
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8 min readApr 4, 2014

Toronto, maggio 1970, conferenza stampa prima dell’amichevole di fine stagione Bari — Manchester United. George Best risponde ai cronisti: «Pasquale Loseto chi? Non l’ho mai sentito..». Che il campione nordirlandese, peraltro all’apice della sua carriera, non conoscesse il capitano del Bari sedutogli accanto non è affatto una tragedia. Ma lo può diventare se poi aggiunge: «Mi dicono che Loseto sarà il mio avversario diretto: peggio per lui». Con Pasquale Loseto detto Uelino, 129 presenze in maglia biancorossa tra il 1964 e il 1973, non conviene mai metterla sul personale, nemmeno se ti chiami Best. Infatti al suo affondo risponde con gli stessi modi gentili di uno stopper anni ’60 qual’era: «A questo fenomeno lo farò stare zitto appena scenderemo in campo: la prima entrata gliela farò sulla bocca».

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George Best a colloquio con Pasquale Loseto[/caption]

Il 10 marzo scorso il fiero e a tratti rude calcio di provincia, ha perso un’altra protagonista. Dentro l’aula di un tribunale fallimentare l’As Bari ha posto la parola fine alla sua storia lunga 106 anni ed emblematicamente riassunta dalle parole di Loseto: una lotta orgogliosa combattuta con tanta spada e con poco fioretto sempre in bilico tra A e B.

Paradossalmente la notizia in città è stata invece appresa con l’entusiasmo dei giorni migliori. Per comprendere l’atteggiamento bipolare in atto nella tifoseria dobbiamo necessariamente fare cenno alle vicende degli ultimi 36 anni, che passeranno alla storia come quelli dell’era Matarrese. La famosa famiglia di costruttori di origine andriese arrivò al comando dell’As Bari alla fine del 1977. Ad agosto l’ex presidente, il medico Angelo Depalo, era stato infatti colto da infarto mentre assisteva al ritiro precampionato della squadra. Secondo alcuni in punto di morte lasciò scritto sul proprio ricettario un profetico: «Mi raccomando pensate al Bari».

La famiglia Matarrese da sempre ha connotato la vita della città, tanto da meritarsi, durante i ruggenti ’80, il pomposo soprannome di Kennedy di Puglia: affari, calcio, politica, perfino cose sacre (uno dei fratelli è vescovo di Frascati). Antonio (parlamentare Dc per 5 legislature, presidente di lega e figc) fu colui che nel lontano 1977 prese per primo le redini della squadra di calcio per poi passarla nell’83 al fratello Vincenzo che diventerà il presidente più longevo della storia del As Bari. Sotto la sua gestione il Bari compie imprese memorabili come l’eliminazione della Juventus negli ottavi di Coppa Italia (militando in serie C) e una storica promozione in serie A nel ’85, dopo quasi 20 anni di assenza. All’inizio dei ’90 quando tutte le combinazioni astrali sembrano favorevoli ai galletti ai suoi proprietari (mondiali e stadio nuovo di zecca costruito dalla propria impresa) Vincenzo tenta il salto di qualità promettendo un Bari da Uefa. Fu un clamoroso fallimento conclusosi con una rovinosa caduta in B che incrina il rapporto con la città. Infatti i Matarrese a fasi alterne entrano nell’occhio del ciclone della tifoseria. Alterne perché il Bari fa su e giù dalla serie A e tifosi, gli esseri più volubile del creato, contestano chiunque durante le annate brutte onde poi dimenticarsi tutto in quelle buone. A fine ’90 il trio Fascetti-Regalia-Matarrese regala ai baresi quello che hanno sempre legittimamente sognato: una squadra che stia stabilmente in A.

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Sono gli anni di Ventola, Zambrotta e dulcis in fundo Antonio Cassano. Come capiterà anche in futuro, il gol all’Inter dell’esordiente Cassano si trasforma nel canto del cigno. Nonostante in società girino tanti soldi, tra cessioni importanti e introiti delle pay-tv, il Bari non riesce a decollare, anzi nel 2001 retrocede ancora una volta. Nel frattempo i Matarrese finiscono nell’occhio del ciclone per via del presunto abuso edilizio di Punta Perotti. La squadra naviga a vista e nel 2004 conosce l’onta della C anche se poi viene ripescata per il fallimento del Napoli. In città nel frattempo è diventato sindaco Michele Emiliano che nei confronti dei Matarrese si dimostra subito ostile, confondendo purtroppo molto spesso la squadra di calcio con la sua proprietà. I tifosi voltano definitivamente le spalle ai Matarrese invitandoli a farsi da parte. Il pezzo dei Drops del 2004 “Il giorno che non ti vedrò più (Vattene da Bari)” riassume lo zeitgeist dell’epoca (anche se il montaggio include immagini anacronistiche).

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Il sussulto che non ti aspetti arriva a gennaio 2008. Dopo un derby con il Lecce perso 4–0, in panchina si siede Antonio Conte che 17 mesi dopo, per l’esattezza l’8 maggio 2009, in un clima di follia collettiva coincidente peraltro con la festa del Santo Patrono riporta dopo 8 stagioni i galletti in serie A. Conte però a fine stagione va via all’improvviso. Al suo posto arriva Giampiero Ventura che in un altro anno e mezzo fa volare una squadra e una città dove mai avrebbe osato. La caduta è infatti rovinosa e si chiama calcio-scommesse. Il resto è storia recente fatta di scoramento e disaffezione.

La crisi economica, che nel frattempo ha portato sull’orlo del fallimento anche la casa madre Salvatore Matarrese Spa, e la montagna di debiti accumulata dall’As Bari che si stima sui 30 milioni di euro, fanno precipitare le cose. I creditori pignorano di tutto: conti correnti, trofei, cartellini dei giocatori. I soldi sono finiti e le ultime trasferte sono pagate da collette di dirigenti e imprenditori. La strategia che si delinea nell’opinione pubblica è chiara: spingere gli attuali proprietari a portare i libri in tribunale, bandire al più presto l’asta fallimentare e sperare che si presenti qualche acquirente. Se la procedura si completasse entro la data di iscrizione al prossimo campionato e la squadra si salvasse sul campo, si ripartirebbe dalla B come se niente fosse successo; anzi senza debiti e con un padrone nuovo di zecca.

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Matarrese con il sindaco Emiliano[/caption]

«Il fallimento è un’opportunità per rinascere». Ad esplicitare il pensiero che si è fatto largo nella stragrande maggioranza dei tifosi è Danilo Dall’Olio protagonista e autore della web-serie “Non cresce l’erba” , un viaggio nel cuore di tenebra del calcio-scommesse barese. «Assistere alla mediocrità degli ultimi 20 anni, fatta eccezione per le parentesi Fascetti e Conte-Ventura, per un tifoso è sconfortante. È assurdo, ma ben venga il fallimento pur di non vedere più i Matarrese la cui cattiva gestione è sotto gli occhi di tutti».

Per i tifosi quindi il fallimento è come la luce in fondo al tunnel: morire per poi risorgere dalle proprie ceneri, com’è accaduto in tempi recenti anche a Napoli e Fiorentina. La città decide di stringersi attorno alla squadra, lasciata alla propria mercé per diversi anni, tornando in massa a frequentare il San Nicola come non accadeva da tempo e raggiungendo in una partita infrasettimanale la cifra apparentemente inspiegabile di 20mila paganti. Bari infatti è storicamente una città dedita ai commerci e fatta di commercianti. I costumi non si smentiscono mai e non ci si stupisce che in questo delicato frangente tutti, a partire dai curatori per finire all’ultimo tifoso, abbiano lo stesso obiettivo: mettere in vetrina l’articolo nel miglior modo possibile facendo l’occhiolino ai potenziali investitori.

In fatti nella malaugurata ipotesi che nessuno si faccia avanti all’asta, si ripartirà dalla polvere della terza categoria. Certo rimane un interrogativo, rappresentato dall’interesse che una squadra di serie B con una piazza importante potrebbe suscitare in personaggi senza scrupoli pronti magari a sedurre una città per poi abbandonarla alla prima difficoltà. Infatti ai Matarrese, e a Vincenzo in particolare, ognuno può imputare le colpe che vuole ma va dato atto di aver garantito la B, perfino in questi ultimi dolorosi anni, e di non aver posto ostacoli all’auto-fallimento.

Un’altra questione che rimane aperta, e con la quale i nuovi proprietari dovranno fare i conti, è legata alla gestione dello stadio. Il faraonico e totalmente sballato progetto di Renzo Piano, simbolo del pressappochismo e delle cattive gestioni di Italia ’90 — e dell’Italia degli anni ’90- si è trasformato dall’astronave che era in un assurdo mausoleo da 60mila posti nella periferia della città, oggi centro nevralgico di traffici ambigui che di notte si intrecciano intorno ai suoi immensi parcheggi vuoti. Il comune di Bari, che non ce la fa più a gestire gli enormi costi di manutenzione (lasciando che ogni tanto venga giù un pezzo di copertura), ha lasciato intendere che fossero i nuovi acquirenti ad accollarseli, cedendo in cambio la gestione della struttura con il permesso di sviluppare nei suoi dintorni i famosi servizi che dovrebbero dare un nuovo senso all’inutile costruzione.

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La copertura dello stadio San Nicola[/caption]

Ormai ci siamo. I curatori e i periti hanno completato a tempo di record l’esame della documentazione consegnando tutto nelle mani del giudice che non più tardi di qualche giorno fa ha indetto per il prossimo 18 aprile la data della prima asta. Il valore della società si attesta sui 4,3 milioni euro a cui bisognerà aggiungere 3 milioni di debiti sportivi che i nuovi proprietari dovranno per forza di cose accollarsi per poter ottenere l’affiliazione della nuova squadra alla Figc. Con 7 milioni e dispari quindi l’affare si fa, ma niente perditempo: gli interessati dovranno presentare una fidejussione di 3 milioni. Dovesse andare deserta questa tornata, verrà bandita una nuova asta pochi giorni dopo.

Dalle indiscrezioni circolate nelle ultime settimane quest’ultima ipotesi non dovrebbe però verificarsi. Sembra infatti che ci siano già degli imprenditori interessati, rappresentati da l’ex arbitro barese Gianluca Paparesta (quello rinchiuso nello spogliatoio da Luciano Moggi tanto per intenderci) che qualche giorno fa ha provveduto a registrare presso la locale camera di commercio la società “Fc Bari 1908”. Nelle interviste concesse, Paparesta ha dipinto scenari da sogno: russi, turchi, perfino arabi, sarebbero pronti a mettere le mani ai loro munifici portafogli per comprare “la Bari”, come amano vezzosamente dire i tifosi. Magari saranno ipotesi fantasiose e create ad arte, perché francamente sarebbe troppa grazia. Sperare però non costa nulla, del resto il 18 aprile sarà il venerdì di Pasqua, guarda caso il periodo ideale per una resurrezione in grande stile.

Nicola Palmiotto Laureato in lettere classiche per scommessa (persa), soffre d’insonnia e pertanto ha imparato ad amare gli sport americani. Odia lo slow-food e tifa per l’AS Bari (ahi-lui) e per l’AFP Giovinazzo di hockey a rotelle.

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