Barbershop Conversation — NBA 2016/17, Western Conference

Crampi Sportivi
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16 min readOct 24, 2016

It’s time to shine. Ci siamo: finalmente è arrivato quel momento in cui possiamo cominciare a passare le serate insonni, con un bricco di caffè da una parte e una palla da basket nell’altra. La NBA parte il 25 ottobre e noi siamo pronti per raccontarla e viverla al meglio.

Per capire a cosa andiamo incontro nella prossima annata, partiamo dalla Conference perdente del 2015–16: la Western sarà chiamata a una prova di fuoco, dopo aver visto il titolo volare dall’altra parte degli States.

Con le trade estive, i free agent che si sono mossi e l’ultima sconfitta di Golden State, possiamo finalmente dire che la Western Conference ha perso un po’ di gap tecnico che aveva sui rivali della Eastern? O ci stiamo illudendo?

Sebastiano Bucci

Oddio, il free agent con la lettera maiuscola e la 35 sulla schiena mi pare sia rimasto a prendere il sole in California. A ogni modo, apro iniziando a sfogliare con mani pruriginose il fascicolo relativo all’albo d’oro, dove si rischia di rimanere bruciati da un numero: nell’ultimo decennio il confront West–East è solo 6–4 alla voce “campioni Nba” nelle sfide tra le due contender.

Se quindi è vero che il maggior quantitativo di pure All-Star resta a Ovest, è anche vero che il più forte della Lega resta ad Est e quindi si riesce ad avere un certo bilanciamento che non permette dinastie e predomini sulla lega. Oddio, poi se potessi far a meno dei Nets e vederli sostituiti dal Fenerbahce, forse rinnoverei il League Pass con più entusiasmo.

Paolo Stradaioli

Secondo me si è andato a creare un altro tipo di gap. Cioè tolto LeBron — ehm, scusate… i Cavs — ci sono cinque/sei squadre nella Eastern veramente interessanti che possono arrivare in finale di Conference. A Ovest invece regnano Warriors, Spurs e Clippers, con possibilità veramente remote che la finale non sia tra due di queste tre. Quindi diciamo che il gap è rimasto se parliamo di contender, ma le “piccole” secondo me sono molto più attrezzate ad Est.

Matteo Confalonieri

Tutto questo gap tecnico tra Est e Ovest già la scorsa stagione si era affievolito notevolmente, se non si pensa a Golden State per identificare tutto l’Ovest e ai Cavs per identificare tutto l’Est. La competitività sull’Oceano Atlantico ha già fatto vedere ottimi scontri negli ultimi playoff, come sulle rive del Pacifico.

Se si tenessero in considerazione solo le squadre qualificate per i playoff della scorsa stagione nella Eastern, la somma dei match giocati contro squadre dell’altra Conference totalizza un 137–103, che si allontana dal 152–88 di Western contro team dell’Est, solamente grazie alla super performance di Golden State (27–3), che rispecchia l’andamento della stagione dei record del team della Baia. Per cui escludendo questa “eccezione”, i dati si attestano su una situazione semi-paritaria.

In più, tra le trade e i free agent estivi, le operazioni più significative sono state “intra-Conference”, vedi Durant, Wade, Horford. Le uniche due “inter-Conference” altisonanti sono state Rondo e Howard. Ma se per il primo, si può pensare che abbia portato a Est un tangibile quantitativo di talento, Superman, invece, è riuscito a strappare l’ultimo contrattone, ma non ha spostato nulla in termini di gap. Anzi…

Roberto Gennari

Sinceramente non vedo un grosso gap tecnico tra le due Conference. Anzi, tendenzialmente vedo la Western come più livellata verso l’alto. Per cui, paradossalmente, mentre a Est negli ultimi anni ci sono praticamente state solo super-squadre (Boston e Miami prima, Cleveland ora) e dietro non moltissimo, a Ovest c’è da sudarsi ogni singola vittoria.

Michele Garribba

Sì, ma non è propriamente un indebolimento della Western Conference, quanto un miglioramento della Eastern. La trade di Durant in questa dialettica assume un peso importante: una squadra già forte si è ulteriormente rinforzata e OKC è passata da essere una contender a una buona squadra, quindi è come se tutta la Conference fosse diventata in generale meno competitiva dopo tale trade.

È tutta una questione della tanto chiacchierata fase di rebuilding: i Suns, ad esempio, sembravano viaggiare a vele spiegate verso migliori lidi e invece si stanno arenando ogni anno sempre di più; sulla stessa falsa riga si stanno muovendo i Pelicans, che hanno tra le mani un giocatore inestimabile come Anthony Davis, ma non riescono a costruire una squadra.

Era però un processo logico: se ai playoffs fossero andate semplicemente le migliori 16 squadre della lega dopo la regular season, questo scenario non si sarebbe mai configurato. Tuttavia, ci sono soltanto otto slot disponibili per i playoffs e qualche franchigia doveva “fallire” per forza di cose: probabilmente tra altri tre-quattro anni sarà di nuovo la Western Conference quella migliore.

Sull’altra costa, invece, abbiamo assistito a una rinascita dei Knicks e dei Celtics, diventati una delle squadre più interessanti della lega. Ripeto: sì, la Western Conference sta perdendo di fascino rispetto a quanto visto finora, ma in un processo degenerativo che ogni anno ha migliorato l’Eastern Conference. Che comunque, giusto per ricordarlo, è la Conference dove quest’anno sono stati ritirati gli anelli.

L’ultimo incontro.

Partiamo dall’Oceano: la Pacific Division vede probabilmente le attese più grandi, tra i Warriors in versione Morte Nera (ma con la panchina distrutta), l’ultimo anno buono dei Clippers, la voglia di rinascita dei Lakers e i punti interrogativi Suns-Kings. Tutto come l’anno scorso?

SB: Si tratta forse della Division più divertente a Ovest. La gestione dell’affare Durant ha monopolizzato fin troppo i media americani e di tutto il mondo: colgo l’occasione per ribadire che a mio modo di vedere la scelta è stata giusta. KD ha palesato un’assenza di leadership direttamente proporzionale al talento sul parquet e ha deciso che, se voleva vincere un anello, avrebbe dovuto scendere di gerarchie e, paradossalmente, diventare un secondo violino.

Dopo che la mia psiche ha tremato con quest’affermazione, passiamo all’ovvio: squadra quasi completamente smantellata (ciao Barnes, Bogut e chi più ne ha, ne metta) e arrivi che non mi convincono per il tipo di gioco di Kerr. Più una serie di domande: David West lo vedete a muoversi in contropiede? Pachulia saprà rimpiazzare Bogut? JaVale… no, seriamente, JaVale? Con il supporting cast che non mi sembra all’altezza di quello dello scorso anno, bisognerà vedere come la squadra entrerà in confidenza durante la stagione fino alla post-season. Poi insomma, ho visto squadre più scarse.

Nel novero di questa affermazione entrano di diritto i Lakers dello scorso anno, che, a parte il dovuto tributo a Kobe, hanno portato avanti una serie di giovani potenziali talenti (Russell, Clarkson e Julius Randle) e una serie di gente che con la NBA ha poco a che fare (Huertas e via discorrendo). Il coach è giovane, bravo e conosce l’ambiente: questo aiuterà il figlio di Bill a non farsi schiacciare. Niente playoff, ma stagione positiva.

A me sembra che i Clippers siano sfiduciati e partano a fari spenti: questo potrebbe essere il turning point per molti e forse l’ultima chance di Paul di non essere ricordato solo come uno dei più geniali play della storia del giochino. Mi sembra una squadra pigra, spinta a grandi isolamenti in attacco e ad amnesie prolungate dietro. In entrata il mercato non è stato entusiasmante (leggasi Brandon Bass e Speights).

Stagione invece da 20 W per Phoenix e Sacramento, in mano a un incompetente che spero si decida solo a scaricare presto quel fenomeno di Cousins.

Andrea Centenari

Credo proprio che la Pacific Division rimarrà di esclusiva proprietà dei Warriors. Continuo a non credere in questi Clippers, una squadra di assoluto talento che si è rivelata sempre troppo debole caratterialmente nei momenti chiave. Per loro sarà l’ultima possibilità per provare a centrare qualcosa di importante prima della più che probabile “rifondazione” della prossima estate.

A mio avviso, Lakers e Suns (nonostante uno dei miei backcourt preferiti, formato da Eric Bledsoe e Devin Booker) disputeranno una regular season sulla falsa riga della scorsa: poche vittorie e tante, tante sconfitte. I Kings rimangono il solito punto interrogativo: talento e potenzialità inespresse. Potrebbe essere un’altra annata davvero deludente per Cousins e compagni.

«That motherfucker is quick as shit»: il commento di DMC sul nuovo arrivo dei Kings, Ty Lawson.

MC: Tutto come l’anno scorso: Warriors primi e Clippers secondi, qualificati ai playoff. Non mi aspetto una nuova stagione dei record sulla Baia, perché secondo me il roster non è migliorato dopo la famosa scelta di KD: trovare gli equilibri e mantenere il livello alto anche col secondo quintetto, come riusciva a fare in ogni partita l’anno scorso, sarà più difficile, visto che la panchina è stata quasi totalmente smembrata. Stagione da 65 vittorie in scioltezza, questo sì, e partono chiaramente da favoriti, ma nel complesso non considero questi Warriors un upgrade di quelli passati.

I Clippers sono per l’ennesima volta all’ultima chiamata: hanno allungato la panchina con Speights e Felton, ma manca qualcosa in ala. Gli infortuni nei momenti topici li hanno sempre fermati… anche quest’anno sarà così? Il resto della Division non arriverà neanche al 40% di vittorie: si prospettano altre stagioni difficili sia nella LA gialloviola, sia per DeMarcus Cousins.

RG: Beh, vorrei tanto fare quello che dice “Occhio, perché potrebbe succedere questa cosa o quest’altra”, ma la verità è che — pur considerando la scelta di KD come scellerata — GS è la logica favorita per il primo posto in regular season e vittoria finale della Conference. Probabilmente non faranno 73–9, ma alla luce dello scorso anno, non credo neppure che gliene importi granché. Il resto della Division invece è probabile che salti i playoff in blocco, ad eccezione dei Clippers.

MG: I Warriors in questo momento sono la squadra NBA con più pressione e aspettative in assoluto: è vero che la panchina è stata decimata e questo non può andare a vantaggio della franchigia di Oakland, però c’è anche da dire che, privandosi di Bogut, i Warriors hanno ridotto il numero di partite in cui avranno il proprio centro infortunato e potranno fare affidamento su Pachulia e McGee che… sì, il lavoro grosso lo faranno gli altri.

JaVale, però, è stanco di esser trattato come un fool.

David West è un ottimo acquisto: motivazione ed esperienza in questo momento sono pane per i Warriors. Ogni anno è l’ultimo per i Clippers, che in realtà siano destinati a rimanere così per molto altro tempo non ci pensa mai nessuno? Se Chris Paul non si fosse infortunato, magari a quest’ora staremmo parlando di tutt’altro. Tuttavia, considerando la squadra nella sua completezza, penso che i Clippers siano già una squadra ottima, ma che non abbia grossissimi margini di miglioramento: per ogni anno in cui Griffin potrebbe migliorare, Chris Paul peggiora e se poi ci smette anche la sfortuna, è la fine.

I Lakers e i Kings hanno fatto un ottimo lavoro e sono due squadre davvero promettenti: nuovi head coach adatti a un sistema di gioco che non sia avulso dal contesto NBA, mercato ragionato e funzionale, nonché una buona dose di prospetti. L’unica differenza tra queste due squadre è che i Lakers devono sopperire alla mancanza di un leader, mentre i Kings devono approfittare del loro leader, per questo motivo vedo leggermente meglio la franchigia di Sacramento piuttosto che i giallo-viola.

I Suns, invece, sono abbandonati a loro stessi: sarà interessante continuare ad ammirare la crescita di Booker, ma a parte questo non hanno molte frecce nella loro faretra, soprattutto considerando che il clima abbastanza frustrante potrebbe costare la trade di un giocatore del backcourt e che il sistema difensivo non accenna a migliorare.

Going North, così a occhio, troviamo la Division più imprevedibile e interessante. Gli Oklahoma City Thunder devono somatizzare la perdita di Durant, mentre i Trail Blazers hanno fatto un miracolo l’anno scorso e possono migliorare (forse). E poi ci sono tre squadre — Nuggets, Jazz e soprattutto TimberWolves — da cui ci si può aspettare un miglioramento e forse la post-season. Il gruppo più equilibrato, quindi?

MC: Sicuramente è la Division più equilibrata: OKC ha perso tanto, ma soprattutto per la trade di Ibaka. Hanno perso l’atletismo di quel quintettone che ha distrutto gli Spurs e portato a gara-7 i Warriors. La strana coppia Westbrook-Oladipo poi? Il senso? Sam Presti ha passato davvero un’estate da dimenticare! Vedremo quanto gli europei Kanter e Sabonis sapranno apportare alla causa Thunder, che è stata affidata all’incredibile voglia di spaccare il mondo di Russell Westbrook.

Per me i Blazers sono i favoriti in questa Division: Ezeli e Turner hanno allungato la rotazione. Inoltre, quest’ultimo è una fonte di gioco in più rispetto al solo Lillard, ciò che mancava la scorsa stagione quando le difese in pre-rotazioni spostavano le proprie attenzioni sul play. Crabbe e Leonard daranno sostanza agli esterni, mentre il gruppo è sostanzialmente quello del “miracolo” della scorsa stagione, con un anno di esperienza in più e questi upgrade di roster.

Nuggets e Jazz li vedo un gradino sotto gli altri, mentre i T-Wolves se riusciranno a trovare la giusta alchimia tra tutti i giovani fenomeni che hanno in roster, saranno sicuramente competitivi per i playoff, ma per trovare questa alchimia Thibodeau è il coach adatto? Dubito.

PS: Delle ultime tre l’unica che mi sembra in grado di raggiungere i playoff quest’anno sono i Jazz. La scorsa stagione ci sono andati molto vicini: Gobert e Lyles miglioreranno ancora, Hayward è sempre più in leader sia tecnicamente che emotivamente e poi c’è Boris, dai. OKC può uscire in semifinale come arrivare ai piedi delle prime otto: a parte Westbrook, molto dipenderà da come si integrerà Oladipo in un sistema in cui non può giocare i possessi che aveva a Orlando, oltre al modo in cui coach Donovan vorrà utilizzare Ilyasova, che sarebbe un’arma tattica decisiva se solo trovasse un minimo di continuità.

A Portland invece esiste un padrone e guai a scommetterci contro. Se Lillard ripeterà i numeri dello scorso anno, anche il risultato sarà più o meno lo stesso (primo turno o semifinali).

MG: La Northwest è senza dubbio la Division più equilibrata: i TWolves sono la squadra da seguire quest’anno in quanto la dirigenza, assumendo Thibodeau, ha provveduto a cercare di risolvere il problema difensivo che i Wolves hanno avuto l’anno scorso. Il nucleo di Minnesota è giovane e pieno di carisma, con Karl Anthony-Towns che forse è il giocatore più determinante in NBA per la squadra nel quale gioca.

#ciaone

I Trail Blazers hanno una squadra lunghissima, elettrizzante, solida e tremenda in fase offensiva: la coppia Lillard-McCollum non ha da invidiare a quasi nessuno, ma dal punto di vista difensivo le carenze sono abbastanza palesi e vicino al ferro Ezeli e Plumlee, pur essendo buoni giocatori, non garantiscono quella sicurezza che potrebbe portare Portland tra le prime cinque squadre a Ovest.

Attualmente i Jazz mi sembrano una spanna sopra Denver e Minnesota, potendo finalmente contare su Dante Exum insieme ai veterani Joe Johnson, George Hill e Boris Diaw; nello Utah hanno il problema opposto a molte squadre NBA, ovvero devono accelerare il ritmo di gioco invece che rallentarlo, e hanno concrete possibilità di farlo con tali acquisti.

I Thunder hanno perso uno dei migliori giocatori NBA quindi è difficile che riescano a fare meglio dell’anno scorso. Tuttavia, le partenze di Ibaka e Durant, seppur abbiano indebolito la squadra, non sono totalmente distruttive: gli Stache Bros Adams e Kanter sono due lunghi che sapranno coprire, il primo difensivamente e il secondo offensivamente, le esigenze della franchigia. Oladipo aiuterà Westbrook a fare il Westbrook; se Sabonis guadagnasse massa muscolare nei prossimi anni, allora potrebbe diventare una pedina importante.

AC: Concordo con te: la Northwest Division sarà una delle più combattute dell’intera lega. Russell Westbrook in versione giustiziere solitario intriga e non poco, anche se alla lunga potrebbe rivelarsi una scelta autodistruttiva per OKC. In compenso, l’addio di Durant ha portato giocatori di qualità e funzionali al sistema dei Thunder come Ilyasova e soprattutto Oladipo. I Blazers sono rimasti praticamente gli stessi della passata (e sorprendente per certi versi) stagione. L’età media relativamente bassa del roster promette ulteriori margini di miglioramento.

Thunder e Blazers saranno i favoriti, con Jazz e Timberwolves che hanno messo insieme roster interessanti. Utah si affiderà all’esperienza di veterani quali George Hill, Joe Johnson e Boris Diaw, ai quali si aggiungono il talento e l’esuberanza atletica di Gordon Hayward e Rudy Gobert. I Timberwolves, invece, hanno messo nelle sagge mani di coach Tom Thibodeau tre dei migliori giovani talenti dell’intera NBA: Zach Lavine, Andrew Wiggins e Karl-Anthony Towns. Saranno due squadre che sicuramente seguirò con particolare attenzione.

Non credo molto ai Denver Nuggets. Mi dispiace Gallo, ma non è colpa tua…

La terza e ultima Division a Ovest è la Southwest. Per gli Spurs non sarà facile ripartire dopo Duncan, sebbene le certezze non manchino. D’Antoni è tornato da head coach in NBA con i Rockets e Harden PG. Poi abbiamo i rivoluzionati Mavs, i Grizzlies e i Pelicans: qui l’esito forse è un filo più scontato.

MC: Scontato? Spurs al primo posto? Non credo!

Hanno dato a Mike D’Antoni quello che ha sempre sognato fin dai tempi dei Suns: un super-play tiratore e creatore di gioco e tutti esterni tiratori, senza lunghi statici a rovinargli il pace. Non è difficile immaginare un Harden primo tra i marcatori e leader tra gli assistman a fine stagione. Sono riusciti a spedire lontano dal Texas Dwight Howard, mentre i due lunghi rimasti — Capela e Nenè — sono abituati a ritmi alti e, anzi, possono trarne beneficio. Aspettiamoci la stagione migliore della propria carriera per Ryan Anderson e forse anche per Gordon.

Gli Spurs daranno loro del filo da torcere, ma sono in un periodo difficile iniziato la scorsa stagione, perché devono gradualmente abbandonare la costruzione Parker-Duncan-Ginobili e trovare l’equilibrio per la nuova struttura (attenzione a Dejounte Murray!).

Le altre lottano ad un livello più basso, con i Mavs che sono vecchi e con poca rotazione, i Grizzlies che ancora non hanno capito di essere alla fine di un ciclo (che sarebbe già dovuto finire almeno da una stagione), e i Pelicans che dipendono troppo dalla salute di AD23. Attenzione però a Buddy Hield nella “Bayou”, sembra il personaggio perfetto per una canzone dei Credence Clearwater Revival…

AC: Nonostante l’addio di Duncan, gli Spurs dispongono ancora di un quintetto base di tutto rispetto, con Pau Gasol che è andato a prendere il posto del caraibico nella posizione di centro, formando una coppia di lunghi dall’alto tasso tecnico con LaMarcus Aldridge. Il problema potrebbe essere rappresentato dalla panchina troppo corta con i soli Manu Ginobili e Patty Mills che, sempre sulla carta, sembrano dare le certezze necessarie a coach Popovich. Gli altri rappresentano delle scommesse (vedi i Laprovittola e Bertans della situazione) che gli scout degli Spurs hanno dato spesso dimostrazione di saper vincere in passato.

James Harden in playmaking + Mike D’Antoni in panchina + 7 seconds or less + cessione di Howard = possibile grande spettacolo in quel di Houston, anche se non necessariamente vincente fino in fondo.

https://www.youtube.com/watch?v=Ypc5tNE3QkY

Di Grizzlies e Pelicans non nutro grandissima fiducia, mentre per quanto rigaurda i Mavs direi che due innesti come Andrew Bogut e Harrison Barnes garantiscono un buon salto di qualità rispetto alla scorsa stagione, anche se alcune perplessità restano, soprattutto nel reparto guardie.

RG: San Antonio si è mossa bene già dallo scorso anno, facendo giocare un anno Aldridge accanto a Duncan. Kawhi Leonard, poi, è uno da MVP award sooner or later, quindi sì, sono ancora competitivi. Houston con D’Antoni e Harden, però, può far saltare il banco: Mike ha detto che vuol fare di lui una “points guard” (rabbrividiamo. Brrr.), nel senso che si aspetta da lui regia, ma anche tanti punti. Vedremo.

Il terzo incomodo potrebbero forse essere i Pelicans, anche se ci sono tre grossi punti interrogativi: le condizioni di Evans, la convivenza tra Holiday e Hield, e soprattutto la “voglia” che ci metterà il generale Davis.

PS: Qui di scontato secondo me non c’è nulla. A parte gli Spurs che rimangono due spanne sopra e i Pelicans perseguitati dalla nuvoletta di Fantozzi che partono più indietro. D’Antoni dovrà convivere con una squadra che non ha granché a che fare con il seven second or less: nonostante la validità dei singoli, magari ci vorrà del tempo un po’ prima di ingranare.

A Memphis è in atto una damnatio memoriae di tutto ciò che è Grit and Grind: Randolph dalla panchina, ritmo più elevato e scelte offensive estemporanee. Praticamente un gioco cucito sulle abilità di Conley e Parsons, che avranno un peso molto importante nell’esito finale di questa prima gestione Fitzdale. I Mavs invece in qualche modo rimarranno a galla, lo fanno sempre e finché ci sarà il tedesco è giusto che vadano ai playoff. Poi con Bogut formano un backcourt da fare invidia a parecchi.

Domande delle cento pistole: la squadra che migliorerà di più il suo record e quella che farà il maggior salto all’indietro.

SB: Miglioreranno tanto i Denver Nuggets: Danilo è finalmente il leader della squadra, è lui che si deve prendere le responsabilità e son curiosissimo di vedere se riuscirà a farlo dopo un estate amara su cui però ha ragionato in maniera da giocatore maturo. E poi c’è Jokic, mio personale MIP.

Peggiorerà Houston, ma son poco obiettivo non avendo particolare simpatia né per Harden, né per D’Antoni. Inoltre, non so quanto la squadra sia adattabile a un run n’ gun d’antoniano (Ryan Anderson è lì per sparare triple e ok, ma gli altri?)

MG: La squadra che migliorerà di più sarà una tra Utah Jazz e Minnesota Timberwolves: scelgo i secondi in quanto hanno ottenuto un record decisamente più basso. Più semplicemente, i TWolves sono la squadra con i margini di miglioramento più grandi e con un allenatore perfetto per sopperire alle proprie mancanze.

In una certa ottica, la squadra che rischia di peggiorare maggiormente rispetto all’anno scorso sono proprio gli Oklahoma City Thunder: un quinto-sesto posto sarebbe un peggioramento talmente relativo che potrebbe essere salutato anche positivamente, visto l’addio di KD.

MC: Vedo i Rockets come squadra che avrà il record maggiormente migliorato a fine regular season, almeno una decina di vittorie più della scorsa stagione, mentre OKC sarà quella che regredirà maggiormente dalle 55 W della passata regular season, nonostante sia Westbrook che Harden competeranno entrambi per l’MVP dell’anno.

https://youtu.be/Cnj4XTeAru4?t=18s

Il titolo della Western rimane a San Francisco? Al di là di chi saranno i campioni della Conference, riusciranno poi a vincere le Finals NBA?

MC: Temo di sì per quanto riguarda il titolo di Conference, ma per le Finals NBA è davvero troppo azzardato fare un pronostico, perché negli ultimi anni la condizione fisica delle squadre che concludono la stagione è diventata una variabile troppo significativa per il risultato finale. Non credo vedremo un’altra stagione completamente dominata da Golden State, ma saranno la squadra da battere, e come l’anno scorso, magari, qualcuno (…il Re) la batterà.

AC: Difficile dire se i Warriors torneranno a essere campioni NBA. Nonostante l’arrivo di Durant, il roster si è indebolito soprattutto nella profondità della panchina e nel reparto lunghi, e questi fattori alla lunga potrebbero pesare. Certo se le tre stelle, Curry, Thompson e KD riusciranno a integrarsi, pochissime squadre riusciranno ad arginare questi Warriors. Ma preferisco andarci cauto: ho ancora negli occhi la debacle delle scorse Finals (perché dopo una regular season del genere, si può solo parlare di debacle) e i flop di roster con tre stelle, come i Lakers del 2004 e del 2013.

MG: Sì, il titolo della Western Conference rimarrà indubbiamente ad Oakland e la possibilità di vincere il titolo è molto alta: i Warriors sono i favoriti anche perché la finalista proveniente dalla Western Conference dovrà affrontare squadre migliori per arrivare alle Finals, dove ci potrebbe essere una versione dei Warriors migliore di quella dell’anno passato e, con un po’ di furbizia, magari anche più riposata senza aver battuto particolari record.

Anche perché, come suggeriva Pippen, “Record is nothing without ring”.

https://www.youtube.com/watch?v=wc5ZxyQUf28

PS: Penso che la lezione dell’anno scorso sia servita. I Warriors non forzeranno la mano in regular season quindi vinceranno la conference se basteranno 64–65 W. Alle Finals entreranno in gioco troppi fattori per capire se il titolo andrà ad Ovest o a Est. Certo due squadre come Golden State e San Antonio partono sempre favorite il problema è che di là c’è un essere che di umano ha veramente poco.

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