Barbershop Conversation — NBA Finals Edition

Crampi Sportivi
Crampi Sportivi
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11 min readJun 2, 2016

Ci siamo. Stanotte è il primo atto di una rivincita attesa 12 mesi, di cui si è parlato in lungo e in largo, che a un certo punto sembrava impossibile da ripetere. Golden State Warriors vs. Cleveland Cavaliers, come a giugno 2015, ma stavolta con Irving e Love integri. Con i Warriors arrivati esausti dopo una serie nelle Conference Finals da brivido. Con LeBron che vuole prendersi la corona a tre anni dall’ultimo titolo con Miami, nonostante il Death Lineup, Steph e Steve Kerr.

Stanotte iniziano le NBA Finals.

Finale annunciata, ma neanche tanto: alla fine sia Golden State che Cleveland hanno attraversato più di una difficoltà per arrivare a ripetere l’atto ultimo del 2015. Forse contro ogni pronostico…

Sebastiano Bucci

Sì, annunciata ma son stato abbastanza sorpreso di come. In conclusione: su Golden State stava per abbattersi un disastro, ma alla fine la cosa s’è risolta con molti patemi. Sarà re-match, ma se la sono sudata davvero. Sono stato abbastanza sorpreso anche di come Cleveland abbia ceduto almeno due match a Toronto. Ma è anche vero che bisognerebbe vedere come ha perso. Gara-3 di quattro punti risicati, con Irving e Love a tirare 4/28 dal campo. Mentre in gara-4 c’è voluta una performance super di Lowry e De Rozan (che erano e restano un back-court che non prenderei nella mia squadra titolare in ogni caso) da 67 punti combinati per portare a casa la partita.

Alessandro Corsaro

Finale annunciata, finale che con più di un patema è arrivata, finale che attendo con grandissima trepidazione. La contemporanea “umanizzazione” di Cavs e GSW nelle Finali di Conference mi fa sperare in una serie drammatica, sportivamente parlando, ai limiti della metafisica, intensissima e finalmente equilibrata dall’inizio alla fine, in tutte le partite.

Le Finals saranno uno sport completamente diverso da tutto il resto dei playoff che a loro volta sono uno sport del tutto differente dalla regular season. Nessuno mi toglie dalla testa però che fino ad ora questi playoff siano stati tra i più insipidi e apatici da tanti anni a questa parte, con serie talvolta equilibrate, ma con partite all’interno delle stesse che spesso a metà terzo quarto erano già ampiamente chiuse. Spero che queste Finals siano memorabili e mi facciano ricredere.

Roberto Gennari

Oddio, tra le due quella che ha avuto più difficoltà è stata Golden State: un po’ per il lieve infortunio di Curry, un po’ perché comunque il tiro da fuori gli andava e veniva. Le cinque sconfitte già patite dai Warriors nei playoff fanno sì che i Bulls 1996 rimarranno ancora una volta la squadra col miglior rapporto vinte-perse tra regular season e playoff, così i nostalgici (come me) hanno il cuore in pace, almeno fino al prossimo anno.

Cleveland invece arriva in finale molto meglio di come ci era arrivata lo scorso anno, con un Irving mai così buono, un Love in discreta crescita e LeBron che è sempre LeBron. Unico neo: The Chosen One sta tirando i liberi col 63% in post-season. Non so se magari è perché è stato poco concentrato o se c’è dell’altro. Fatto sta che Cleveland, così a naso, ha molte più chances quest’anno di quante non ne avesse lo scorso anno, dove comunque a un certo punto era avanti 2–1 nella serie. Con Toronto avrebbe potuto chiuderla in 5, ne ha impiegate 6: ci può stare.

Matteo Confalonieri

Sì, annunciata, sono le due squadre indubbiamente più forti, anche se l’entusiasmo e la fisicità di OKC si stavano per mettere in mezzo. Direi anche che è la giusta rivincita delle Finals dello scorso anno dominate da Sua Maestà il Re. Era giusto che avesse la sua possibilità a organici completi per giocarsi ad armi pari l’anello, e sinceramente spero in un “date a Cesare quel che è di Cesare”, perché una voglia di vincere come quella di Lebron l’anno scorso l’ho vista solo nel numero 23 dei Bulls.

Le difficoltà credo abbia dovuto affrontarle solo Golden State e ciò temo sia un fattore negativo per i Cavs, che arrivano alle finali per il secondo anno consecutivo senza un vero avversario, un vero ostacolo, che li abbia testati fino in fondo. Ora devono alzare il loro livello da un momento all’altro, senza accendere e spegnere, perché appena spengono “quelli là” se li mangiano, bevono, fumano. Non so quanto sia facile, anche perché è il primo vero test ad alto livello per Irving e Love, e ho paura che a quell’intensità fatichino. Dall’altra parte, invece, il test è stato provante, forse fin troppo dal punto di vista fisico, e questo potrebbero pagarlo. Ma è anche vero che quando ribalti la serie dall’1–3 al 4–3, hai l’entusiasmo dalla tua e la stanchezza si sente meno. Pronostico molto aperto: è arrivata l’ora, siamo tutti testimoni.

Golden State è stata a un passo dall’uscire in Gara-6, con OKC avanti. Ve lo sareste mai aspettati?

SB: Se mi trovi qualcuno che avesse puntato due euro su una gara-7, ora ti mostrerei un genio… ma due settimane fa era obiettivamente impossibile. Ci sono stati momenti incredibili, è stata una serie giocata ad una intensità tale da entrambe le parti che fatico a ricordare in altre serie recenti. OKC ha giocato un basket fantastico, ho rivalutato Dion Waiters come un umano con un senso e che regge due scivolamenti sul parquet.

Dion Waiters che fa QUESTE cose.

Coach Donovan la stava vincendo con una rotazione a sette e con un lavoro clamoroso (Roberson è il mio personale Mip) di tutto il supporting cast. Il problema coi Warriors e come quando arrivavi al mostro finale di un qualsiasi videogame della tua infanzia: e miseramente morivi. Nonostante siano stati per larghi tratti nella serie sotto al 40% dal campo, sono ancora in finale. Ma realizzeremo tutto tra pochi anni.

AC: Una serie che ha cambiato padrone quelle duecentoventi volte. Gara-1 dice tanto, ma non dice tutto e anche stavolta è stato così. Mai avrei pensato in tre vittorie di fila di OKC, così come mai avrei pensato che GS riuscisse in quella situazione a ribaltare la serie. Se il punto del 2–3 poteva essere quasi scontato come l’ultimo moto d’orgoglio dei campioni, la vittoria del pareggio in casa dei Thunder mi ha decisamente sorpreso. Numeri alla mano, all’inizio dei playoff, facevo fatica ad ipotizzare che una squadra che in 82 partite è uscita sconfitta nove volte, potesse perdere quattro partite in sette.

Con OKC i Warriors di partite ne hanno perse tre e tre quarti: se sono tornati ad essere dannatamente umani, il merito è tutto dei Thunder. A tratti sono stati assolutamente ingiocabili in tutte e due le metà campo. Mai visti così intensi, mai visto un atletismo così redditizio. Sono riusciti a non far mai entrare nella serie Draymond Green e il colpo è stato difficile da riassorbire per quelli della baia. Per la prima volta in due anni coach Kerr ha dovuto rivedere i suoi piani e rinunciare al “quintetto della morte”, che paradossalmente subiva il ritmo forsennato di Durant & co. Se la serie dei Thunder è stata un capolavoro, quella di GS mentalmente parlando è stata da patrimonio dell’UNESCO. Chapeau a tutte e due.

https://www.youtube.com/watch?v=m-MVYsv3tlQ

RG: Beh, che Oklahoma City aveva i mezzi per provarci lo avevo già accennato a suo tempo . Magari non mi sarei aspettato che buttassero via tre match-point, ecco, quello no, anche se probabilmente è più merito dei Warriors di quanto non sia demerito dei Thunder. Ma che per i ragazzi di Steve Kerr non sarebbe stata una passeggiata, in effetti, lo si era capito già dal turno precedente, dove avevano sì battuto i Blazers 4–1, ma Lillard e soci avevano perso in volata sia gara-4 che gara-5.

Meglio del previsto i Blazers? Non saprei, magari sì. Ma il punto vero di questi Warriors — che è emerso sia contro Portland sia contro Oklahoma City — è che se non entra il tiro da fuori al 30, manca un po’ il piano-B. O meglio, il piano B prevede comunque il tiro da fuori di qualcun altro che non sia Curry. Direi comunque tutto sommato accettabile, visto il roster gialloblu.

MC: Sì, assolutamente sì. O meglio, avevo pronosticato che tutto sarebbe dipeso dalle prime due gare sulla baia: se OKC ne avesse vinta almeno una, la scia dell’entusiasmo post Spurs li avrebbe fatti volare, stile Leicester per intenderci. Però, qualcosa è mancato, anche stavolta. Quel qualcosa che divide ancora Durant e Westbrook da quelli al piano di sopra. Poca roba, eh… sono quasi arrivati, ma forse questa ennesima sconfitta farà capire loro davvero quali errori debbano cancellare dal loro gioco per diventare i LeBron e i Curry.

Gran parte del merito di queste Western Finals sono indubbiamente di coach Donovan: ha sperimentato quintetti, forzando Kerr a cambiare in corsa; ha variato le rotazioni, soprattutto i minuti di Durant; ha usato il fallo sistematico quando serviva, infastidendo i Warriors e non facendo mai entrare nella serie Ezeli e togliendo Bogut dalle partite in cui era connesso. È stato fantastico come in questi playoff sia riuscito a smascherare i punti deboli delle 2 squadre più forti ad Ovest. Magari, chi lo sa, sarebbe riuscito ad evidenziare anche quelli dei Cavs in finale?

https://www.youtube.com/watch?v=oANA_SDuBXw

SB: I match in Ohio sono stati francamente imbarazzanti per la superiorità tecnica e atletica. E comunque occhio: anche nelle sconfitte in Canada, LBJ non ha mai smesso di servire i compagni. Ora si fida, e i risultati si vedono.

AC: Toronto è andata a Cleveland per fare quattro cicloturistiche, gettando il cuore oltre l’ostacolo nelle partite casalinghe. L’impressione è stata che Cleveland volesse cercare di portarsi a casa la serie in quattro partite con il minimo sforzo, senza strafare e a questi livelli vieni punito immediatamente. Non c’è mai stata però la sensazione che i Cavs potessero perdere la serie, anche dopo le due scoppole subite in Canada.

Le due vittorie dei Raptors sono state frutto di congiunzioni astrali che raramente ricapiteranno: se poi tali congiunzioni avvengono consecutivamente, la rarità dell’evento assume toni ancora più elevati. Nelle due partite canadesi si sono unite pessime serate al tiro per i Cavs con prestazioni monstre da parte dell’incredibile Bismack (grazie d’esistere) e della coppia DeRozan-Lowry,che in gara-4 hanno messo tutto quello che non hanno messo nel resto dei playoff.

Tipo questo.

RG: Una parte della storia potrebbe essere che dopo aver vinto dieci partite di fila di playoff, i Cavs avessero sviluppato una sorta di senso di imbattibilità, tipo quelle pillole dei videogiochi anni ’80 che davano l’invulnerabilità temporanea, solo che poi l’effetto della pillola dopo un po’ svaniva e tu ti trovavi in una situazione più complicata di prima.

Un’altra parte della storia potrebbe essere che Tyronn Lue non è che sia un coach così esperto nella gestione mentale di una squadra in situazioni simili. Va anche detto, però, che i Raptors non sono poi così male: hanno un back-court mica da ridere, con coach Casey hanno sempre migliorato il record della stagione precedente e tutto sommato sono una squadra anche “futuribile”. Insomma, 56 vittorie, la finale di Conference nonostante l’assenza di Valanciunas: a Toronto avevano anche poco da perdere, ecco perché hanno dato più noia del previsto a Cleveland.

MC: Nessuno dei due. Non credo che i Cavs abbiano gestito: hanno dei problemi intrinseci nella struttura del roster, per cui possono incappare in cose del genere. Sicuramente hanno sottovalutato l’avversario dopo le prime due vittorie abbastanza passeggiate e così hanno voluto regalare qualche giorno di gloria in più a una squadra che tuttora non capisco come sia arrivata lì. Certo, Toronto ha approfittato di queste defaillances di James a compagni (più che altro dei compagni…) e quindi qualche merito in questo lo dobbiamo concedere ai canadesi, ma davvero si stavano affrontando 2 squadre di livelli completamente differenti, e alla fine il maggiore talento è venuto fuori.

Ci sono degli eroi da rimpiangere tra le due finaliste a Ovest ed Est?

SB: Mi piange il cuore non vedere più né Adams, né Biyombo per questa stagione. Arrivati nella lega con dubbi, sono emersi a livelli che nessuno si aspettava.

AC: Già, scontati, ma non si possono non citare. Un neozelandese baffuto ed un congolese dal sorriso bianchissimo che hanno cercato di rovesciare l’ordine mondiale, rovinando la festa a Silver, agli Usa e all’intero globo. Magnifico. Avrei voluto dire Westbrook che a tratti è stato quasi una sorpresa. Dominante e in controllo (sì, Westbrook in controllo), tanto da essere lì lì per ricredermi. Poi è tornato a pensare ed è tornato il Westbrook che conoscevo. Più lo vedo e più mi ricorda quelle classiche persone che iniziano a balbettare perché vogliono dire cinque cose contemporaneamente. Lui con la palla balbetta e il risultato è spesso il pallone in seconda fila.

Persino Green perde le staffe e calcia Adams nei “Kiwi”.

RG: Ovviamente sì, i nomi sono quasi scontati: Bismarck Biyombo per Toronto e Steven Adams per Oklahoma City. Due protagonisti davvero inattesi, che però vorrei rivedere anche il prossimo anno. Biyombo, in particolare, che per la sua statura ritenevo già pronto per tornare il pivot in una squadra europea, mi ha davvero sorpreso per la sua capacità di saper sfruttare l’occasione concessagli dall’assenza di Valanciunas. Steven Adams, invece, magari era semplicemente uno che aveva avuto un po’ troppa fretta di lasciare l’NCAA, ma che avesse tutto per emergere lo si poteva intuire già da prima.

MC: A Est, la risposta è troppo facile: “Dikembe” Biyombo ci ha fatto sognare con delle prestazioni incredibili. Fisicità clamorosa, soprattutto se si pensa che dall’altra parte c’era Tristan Thompson (credo che Bogut e Green stiano già avendo gli incubi pensando ai tagliafuori da fare contro di lui…). Certo, ce n’è da lavorare, ma visto il nuovo contratto collettivo, i prossimi anni si vedrà il conto in banca ingrossarsi alla grande, se continua così.

https://www.youtube.com/watch?v=nGHAJRYdJiE

Nelle finali di Conference più belle degli ultimi anni, invece, vado controcorrente non nominando Steven Adams come mio eroe personale. La nomination cade invece su Andre Roberson, assolutamente sublime, soprattutto nelle partite casalinghe, ma anche sulla baia ha mantenuto un’intensità difensiva e a rimbalzo offensivo impareggiabile.

Ha davvero pochissimo talento, mani quadrate e non diventerà mai Kawhi Leonard, ma difensivamente è al suo livello e gli basterebbe crearsi un tiro affidabile dagli angoli, con mesi di lavoro in palestra, per diventare l’uomo in più per la rincorsa di OKC all’anello. Non a caso le vittorie di Oklahoma sono arrivate quando lui ha iniziato a mettere il tiro sugli scarichi di Durant e Westbrook, obbligando la difesa a considerarlo e riuscendo così ad aprire il campo per le penetrazioni dei due uomini franchigia.

Chi possono essere gli underdog della finale? L’anno scoprimmo Dellavedova e la sua garra in salsa Aussie. Quest’anno a chi tocca?

https://twitter.com/mvclj/status/737475853563494400

P.S. Avendo giocato con i Cavs a inizio anno, comunque vada, Varejao avrà un anello al dito tra tre settimane.

AC: Dellavedova nel bene o nel male sarà protagonista della serie. Cagnaccio in difesa, battezzatissimo in attacco. Avrà il compito che fu del suo allenatore Tyronn Lue nel 2001. Agente speciale sulle tracce di Allen Iverson dal primo al quarantottesimo minuto di tutte e cinque le partite di quelle Finals, vinte poi dai Lakers. Nelle Finals del 2001 decisivo fu Robert Horry, (non necessariamente la prima e ultima volta che il numero 5 è risultato determinante) e continuando il confronto, Channing Fry potrebbe indossare i suoi panni e rompere le uova nel paniere a Curry e soci. Possiamo stare qui tutto il giorno ad ipotizzare fantomatici protagonisti, ma siamo coscienti che tutte le strade portano a Rio, anzi a Santa Teresa dell’Espírito Santo. Anderson França Varejão, a te la scena.

RG: Me ne gioco uno per parte. Per Cleveland, potremmo avere buone cose da Channing Frye, che fin qui ha saputo sfruttare alla grande lo spazio che gli ha concesso Tyronn Lue, con percentuali altissime di tiro e una buona continuità di rendimento. E poi oh, parliamoci chiaro, un lungo che tira i liberi con oltre l’80%, nelle finali fa sempre comodo, a qualsiasi livello. Se guardo al roster di Golden State, invece, sogno una bella finale per Shaun Livingston, che dopo l’infortunio in maglia Clippers che ne aveva fatto un ex giocatore è adesso il sesto uomo per minuti giocati.
Tutto ciò ovviamente fermo restando che sia Delly sia Iguodala hanno probabilmente in serbo altri heroics. Non dovrebbe essere una brutta finale, via.

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