Battere i maestri in cattedra — La staffetta di Lillehammer

Chiara Di Paola
Crampi Sportivi
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4 min readFeb 1, 2018

È il 22 febbraio 1994 e a Lillehammer è il gran giorno: tutta la Norvegia non attende altro che la staffetta maschile di fondo (per intenderci, l’equivalente scandinavo della finale dei mondiali di calcio in Brasile, al Maracanã). In un paese costellato da chilometri e chilometri di piste da fondo — tante quante sono i campetti da calcio in Italia — , la staffetta olimpica è l’evento nazionale per eccellenza. Sono in migliaia, quel giorno, a essersi accampati sin dalla notte ai bordi della pista che accoglierà la nazionale di casa nella sua gara. Sugli alberi, dentro lo stadio (il Birkebeineren Skistadion), lungo la pista…. se ne contano più di 150 mila.

Loro sono Siversten, Ulvang, Alsgaard e — ultimo, ma non certo per importanza — il beniamino del paese: Bjorn Dæhlie, sei volte (dico sei!) oro ai Giochi Olimpici: così è composta la squadra dei padroni di casa. E se Dæhlie è la leggenda, gli altri tre non scherzano affatto: Siversten è l’oro mondiale in carica nella 10 km, Ulvang ha conquistato due ori e un argento nei giochi di Albertville di due anni prima e Alsgaard ha appena vinto l’oro nella 30 km di tecnica libera, proprio a Lillehammer. Nel suo sport, quello praticato da tutti i bambini e seguito da ogni scandinavo che si rispetti, la Norvegia, quell’anno, non ha veramente rivali.

La cornice è delle più emozionanti. Il silenzio che contraddistingue lo sci nordico si è trasformato in tifo da stadio e la bellezza mozzafiato dei paesaggi montani è mutata nella bellezza di centinaia di migliaia di tifosi sbandieranti e festanti.

A quella gara partecipa anche l’Italia, che si presenta con una buona squadra, in grado di poter lottare per il bronzo. Maurilio De Zolt è il veterano degli azzurri: 43 anni per lui e tre argenti olimpici, nonché un oro, un argento e tre bronzi mondiali. Con lui gareggiano anche Marco Albarello, campione del mondo nella 15 km nel 1987 e argento olimpico ad Albertville; Giorgio Vanzetta, anche lui doppia medaglia olimpica (entrambe iridate) e Silvio Fauner, bronzo nella pursuit e ai Mondiali. Nonostante la discreta qualità, però, c’è una differenza: mentre gli occhi dei norvegesi sono tutti puntati su questa gara, quelli dei tifosi italiani sono piuttosto concentrati su Alberto Tomba e Manuela Di Centa.

Al via l’Italia non brilla: De Zolt non parte benissimo, ma l’esperienza lo porta a recuperare la partenza negativa. Alla fine della sua frazione, Maurilio chiude con meno di dieci secondi di distacco e passa il testimone al compagno di squadra Albarello, preceduto solo da Ulvang (quel doppio oro e un argento olimpici sostenuto dai 150 mila del Birkebeineren Skistadion) e da Harri Kirvesniemi, fondista finlandese non da meno dei colleghi che giocano in casa. Albarello però non si lascia intimorire e non solo recupera i 10 secondi di svantaggi ereditati da De Zolt, ma riesce persino — spalla a spalla — a superare le due leggende contro cui sta gareggiando.

Frazione a tecnica libera. Tocca a Giorgio Vanzetta. L’Italia sta andando forte, può ancora giocarsela per il podio, è lì in testa con le quotatissime Finlandia e Norvegia, tanto che il telecronista italiano inizia a pensare persino al secondo posto. Tuttavia — ci tiene a sottolinearlo — “senza scaramanzia, per noi il primo è davvero un tabù, inutile illudersi”. Eppure anche Vanzetta, come De Zolt e Albarello, va forte. Più forte di ogni pronostico. Finlandia, Italia, Norvegia. I 150 mila iniziano a guardare con timore una gara che, ai nastri di partenza, non doveva riservare sorprese.

All’ultimo cambio, sono ancora tutti lì. La Norvegia non stacca Italia e Finlandia.

Fortunatamente il quarto finlandese non regge il ritmo. In testa, adesso, c’è Daehlie. Tutte le speranze del paese sono riposte in Bjorn Dæhlie (che è come dire, per i profani del fondo: tutte le speranze dell’Argentina sono riposte in Diego Armando Maradona). Dæhlie va a mille, è una saetta e Isometsä, partito come primo, non riesce a tenere il passo. Il finlandese scivola dietro e l’Italia ora sembra poter raggiungere il sogno di un argento olimpico nel tempio del fondo. Fauner ci crede con tutto sé stesso e riesce in quello che non era riuscito al finlandese: tenere, con tenacia e determinazione, il passo del sei volte medaglia olimpica. Non solo carattere, però: Fauner ha studiato attentamente l’arrivo e sa come battere Dæhlie. Incredibilmente passa in testa, manca un soffio all’arrivo e l’azzurro è ancora avanti di poco, pochissimo.

«Ancora Fauner in testa. Bjorn Dæhlie è dietro di lui. Deve uscire Dæhlie se vuole vincere la medaglia d’oro. Fauner resta impegnato a passo spinto poderoso. C’è Dæhlie però che è rabbiosamente dietro di lui! Dæhlie prova a superarlo a destra, ce la metta tutta Fauner! Anche Dæhlie! Fauner è ancora in vantaggio... Fauner! Fauner vince l’oro! È d’oro la staffetta italiana!!! È d’oro!!!».

Il telecronista è in estasi. 22 febbraio 1994 e ancora non si può non emozionarsi. La solita storia di chi vince contro ogni pronostico, potreste pensare, ma sbagliereste, perché quello della staffetta di fondo maschile a Lillehammer è uno degli ori più emozionanti della storia delle Olimpiadi invernali.

Ad Albertville ’92, Bjorn Dæhlie aveva chiuso una delle sue gare d’oro in retromarcia. Stavolta sembra stanco, ma soprattutto incredulo.

Un alloro conquistato nel tempio di questo sport, davanti a 150 mila, centocinquantamila norvegesi, rimasti a bocca asciutta e che si sono visti strappare dal collo una medaglia quasi scontata. Non è per godere delle disgrazie altrui, ma questa medaglia avrà sempre un valore speciale nella bacheca azzurra; un posto d’onore lo avrà eccome. E lo avrà perché vincere sui maestri è sempre più emozionante, ma farlo a casa loro…beh, è impareggiabile.

De Zolt, Albarello, Vanzetta, Fauner. No, non è una filastrocca. “De Zolt-Albarello-Vanzetta-Fauner” è senza dubbio uno degli ori olimpici più avvincenti di sempre nei giochi invernali dello sport azzurro.

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Chiara Di Paola
Crampi Sportivi

Calcio e montagna. Penna e radio. Redattrice di Rete Sport, studentessa di Lettere all’Università La Sapienza di Roma, appassionata di sport e scrittura