Bayern Monaco vs Barcellona: la “piccola” rivoluzione

Crampi Sportivi
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4 min readJul 26, 2013
Vittoria

Se bastasse solo l’aritmetica saremmo tutti pronti a contemplare il Bayern di Monaco — in una specie di rendez-vous spielberghiano — come un incrociatore galattico che si allontana a distanze siderali dal pianeta calcio così come siamo abituati a conoscerlo. Gli alieni adesso sono loro. Sette amichevoli in tutto nel precampionato dei bavaresi con uno score di 37 gol fatti e 1 subito. Gli ultimi quattro mesi di sfide col Barcellona raccontano di un aggregate di 9–0 (4 + 3 + 2 tra Champions League e Coppa Hoeness). Numeri stellari. Nove vittorie a zero sul Barcellona, il club più forte del mondo, non sappiamo bene se riusciamo a spiegarci con definitiva chiarezza. In fondo Telekom Cup, Uli Hoeness Cup, sono solo piccoli sigilli apposti su una grande realtà calcistica. Senza contare quel graduale ma percettibilissimo movimento di rivoluzione interno alla squadra, e/o alla società. Segno inequivocabile dello über irren bavarese, dell’andare oltre ogni limite, del non accontentarsi mai del proprio presente. Il calcio e il suo oltre.

Oltre ogni segno/sogno matematico c’è la realtà già pronta a reclamare i suoi tributi. Adesso. Supercoppa di Germania con gli eterni

Guardiola

rivali di Dortmund e poi partenza per un nuovo lungo viaggio in Bundesliga. Nessuna fermata, vietato scendere. Ma tanto le cinture di sicurezza le allaccia sempre lui: Pep Guardiola. Ora come allora, Barcellona, Bayern Monaco… La vita a Monaco di Baviera ricomincia da qui, da ora.

Indicativo dunque, come le altre amichevoli, questo match disputato finalmente davanti al pubblico amico (e che pubblico!) dell’Allianz Arena. Tranne il prestigio, che non è mai materiale di bassa lega. Bayern Monaco — Barcellona 2–0 e Guardiola che guarda di nuovo verso l’orizzonte, elaborando nuove strategie, immaginando nuovi scenari, pensando a nuovo calcio.

Intanto quello di ieri ha insistito sull’ultima idea del catalano: il 4–3–3 con Philipp Lahm 3° di centrocampo (quindi con propensione più offensiva) con le 2 varianti nel reparto avanzato: tridente senza punte effettive, tridente con punta centrale e due ali. Chiaramente, chi conosce un po’ il calcio e Guardiola, sa benissimo che gli assetti modulari (i) non sono schemi rigidi e (ii) non sono paradigmi fisici ma griglie mentali, non è questa la vera rivoluzione. O per lo meno quella che ci piace chiamare piccola rivoluzione. Piccola, certo. Perché dopo l’era Heynckes cosa si vuole davvero rivoluzionare?

Intanto il lavoro sull’euritmia, o più precisamente sulla sincronizzazione di quello che in Guardiola è un movimento a onda marina: onda in avanti (fase offensiva), risacca (fase difensiva) e formazione che si sposta avanti e indietro all’unisono: movimento in sincronia e isometria degli spazi (squadra concentrata in non più di 35 m, 1/3 del rettangolo di gioco). Abbiamo visto come tutta la linea difensiva avanzi sensibilmente nella fase d’attacco per accorciare la squadra con addirittura (novità, piccola rivoluzione) un centrale difensivo che si stacca e va a creare la superiorità numerica, mentre l’altro resta di guardia. Soluzione osservata anche in qualche amichevole del Borussia Dortmund.

La piccola rivoluzione evidenziata finora (poiché, lo ripetiamo ad nauseam, la filosofia guardiolana è un sistema basato su sottosistemi cangianti, mobili) è un dinamismo “vertizzontale”, à la Mondrian: una griglia di movimenti costituita da scambi continui all’interno delle linee (Kroos e Thiago Alcantara a centrocampo, Ribéry — Müller, Robben — Müller davanti) e pulsazioni di tutte le linee a cominciare dalla difesa con contrazioni verso l’interno e dilatazioni verso l’esterno, come un respiro unico e continuo. Calcio biologico, o bio-meccanico laddove cinetica e posizionamento rimangono gli elementi ancora fondamentali. Traiettorie orizzontali che s’intersecano contemporaneamente con motivi verticali: gli inserimenti costanti dei centrocampisti. Il primo gol di Lahm pescato da Ribéry (su colpo di testa: fantascienza, ma permaniamo ancora su modelli euclidei) esempio paradigmatico.

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Abbiamo assistito a piccole trasformazioni, ma il Bayern è tuttora lontano dalla bio-macchina perfetta. Occorre registrare e ricalibrare bene la linea difensiva tarandola su movimenti più sintonici tra i due difensori centrali (per ora regge l’alibi Dante con qualche settimana di ritardo nella testa e nelle gambe per via della Confederations Cup): giocatori meno rapidi e meno tecnici di Messi possono già creare complicazioni, e i due terzini di turno devono capire con più anticipo quando allargare e quando stringere. Molto meglio man mano che si scala la “piramide”. Manca un cardine nell’asse portatore di palla. Non è escluso che Guardiola stia pensando all’innesto di Javi Martinez come cerniera tra le due prime linee.

Per ciò che riguarda il Barça, troppa indigenza per emettere valutazioni. Ritardo di condizione, attesa di tempi e uomini a venire: Gerardo “Tata” Martino, Neymar, etc. Assenza di Xavi, Iniesta e Busquets a centrocampo (di quale Barcellona staremmo parlando?). Ripresa poi con Barcellona B in campo, tanti canterani concentrati sullo sfavillio del possesso palla. Malauguratamente della tipologia più sterile e inutile, quella fine a se stessa. Dovrebbero insistere maggiormente sull’insegnamento delle verticalizzazioni dalle parti della Masia, che a un certo punto devono accadere, altrimenti tutto il costrutto concettuale crolla, non avendo più alcun senso. E queste cose lui, l’ “uomo dell’oltre” che le ha messe in pratica prima di tutti, le sa.

Mauro Giorgio Giornalista sportivo, appassionato di calcio, cinema e filosofia (non necessariamente in quest’ordine), ha collaborato con Il Sole 24 ore, ora redattore di Calcissimo — Il Campionato dei Campioni (Odeon TV) e Calciomercato.com

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