Befane, Profeti e Fantasmi — CS S02E18

Crampi Sportivi
Crampi Sportivi
Published in
6 min readJan 7, 2015

Franco Vazquez è di tanti

Franco Vazquez è di Tanti, che è un posticino vicino Cordoba dove in genere uno va a scattarsi delle ottime foto copertina attira-invidia. In effetti, dalla concentrazione di cascate parrebbe essere l’Islanda. Ma Tanti è nel cuore dell’Argentina e da quelle parti il fútbol, si sa, conta più devoti di Nuestra Señora del Rosario. Non a caso, i bambini di Tanti il 6 gennaio non aspettano alcun riempimento di calze. I bambini di Tanti preferiscono lasciare direttamente le scarpe sotto il letto: i Magi le rimpingueranno nottetempo di galletitas e chocolate.
Anche il piccolo Franco Vazquez attendeva silenzioso (lui è El Mudo, dopotutto) che le sue scarpe (crediamo fossero scarpini da calcio, ma non ne siamo certi) traboccassero di dolciumi la mattina del 6 gennaio. Infatti ieri pomeriggio, allo stadio Barbera, Franco Vazquez è andato a giocare a pallone con le scarpette ancora odoranti di zucchero e canditi. Paulo Dybala, che conosce bene la tradizione, non ha dovuto far altro che seguire la profumata scia mancina dell’amico per regalare a tanti un gol dolce come una coronita al latte.
Il fatto è che i due argentini pare abbiano preso l’abitudine di imbastire bancarelle itineranti di zucchero filato e caramelle gommose in pressoché tutti gli stadi d’Italia, e anche quando non è il 6 gennaio. Questo ci fa sospettare due cose: intanto i Magi devono gradire particolarmente sostare nell’atmosfera bucolica delle pampas; in secondo luogo vien da dire che Franco Vazquez, sì, è di tanti. Ma è soprattutto di Paulo Dybala.

Re Artù, il Generoso

A volte il calcio è un atto di fede

A proposito di calze rimpinzate di dolciumi, la terza befana della settimana parla calabrese ma gioca a Sassuolo. Domenico Berardi, infatti, è come una di quelle app che ti semplificano la vita (tipo Maps), solo che lui la semplifica ai suoi compagni di squadra. L’assist a Sansone è la prova che Berardi ha una capacità fuori dal comune di leggere la corsa del compagno e, contemporaneamente, vedere lo spazio tra i difensori avversari.

L’assist a Zaza, invece, è un atto di fede, è la scommessa di Pascal: Berardi chiama uno schema e calcia forte in mezzo all’area, praticamente sul dischetto del rigore, con una fede sconfinata nel fatto che qualcuno arriverà a raccogliere quel pallone. E quel qualcuno si chiama Simone Zaza, che calcia al volo di sinistro proprio quando la palla sta per toccare terra, con una sicurezza che è a sua volta un atto di fede: nelle sue capacità balistiche, nella sua coordinazione, nella sua precisione.

Profeta chi?

Non so se alla Lazio cercassero un nuovo profeta o uno che, semplicemente, vincesse le partite da solo. Prima della sosta natalizia, Felipe Anderson aveva già rischiato di vincere da solo una partita (doppietta mozzafiato a San Siro). Due settimane dopo, mentre noi umani siamo appesantiti dagli strascichi delle feste (aka: panettone, torrone, pranzo di Natale, cenone di San Silvestro, tortellini in brodo, pandoro con creme varie, colate di mascarpone ovunque, cotechino, lenticchie, cioccolatini, calza della Befana), Felipe Anderson ci riprova e, questa volta, ci riesce: vince praticamente da solo, fa due assist perfetti (povero Djordjevic: anziché andare a limonare il buon Felipe per quel pallone come un Lindor, va sotto la curva a esultare avvolto in una bolla di solitudine) e segna con una sleppa forte e precisa come l’acidità di stomaco a Santo Stefano.

Siccome poi il concetto di “andare sul fondo e metterla in mezzo” non era chiaro, Felipe te lo fa vedere due volte. “Repetita iuvant”, chioserebbe Lotito.

Quei fantasmi contro la prospettiva

«Parlare di furto è stravolgimento della realtà», ha twittato Matteo Renzi, alla fine di Udinese Roma, in risposta al suo ex-portavoce Marco Agnoletti che aveva twittato a sua volta, poco prima, a proposito del gol fantasma di Astori. Il tweet di Renzi è però scomparso dopo alcuni minuti, attribuibile, sembra, a un collaboratore fantasma, tifoso del Torino, che ha utilizzato inavvertitamente l’account presidenziale. In effetti, dai primi replay di Sky, in asse con i pali, la palla sembra non aver varcato completamente la linea di porta, proprio perché coperta dal palo.

Immediatamente, qualche utente di Wikipedia corre ad aggiornare la voce “Gol fantasma”, inserendo nella lista dei casi di gol/non-gol quello di Astori, sottolineando con certezza come la palla «non era dentro del tutto per una questione di millimetri». Poco dopo, Sky ci propone un’inquadratura dall’alto, dalla prospettiva della tribuna, che mostra invece come la palla sia interamente dietro la linea di porta.

Gli stessi tecnici della troupe televisiva di Sky, in preda alla confusione, alla fine del primo tempo decidono di fare un sopralluogo sul luogo del delitto, misurando con un metro la larghezza della linea di fondo rispetto a quella del palo, senza però venire a capo della questione. Il mistero s’infittisce: che sia stato effettivamente l’intervento di un fantasma ad alterare la trasmissione delle immagini via satellite? Il dibattito continua, anche nel post-partita, con l’ausilio delle super-moviole in 3d che mostrano l’effettiva regolarità del gol. Ma non ci si mette ancora d’accordo tutti.

Siamo così sicuri che l’utilizzo della tecnologia, anche semplicemente dell’occhio di falco, spazzerebbe via i fantasmi dal calcio moderno? Il gesuita spagnolo Baltasar Graciàn diceva che le parole sono i fantasmi dei fatti. Forse ancora non si riferiva al circo mediatico che circonda qualsiasi evento calcistico nell’era della sua riproducibilità satellitare, ma certamente conosceva le regole della prospettiva meglio di Luca Marchegiani. Poi vabbeh, in tutta questa bagarre passa in secondo la busta di Totò a Strootman, che ti ricordano come diavolo non sia stato possibile sopravvivere senza campionato per due settimane.

LSD a Genova

Il sospetto mi era venuto già al gol di Zappacosta (il primo in Serie A). La partita è andata avanti e l’Atalanta ha pure raddoppiato con un contropiede che pareva diretto da Barenboim, tanto era armonioso. Sembrava una partita normale: un’Atalanta “corsara” (da piccolo non lo capivo mica quest’aggettivo e mi immaginavo una squadra di pirati, gente con la gamba di legno e/o la benda nera sull’occhio) che castiga le ambizioni del Genoa. Ma al sessantanovesimo è tornata a manifestarsi quella cosa che, fugacemente, avevo intravisto al gol di Zappacosta: l’ellesseddì. La psichedelia si incarna nei piedi di tre calciatori: Edenilson passa a Matri che gira di tacco per Lestienne che supera un avversario e cerca una sorta di pallonetto che viene però deviato e diventa un passaggio perfetto per Edenilson che rimette subito in mezzo evitando l’uscita di Sportiello e, a quel punto, Matri in the sky with diamond.

[embed]https://www.youtube.com/watch?v=xIJx5i8j_KY[/embed]

Ad Angela, con simpatia, MG

Rieccolo, puntualissimo, Marione Gomez versione 2014/15. Conosco fantacalcisti disperati che ormai da quasi due anni fissano con sguardo inebetito questa pagina, nella speranza di pigiare lo stramaledetto bottone rosso e di lasciarsi andare al ritmo del jingle infernale.

Il rigore calciato ieri con convinzione famelica è solo l’ultima perla di una stagione in cui il tedesco sembra essere il più credibile candidato al prestigioso Premio Jardel, che l’Ancona Calcio assegna a partire dall’anno di (dis)grazia 2004. Hugo Almeida, secondo in questa speciale graduatoria, al momento insegue a distanza.

(Sappiamo già che, dopo questo trafiletto, Mario comincerà a segnare a raffica, dedicando ogni gol alla sua cancelliera preferita. E pure a qualche fantallenatore sull’orlo di una crisi di nervi, aggiungiamo noi.)

Marziani

E poi tocca il pallone con una sicurezza che sconfina nell’arroganza e con una grazia che sfiora il concetto di divino.

Se non bastasse la strapotenza fisica, ecco che Pogba aggiunge una tecnica da extraterrestre e una velocità di gambe impressionante. Sì, l’unica differenza con Ibra è che dopo quell’elastico lì, magari, lui avrebbe segnato.

Scusate il ritardo

E’ l’inconfondibile voce di Enrico Ameri ad interrompere il tentativo — goffo — di Vincenzo di riannodare i fili del suo nevrotico rapporto con Anna. E’ il 1983 e, in “Scusate il ritardo”, il Napoli sta perdendo in casa col Cesena. “Ma tanto è il primo tempo, può essere pure che pareggia.”

[embed]https://www.youtube.com/watch?v=csLvKD_wJ2Q[/embed]

Al Manuzzi, ieri, non è servito il secondo tempo. Il Napoli è finalmente concreto: vinceva 2–0 all’intervallo e sta vivendo il momento migliore della sua stagione. Coincide — nessuna casualità — con il picco di forma del migliore Higuain di sempre.

Per Napoli, che era per Pino Daniele città che non mantiene mai le sue promesse, è il momento chiave della stagione. Si cerca di capire se la squadra di Benitez saprà finalmente mantenere le sue, di promesse. Oppure se si perderà ancora, come tutta la città, la tra le sue pazzie e le sue bugie, tra l’inferno e il cielo.

[embed]https://www.youtube.com/watch?v=UNrZbvbthr8[/embed]

Buona sbornia post-befana a tutte e tutti.

A cura di Damiano Garofalo, Sebastiano Iannizzotto e Leonardo Piccione

--

--