Bot United

Gabriele Anello
Crampi Sportivi
Published in
7 min readSep 17, 2017

Leo Messi e Cristiano Ronaldo: un duopolio da copertina. Ma anche Marko Reus, Mario Götze, Neymar e ultimamente Luis Suarez. Sono loro a occupare le front page dei principali giochi calcistici. Tra questi c’è Pro Evolution Soccer, che nella sua storia si è sempre distinto per la creatività: FIFA si fa forte delle licenze e degli Ultimate Team, ma se vuoi giocare con dei pinguini in uno stadio con lo sfondo da Super Mario e la tua squadra di amici creata appositamente dopo una giornata passata davanti alla PlayStation, sai che PES è il tuo gioco.

Non solo, però: c’è un’altra cosa che ha da sempre caratterizzato Pro Evolution Soccer rispetto al suo competitor prodotto da EA Sports, ovvero la Master League (nata con ISS Pro Evolution nel ‘99). Iniziata quasi come esperimento, la Master League è stata il must di qualsiasi gioco di calcio negli anni 2000: la ML univa infatti la managerialità del prodotto dell’epoca — PC Calcio, Football Manager non era ancora nato e Scudetto doveva avere giorni più famosi — e il piacere di prendere in mano la squadra che avevi creato, come in FIFA, che però non ha poi permesso di andare molto lontano nonostante le licenze.

Anche perché da un certo punto in poi a FIFA dovevi iniziare la Carriera con la squadra che avevi scelto e i suoi giocatori. A PES, invece, avevi un’altra scelta: i giocatori default, una squadra messa a disposizione dalla Konami e creata appositamente per questa modalità. Quella odierna sembra ormai datata, incomprensibile e senza originalità, ma c’è stato un tempo — vi dico, compagni giocatori incalliti — in cui la Master League era un must. E i suoi eroi avevano nomi e provenienze sconclusionate.

Non siamo qui per forzare un inno alla nostalgia, ma va notato come in realtà questi volti e denominazioni siano inevitabilmente rimasti nelle nostre menti. Forse anche perché negli anni 2000 PES ha veramente potuto rivaleggiare con FIFA e la Konami era un gigante dai piedi solidi, dal passato e presente promettente. E forse è vero anche il contrario: a FIFA non potevi modificare nulla, figuriamoci esaltarti con un dribbling di un bot. E forse anche perché siamo in un’epoca — come dimostrato dalla storia del Leicester e da tante altre precedentemente — dove la vittoria dell’outsider sfavorito ci esalta sul momento.

C’è anche un tributo strappalacrime sul tubo.

Per omaggiare ciò che non c’è più, un All-Star — una sorta di Bot United — ci sembrava il minimo. Tuttavia, dobbiamo fare una capatina nel passato, in quel che è stato il pre-PES.

Prologo: ISS Pro Evolution e una squadra italica

Chi è stato ed è un cultore di Pro Evolution Soccer, è probabilmente passato per la sua genesi, quell’ISS Pro Evolution che è stato il precursore di PES. Giocato su PS1, magari anche modificato, ISS Pro ha rappresentato la base per tutto ciò che di buono è venuto dopo. La squadra consegnata inizialmente all’utente non era particolarmente dotata e non entrava in gioco il meccanismo dello sviluppo, poiché tutti i giocatori rimanevano con i loro parametri inizialmente impostati.

Tuttavia, c’era eccitazione per la possibilità di assemblare Babangida e Amakochi per un tridente folle con Ronaldo. E al tempo stesso, per arrivarci, era necessario l’aiuto dei D’Agostino e Carlson di turno. Ci vuole quindi una menzione d’onore per alcuni di questi protagonisti:

  • Otto, un tedesco passato dall’abbattere boschi della bassa Sassonia al campo;
  • Hruska, un austriaco senza arte né parte che non sapevi mai dove schierare;
  • Kittie, oriundo d’Italia prima di tanti altri;
  • Satta, che non escludo fosse Felice Centofanti sotto mentite spoglie nel primo ISS Pro;
  • soprattutto tre giocatori — lo spagnolo da Silva e il tandem inglese Lawson-Anser — che componevano il mio tridente d’attacco in quei primi giorni alla PS1.

Già dalla seconda versione di ISS Pro Evolution, compare la squadra che poi abbiamo imparato a conoscere negli anni 2000. Personalmente ho sempre preferito usare la difesa a tre nei vecchi PES, poi sono passato alla dottrina del 4–2-fantasia, valido per ogni occasione. Ecco il nostro undici per formare il Bot United (i nomi sono giochi di fantasia, mentre le nazionalità e i paesi di origine sono ben noti… forse).

GK — Sergei Ivarov

Personalmente ogni tanto usavo Zamenhof, polacco di dubbie origini e di altrettante dubbie capacità. Poi però tornavo da Ivarov, come un marito torna dalla moglie perché le fa più comodo (cit. Luttazzi). In fondo, l’esperienza del russo veniva sempre buona e i margini di crescita degli altri portieri non è che fossero siderali.

RB — Thabat El Moubarki

Insieme a un protagonista di cui parleremo successivamente, il marocchino era uno dei pochi buoni nella nuova nidiata di giocatori default. Alto, leve lunghe e tanta resistenza: può giocare anche a centrocampo.

CB — Ludwig Stremer

Profilo roccioso, sempre affidabile in copertura, bullizza gli avversari con la stazza. Tuttavia, era il più elegante dei centrali a disposizione. E questo dice molto sul tasso tecnico della squadra default nella Master League.

CB — Gregor Vornander

In realtà, Vornander — Vorlander in PES 2 — era uno dei miei preferiti perché non aveva nulla a parte l’altezza. Non era particolarmente elegante, era un camion in piena salita per velocità e stile, non conosceva l’uso del piede destro. Ma era un trattore sui calci d’angolo e ho perso il conto dei gol pixellati su corner.

LB — Vincent Espimas

In realtà era un centrocampista che giocava a destra, ma quand’ero adolescente ero nel pieno dell’adorazione di Vincent Candela. Non sono un tifoso della Roma, ma ancora oggi penso che aver visto i due-tre anni di alto livello di Candela sia stato un dono: un destro che giocava a sinistra, che aveva una tecnica e un controllo del corpo pazzesco, che era capace di gol così.

Nella mia mente — con la bandana, i capelli biondi e quel cognome francofono — Espimas è sempre stato la replica default di Candela. Naturale spostarlo a sinistra nella linea arretrata e assegnargli il numero 32, anche se le diagonali difensive non sono mai state il suo forte.

DM — Mirko Jaric

Il centrocampo era il reparto che odiavo di più nelle squadre default Master League. Era normale che non ci fosse qualità, ma Iouga era un dopo-lavoro della Rinascente, Stein aveva il tasso tecnico di Domenico Giampà e Cellini ci poteva mettere solo la foga di un Gravesen senza cattiveria. E che si fa allora?

Si fa quello che oggi si fa abitualmente: riutilizzo dei giocatori e duttilità al potere. E visto che Jaric — presente da PES5 al posto dell’immobile Dulic — aveva un discreto piede dalla distanza e un mancino pure troppo buono per un bot di default, via di mediana.

CM — Markus van den Berg

Come detto, il centrocampo non era il reparto più dotato. Si è dovuto aspettare PES2008 per una mezzala decente, che sapesse abbinare un minimo le doti richieste per giocare a centrocampo e non essere un birillo vivente. Quel giocatore è van den Berg, che in alcune Master League ho tenuto come bot-simbolo. Inoltre, poteva giocare in cinque ruoli diversi e sapeva usare entrambi i piedi.

Pace all’anima sua.

RM — Jebediah Macco

Molti avranno probabilmente scelto Ximelez, storico componente della squadra default; peccato che lo spagnolo si spompasse dopo due scatti e fosse inutile per tutto il secondo tempo. Meglio a questo punto creare spazio per il Junior Hoilett ante litteram, quel Macco che — prima dell’arrivo di Bale e della nuova generazione — era il quarto giocatore gallese più famoso della storia dopo John Charles, Ian Rush e Ryan Giggs (scusami, Craig Bellamy). Numero 17 sulle spalle e tanta corsa nelle gambe.

AM — Luis de Souza Minanda

Non è durato molto, visto che a PES2010 poteva ritirarsi e darsi a una carriera alla Zidane, magari alzando la Champions con il suo favorito Sporting Lisbona. Trequartista per dono, aveva dei livelli tecnici notevoli per un bot.

LW — Alberto Righeira do Nascimento, detto Castolo

Qui entriamo nel campo dell’idolo. Molti probabilmente lo usavano come “9” puro, ma io ho sempre preferito il centravanti di stazza che potesse piazzare l’1–0 al 95’ sul 13° cross tentato in tutta la gara. Per questo, Castolo era da dirottare sull’esterno, dove poteva sfruttare un minimo di velocità e tecnica per superare il diretto avversario.

CF — Martìn Barota

Argentino di origine, spagnolo di passaporto, Barota era l’ariete che la poteva sempre buttare dentro. Letale a ISS Pro Evolution 2, sopporta la transizione alla PlayStation 2 e si tiene un posto d’onore nella squadra default. Si ritira presto — lasciando l’eredità all’infame Ordaz (stessa media-gol di Gilardino nel 2016–17 tra Pescara ed Empoli) o al promettente Gutiérrez –, ma un altro come lui non esiste.

Sarebbe bello far affrontare una squadra del genere con i talentuosi giovani che da un certo in poi PES ha permesso di comprare a costo zero — qui una lista convincente: Kaiser e Bos i migliori del lotto per esperienza diretta — , ma ci accontentiamo di un passato nel quale non vogliamo tornare. Tuttavia, quel passato è stato bello proprio perché abbiamo avuto l’occasione di crearci un eroe simile a noi.

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Gabriele Anello
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Ha il passaporto italiano, ma il cuore giapponese | RB Leipzig, J. League Regista, Calcio da Dietro | fmr. Ganassa, DAZN, MondoFutbol.com, Crampi Sportivi