Breve guida all’All Star Weekend (dove tra le varie cose si gioca a basket)
Il dizionario Hoepli definisce “americanata” un’ azione o impresa fatta con grandiosità esagerata e ostentata. In italiano il termine ha un accezione negativa e viene usato in paradigmi filoeuropeisti per ostentare una certa superiorità. Potenzialmente, se sei arido di cuore, è un aggettivo che può essere accostato anche al basket NBA, il quale si caratterizza per una certa tendenza alla grandiosità. Se siete il tipo di persone che ama fare questo genere di accostamenti, se ritenete che la versione del basket a stelle e strisce sia qualcosa da stigmatizzare e ridimensionare, vi consiglio di smettere di leggere. Sì, perché qui si parlerà dell’americanata dell’americanata, una specie di potenza matematica della grandiosità applicata alla palla a spicchi: l’All Star Weekend.
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L’All Star Weekend è, prima di tutto, uno show, con tutti i pro e i contro che lo spettacolo applicato allo sport può avere, quindi tutti i pro dello sport con i migliori atleti del mondo e tutti i contro del fatto che sempre americani sono. Un fine settimana in cui il talento individuale dei giocatori la fa da padrone, declinato in alcune sfide dai gradi di difficoltà ed interesse diversi. Ad esempio, esiste un sottobosco di attività pazze ed inutili come lo Shooting Stars, così di nicchia e moscio che non sappiamo neanche se si scrive “lo” o “il” e che in pratica consiste in gruppi di tre (un giocatore, un ex giocatore e una giocatrice) che tirano da varie posizioni del campo tra cui l’insidiosa mattonella di centrocampo. Lo Skills Challenge, ovvero una passerella ad ostacoli in cui i migliori ball handlers del NBA sfilano mettendo in mostra il talento che il Signore gli ha dato, una cosa più o meno imbarazzante. Oltre alle numerose feste e spettacoli di artisti famosi, che immagino valga la pena vivere, vi proponiamo una piccola guida, parole e video, delle 4 attività che vale la pena guardare in un All Star Weekend, e che sono:
NBA RISING STARS CHALLENGE
Storicamente questa partita si giocava tra giocatori al primo anno di NBA, o giocatori al primo anno contro quelli al secondo. Da qualche anno la questione è più complicata e folkloristica, ma il succo rimane lo stesso. Questa è una partita senza difesa in cui, a turno, i pischelli più quotati, fanno numeri da campetto. La cosa più bella è vedere i giocatori europei spaesati che provano a fare blocchi, o che provano a difendere e regolarmente vengono guardati storto. Ragazzi, datevi una calmata, non è una vera partita, si cazzeggia!
Il passaggio che ogni ragazzo del pianeta ha cercato almeno una volta di copiare, senza riuscirci.
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Nel 2004 Lebron, Carmelo e Wade (e molti altri oggi noti) giocano insieme nella squadra dei “piccoli”.
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2013: 1 contro 1 a tutto campo.
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DUNK CONTEST
La gara di schiacciate ha avuto la stessa identica evoluzione che ha avuto la pittura. Ci spieghiamo: mentre se prima dipingevi molto bene un paesaggio eri bravo, ora se dipingi molto bene un paesaggio sei l’ultimo dei chiunque. Oggi non puoi semplicemente schiacciare all’indietro. Devi farlo bendato, vestito da Pippo, cantando qualcosa di Katy Perry. L’asticella si alza di anno in anno perché la gente si annoia, è stato già fatto tutto. In questo modo, l’NBA ci ha abituato a singoli momenti di tecnica e atletismo letteralmente inumani. Qui sotto cerchiamo di mostravi alcune delle robe più emozionanti.
Dall ’85 al ’90 Wilkins e Jordan si sono spartiti quattro Dunk Contest, due a testa. Difficilmente riusciamo a pensare a giocatori più eleganti e armoniosi nell’arte sublime della schiacciata. Nel ’88 si sfidano in una finale leggendaria, al cui apice c’è la famosa schiacciata di Jordan (che omaggia a sua volta quella di Doctor J) in cui stacca dalla linea del tiro libero e vola via.
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In questa difficile evoluzione del Dunk Contest, tra noia e gesti pazzeschi, delusioni e invenzioni, nel 2000 arriva Vince Carter e dice: fermi, adesso schiaccio io. (Non perdete quella a 1.48).
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Nate Robinson è alto 1.75, Dwight Howard è alto 2.11. Indovinate chi schiaccia saltando chi.
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THREE-POINT SHOOTOUT
La gara del tiro da tre punti, a leggerne il nome, può sembrare quello che è, ovvero una gara in cui i concorrenti cercano di fare quanti più canestri possibili da cinque diverse posizioni da dietro l’arco del tiro da tre. Per vostra fortuna la cosa è un po’ più complicata di così: l’evento è prima di tutto un’ esibizione; tipo i pavoni con la ruota. I migliori giocatori nel segnare da dietro l’arco indossano le piume migliori e mostrano a noi seduti in poltrona come si fa. Perché la meccanica del tiro più incisivo del basket è qualcosa che si colloca tra artigianato ed arte. Negli anni abbiamo visto la dolcezza quasi omoerotica del rilascio di Ray Allen, la robotica precisione di quello specialista di Jason Kapono, Stephen Curry che l’anno scorso non vinse (ma ‘sticazzi, noi lui che tira da tre ce lo vediamo sempre), ma anche assolute sfide di culto come quella del 1988 tra Dale Ellis e Larry Bird, in cui il buon Bird deve mettere l’ultimo tiro e inizia ad esultare appena la palla lascia il suo palmo.
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ALL STAR GAME
L’All Star Game è il piatto principale del weekend. Il gioco è abbastanza semplice: i migliori giocatori della Eastern Conference contro i migliori giocatori della Western Conference. Est vs Ovest. 12 contro 12, tutto abbastaza semplice, che poi — casualmente — questi 24 siano la cosa più vicina ai migliori 24 giocatori di basket del pianeta rende il giochino abbastanza divertente. La partita è un’ amichevole e come tale non raggiungerà mai le vette di intensità che caratterizzano le partite nei Playoffs, ma avrà molte altre cose da offrirvi. Slegati da necessità tattiche e marcature asfissianti può capitarvi di vedere cose come questa:
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o questa:
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Potremmo mettervi un’infinità di video in cui Nowitzki si trova al posto sbagliato al momento sbagliato e subisce qualche super schiacciata in testa senza poter fare alcunché; ma la partita non è solo questo, può accadere, e per fortuna accade, che si arrivi al quarto quarto col punteggio in bilico e allora esce fuori l’orgoglio, il fatto di essere lì in quanto migliori, nessuno vuole perdere e possono accadere altre cose, meno spettacolari, ma altrettanto indicative dello spettacolo che vi stanno offrendo, tipo questa:
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oppure che il più grande di sempre lo ricordi a tutti così:
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C’è spazio anche per episodi che trascendono lo sport per andarsi ad inserire nell immaginario collettivo come storici, eventi che ti viene la voglia di dire: “Vedi, figliuolo, quel giorno io c’ero”. Ne è l’esempio più lampante l’All Star Game del 1992, quello in cui un Magic Johnson da poco ritiratosi a causa della sua sieropositività, viene comunque votato dai tifosi che dimostrano di volerlo in campo. Ottiene il nullaosta dalla lega e gioca una partita fantastica guidando l’Est alla vittoria:
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SPECIALE MASCOTTE
“La mascotte è una persona o un animale che, secondo un determinato gruppo di individui, dovrebbe portare fortuna.” Anche la fredda Wikipedia sembra non portare rispetto verso le mascotte. La verità è che le mascotte sono parte fondante dello sport americano, se la tua squadra non ha una mascotte non vai da nessuna parte. In NBA tendenzialmente sono di due tipi: pupazzose e gonfiabili. Quelle pupazzose sono le più antiche, variopinti ultras in campo, arroganti, antipatiche, goliardiche, famosa la volta in cui Sir Charles Barkley (che le odiava) prese a botte Rocky il leone dei Denver Nuggets. Poi ci sono quelle gonfiabili che per me rimangono un mistero, non ne capisco il funzionamento, più di una volte mi è venuto il sospetto che possano avere vita propria senza che nessuno le muova da dentro. Questi 3 video concludono il pezzo e sono il nostro ultimo regalo per voi, cercando di tirarvi dentro, una volta per tutte, allo splendido e luccicante basket americano.
Buffa ha un conto in sospeso con le gonfiabili (2012)
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Buffa ha un conto in sospeso con le gonfiabili (2013) (Buffa non ama le mascotte)
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Gara di schiacciate delle mascotte (e delle cheerleader, per la cronaca)
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Marco D’Ottavi Nasce a Roma e le sue fortune finiscono lì. Una volta ha letto un libro e da allora ne scrive per Bookskywalker.
Valerio Coletta Giocatore di basket e hockey sul prato. A 12 anni ho incontrato Alberto Angela al McDonald. Scrivo su Bookskywalker. @LerioLesio