Capo d’Orlando, l’isola che c’è
E va bene, un campionato italiano di Serie A in cui piazze come Bologna, Siena, Treviso e Milano non fanno parte dell’elite europea come un tempo può essere definito frustrante. Nonostante timidi tentativi (soprattutto di marca Reggio Emilia), non si riesce a scalfire una Milano imbattuta (e in questo contesto, imbattibile), che annovera nel roster giocatori non titolari che invece giocherebbero ovunque in qualsiasi altra squadra di Serie A.
Nel periodo storico in cui la maggiore disponibilità economica scava il più profondo solco attorno a sé, c’è una perla nascosta, un’isola felice: si tratta di Capo d’Orlando.
Lo scorso anno si è verificata nel calcio una delle cinque storie sportive più improbabili di sempre con lo scudetto al Leicester, quindi il termine di paragone per le Cenerentole è diventato altissimo; tuttavia, non si può non sottolineare l’impresa che ad ora stanno mettendo a segno i siciliani, in corsa per i playoffs in Serie A con il budget più basso della categoria (e anche di qualche squadra della serie inferiore, l’affollatissima Legadue).
Le analogie fra le due realtà finiscono qui però: l’Orlandina Basket fa storia a sè, con caratteristiche particolari che la rendono riconoscibilissima nell’ambiente cestistico.
Non è un’invenzione, e neanche un gioco di parole
Capo d’Orlando, ad esempio, è un piccolo centro da 13.000 abitanti circa; il loro numero raddoppia durante il periodo turistico, ma non si tratta certo di una metropoli in cui una società di pallacanestro di alto lignaggio possa trovare comunemente fondi e infrastrutture.
A meno che non capiti un personaggio come Enzo Sindoni: padre padrone della città, proprietario della fiorente azienda Upea dedita all’import-export di agrumi, responsabile della rete televisiva più importante della zona, sindaco de facto oltre che ufficialmente (escluso un periodo di tre anni, causa impossibilità di ricandidarsi più di due volte di seguito). E pensare che il nome non sia neanche quello: il primo è Roberto, il secondo è Vincent (da cui deriva l’utilizzato Enzo), con quest’ultimo a tradire le origini venezuelane da cui l’impero agrumico ha la base principale.
Seconda stella a destra
Nel 1996 Sindoni, a metà del suo primo mandato da primo cittadino, acquisì la squadra nella allora serie C2; sponsorizzandola con la propria azienda, cominciò la scalata verso le vette massime del basket nostrano. In questo percorso alle vittorie si è poi sempre aggiunto un tocco estroso, quello che ha aggiunto al sapore del trionfo un pò di retrogusto speziato.
Saranno atleti più o meno talentuosi, giocatori di pallacanestro più o meno dotati: ma si tratta pur sempre di uomini. Questo è il lato su cui si è insistito, come ha spiegato lo stesso patron: “Ai giocatori forse non possiamo offrire il miglior ingaggio della loro carriera, ma la miglior qualità della vita quella sì”. E allora, nella gestione della squadra, in più occasioni si è corso quel rischio che nella sliding door di Capo d’Orlando è diventato intuizione, quella mossa che ha portato personaggi di alto lignaggio in un contesto più piccolo a farlo decollare e non collassare.
Nella stagione 1998–99, a valle delle due promozioni consecutive da C2 a B2 nel primo biennio di gestione Sindoni, arriva il primo di questi personaggi: come nuovo playmaker viene ingaggiato l’ex giocatore della nazionale Alessandro Fantozzi.
Risulta il primo ad accendere una miccia in quel di Capo d’Orlando: il suo impatto non è solo quello di un giocatore dal talento di categoria superiore (abituato 10 anni prima a condurre le lotte scudetto), ma tale sull’ambiente siculo nelle sue 5 stagioni da ritrovarsi il palazzetto della propria squadra dedicato… non al termine della carriera, non dopo una militanza di tante annate, ma dopo sole 2 stagioni. In pratica, Alessandro Fantozzi era la stella indiscussa della sua squadra, esibendo la sua classe al campo del PalaFantozzi.
A pensarci, che pazzia.
D’altro canto, al termine del secondo anno di Alessandro, arriva un’altra promozione: l’Upea centra il passaggio in Serie B1 vincendo 2–1 nella serie finale contro Cefalù.
Non è finita qui: stagione successiva e doppio salto: al termine della stagione 200/2001, l’Orlandina conquista la Legadue vincendo a Pavia i playoff, dopo un secondo posto nella stagione regolare.
Saliscendi fra le due serie, ma nella stagione 2004/2005, con McIntyre (già, quello che in seguito dominerà la massima serie negli scudetti di Siena: eccolo il colpo in stile Sindoni) e Howell in campo e con Perdichizzi in panchina, perde solo tre partite (27–3) e viene promossa da prima in classifica in Serie A, mettendo nella fantastica stagione in bacheca a febbraio anche la Coppa di Legadue.
Nel 2005/2006 si salva all’ultima giornata contro Roseto, diventando la prima squadra siciliana a conservare la categoria per più di una stagione, avvalendosi dell’aggiunta nel marzo 2006 di altro colpo particolare: passa in maglia Orlandina Vincenzino Esposito, l’ex Toronto Raptor, primo italiano a passare in NBA e primo a chiudervi una gara in doppia cifra di punti.
Viene confermato anche per la stagione successiva e diventa il capitano della formazione siciliana, ma pochi giorni prima dell’inizio del campionato si giunge ad una rescissione consensuale del contratto.
La salvezza arriva comunque nuovamente, per la seconda volta all’ultima giornata, vincendo in casa contro Reggio Emilia. Al termine della stagione, le strade dell’Orlandina e di coach Perdichizzi si separano.
Le chiavi della squadra vengono affidate ad un coach che esprime un gioco molto libero e offensivo: viene ingaggiato coach Meo Sacchetti, quello che quasi 10 anni dopo scriverà pagine indelebili della storia del basket italiano con il suo stile a Sassari.
Ma non è l’unico coup de théatre: ritorna il protagonista della promozione Howell, viene portato in dote dal coach (dalla Teramo cui aveva esordito in Italia sotto la sua guida la stagione precedente) il 25enne Drake Diener, un altro che segnerà gli ultimi 10 anni di pallacanestro italica, ma manca ancora il play adatto per quello stile di gioco.
Quale prendere, se non il migliore? In Sicilia sbarca Gianmarco Pozzecco, la geniale Mosca Atomica, all’ultima stagione di carriera.
La squadra sotto la sua guida vola: al termine del girone d’andata, la squadra di Sacchetti si aggiudica il diritto a partecipare alla Final Eight di Coppa Italia, venendo eliminata ai quarti di finale da Biella. La vendetta sportiva nei confronti dei piemontesi arriva a breve: durante la stagione, proprio contro Biella, l’Orlandina Basket scrive un’altra pagina della sua storia cestistica conquistando per la prima volta l’accesso ai playoff scudetto e concludendo la regular season al sesto posto finale.
Nonostante la sconfitta patita nella seconda fase con Avellino, coi risultati degli altri quarti di finale i paladini riescono comunque ad ottenere la storica qualificazione all’Eurocup.
La partita che sancisce l’eliminazione dai playoff dell’Orlandina Basket è anche l’ultima gara di Pozzecco, indiscusso leader del team, che nella splendida cavalcata siciliana elargì perle in successione:
Nel 2008, purtroppo arrivò il tracollo: la squadra fu esclusa dalla massima serie per un debito non sanato con l’ente di previdenza sportivo, Enpals, e fu costretta a ricominciare dalla serie C.
Dritto fino al mattino
Non è sufficiente però per fermare la parabola siciliana: dalla ripartenza dalla C, in 3 stagioni si arriva subito nella vecchia B1. Al quale sussegue, dopo la finale promozione della vecchia B1 persa, un ripescaggio quale prima avente diritto in LegaDue.
La stagione 2012–2013 tuttavia non parte bene, anzi: 0–6 di record.
Ma ecco spuntare fuori il nuovo colpo di coda di Sindoni: cambio di allenatore, e al posto di Massimo Bernardi il 13 dicembre viene assunto un coach esordiente, giocatore dal passato da istrione… proprio Gianmarco Pozzecco!
Come poteva andare un allenatore alla sua prima esperienza, dopo un passato da giocatore glorioso ma dai tratti instintivi e non metodici del classico coach, investito del complicatissimo compito di salvare una squadra sinora perdente, al suo esordio?
Ovvio: prima gara e prima vittoria, a Jesi, preludio delle altre 11 che portano l’Orlandina alla salvezza e ragguardevole record per la prima stagione di coach Gianmarco di 12–10.
Con un terzetto così, più l’aggiunta di un altro esperto di classe come Sandro Nicevic, CaPoz va a mille: l’annata sportiva è eccellente, a Pozzecco non manca il tocco personale anche fuori dal campo in una delle rare sconfitte stagionali…
Il team paladino arriva in finale play-off, sconfitto solo all’atto conclusivo 3–0 da Trento.
Arriva comunque il ripescaggio: è di nuovo in Serie A.
Si consuma però la separazione con Gianmarco Pozzecco: l’altro amore cestistico della sua vita, quello di Varese, lo chiama, ma per la Mosca Atomica la separazione da Capo d’Orlando non è facile, anzi…
e la città, al suo ritorno da avversario, riaccoglie un figliol prodigo:
Saluta un estroso play abituè dell’azzurro nazionale come Poz, per tornare nell’amata Varese ma ne arriva un’altro: è il turno di “Sunshine” Andrea Pecile, che va a rinforzare una squadra intanto ripescata per disputare la Serie A dopo il fallimento di Siena, come qualche anno fa, come prima avente diritto a seguito di finale promozione persa.
Nuovo coach con l’apprezzato Giulio Griccioli, ed è salvezza. La quarta; sul campo, Capo d’Orlando si è sempre salvata: l’impronta europea data alla squadra, che preferisce ingaggiare pochi americani che in dote portano tanto talento quanto accentramento, alla fine risulta nuovamente pagare. Impeccabile in questo il general manager, insignito nel 2013/2014 del premio come migliore della stagione: bravissimo, quel Giuseppe, di cognome all’anagrafe Sindoni.
Come? L’avete già sentito?
Esatto, non è solo una casualità o un lontano parente del patron Enzo, ma il figlio diretto: d’altro canto, per chi avesse dubbi sulla raccomandazione o sul merito nella scelta del ragazzo, i risultati parlano da sè sulla bontà della scelta “casalinga”.
Nel 2015/2016 in arrivo nuovi giocatori dal profilo internazionale di alto livello: il 35enne Vlado Ilievski (ex scudettato a Barcellona e alla MontePaschi Siena) e il 33enne Simas Jasaitis (bronzo mondiale ed europeo con la blasonata nazionale lituana), altri due colpacci con esperienza e con richieste di mercato probabilmente migliori che sposano il progetto Orlandina, che infarcisce il resto della rosa con ragazzi di prospettiva come il 21enne italiano Tommaso Laquintana, già esordiente in A2 con la compagine siciliana, legato a doppio filo all’altro pugliese Gianluca Basile.
E ti prendono in giro se continui a cercarla, ma non darti per vinto: perchè chi ci ha già rinunciato e ti ride alle spalle, forse è ancora più pazzo di te.
L’impatto di quest’ultimo è devastante, tanto da definirlo il migliore mai visto a Capo d’Orlando in relazione all’impatto sulla squadra: successo alla prima, striscia di 10 giornate con ben 6 vittorie e sole 4 sconfitte.
E pensare che, all’inizio della gestione Di Carlo, dopo le prime due sconfitte in trasferta per un totale di -56 rimediato di scarto, nella 17esima giornata, all’intervallo della partita con Venezia i siciliani erano sotto di dieci punti e, per via della classifica in quell’istante, ultimi a 4 dalla penultima. S’accende però qualcosa: quaranta minuti dopo Bramos sbaglia il tiro del pareggio, l’Orlandina vince, i risultati degli altri campi si erano capovolti e così i ragazzi si son ritrovati ultimi a parità con altre due squadre che avevano perso.
Scocca qualcosa, la squadra diventa una furia. Ryan con oltre 20 punti a gara è il faro, una guida decisiva:
Per dire: al PalaFantozzi non passa neanche la corazzata, poi campionessa d’Italia, Olimpia Milano; al termine della stagione, dopo aver quasi accarezzato il sogno playoffs, il team paladino resta saldamente nella massima serie (demolendo nello scontro decisivo salvezza la Virtus Bologna vincendo di 27 punti).
Arriviamo alla stagione attuale: salutati quasi tutti i protagonisti principali dello scorso anno, la squadra riparte con i consueti dubbi su un mercato che scommette sul ritorno degli ex Archie e dell’ormai 34enne Drake Diener (due anni dopo l’acutizzarsi dell morbo di Crohn, che gli ha permesso impieghi solo parziali in campo) e la conferma dei giovani presenti; un lungo croato e uno dalla A2 (Delas e Iannuzzi), con la regia affidata all’ennesima scommessa, stavolta il trottolino proveniente dall’Uruguay (non certo patria da grande tradizione cestistica) Bruno Fitipaldo.
Il roster pare comunque non all’altezza, l’avvio è mediocre, affidare le chiavi della squadra ad un esordiente serba più rischi che guadagni… tranne nel caso, ovviamente, di Capo d’Orlando.
Alla terza giornata infatti il piccolo grande Bruno esplode:
https://youtu.be/CvhF1jv-s24?t=7s
Segna poi il primato di assist (14) stabilito nella partita del 30 ottobre scorso contro Cantù.
Inoltre, contro Brescia piazza una partita con 44 di valutazione: è record assoluto superando il 41 siglato da Pozzecco nel 2008.
E anche quest’anno, al momento in cui vi scriviamo la squadra è saldamente in corsa per i playoffs.